Ottima compagnia per il giro del Venerdì Santo che mi riporta nel biellese a sei mesi di distanza dal mezzo fallimento di un percorso pesantemente ridimensionato per le condizioni meteo avverse. Altra stagione e altro clima, stavolta la scalata alla Panoramica Zegna va brillantemente in porto e sarà semmai in discesa, ormai alle porte di Biella, che la cattiva sorte mi presenterà il conto con la seconda foratura in montagna consecutiva: inconveniente che tutto sommato nulla toglie a una giornata da ricordare, anche per una tenuta in salita all'altezza della situazione.
Non è mai immediato tararsi con un nuovo compagno di strada, il timore è quello di risultare una palla al piede o al contrario di tirargli il collo, ma in questo caso il collante è garantito da una naturale identità di vedute sulla bicicletta come strumento per esplorare e conoscere, prima ancora che per svagarsi, tenersi in forma e - perché no - darsi amichevolmente battaglia sulla strada. Bastano quindi quattro pedalate per trovare l'intesa che ci condurrà per tutto il percorso, inedito per entrambi.
I primi nove chilometri da Cossato a Vallemosso, che avevo già percorso a ottobre, sono in falsopiano, utili a spezzare il fiato e trovare un buon ritmo in vista dell'attacco della salita vera e propria. La Panoramica Zegna, oltre a essere una strada di mezza montagna lunga, a tratti impegnativa, e nell'ultimo settore molto spettacolare, ha una bella storia che riporta a un'epoca in cui l'imprenditoria si coniugava con l'interesse per la comunità e il territorio: voluta e costruita dall'industriale filantropo Ermenegildo Zegna, che curò anche l'impiantamento delle migliaia di alberi che l'accompagnano, congiunge Trivero alla stazione invernale di Bielmonte, per poi scendere in valle Cervo, una sorta di percorso turistico ante-litteram omaggiato ai biellesi, con ideale proseguimento verso la galleria Rosazza e il santuario di Oropa.
Lasciato alle spalle il bivio di Vallemosso, nel frattempo, si affronta subito un dei passaggi più tosti del giro, poche centinaia di metri belli ripidi che attraverso un paio di rampe e di curvoni portano in breve al di sopra del livello del paese, ma basta tenere duro per qualche minuto per poi proseguire su pendenze decisamente più leggere e regolari fino all'ingresso in Crocemosso, dove si incontra una seconda impennata che chiude la parte più nervosa del percorso.
Proseguendo verso Trivero, la strada si inoltra nel bosco proponendo una cartellonistica a dir poco enigmatica, per cui non è mai ben chiaro se si stia entrando o uscendo dall'abitato, ma al di là di questa curiosità, si guadagna quota con un certo agio fino ad affiancare gli edifici dello storico lanificio.
Mancano ancora 13 chilometri al valico, e per continuità saranno i più impegnativi, ma le pendenze sono abbastanza regolari intorno al 7% e permettono di procedere di buon passo nel cuore di una bella pineta che in alcuni punti mi ricorda i passi trentini. Soltanto un tratto di circa un chilometro che precede di poco il passaggio intermedio alla Bocchetta di Margosio propone pendenze più dure, tra il 9 e il 10%, ma poi si raggiunge con facilità il bel punto di osservazione verso la Valle d'Aosta, dove il Monte Rosa è purtroppo coperto da una spesso strato di nuvole.
Un buon chilometro in contropendenza prelude infine agli ultimi tre di salita verso Bielmonte, che non presentano più difficoltà rilevanti, quel che ci vuole per godersi un ambiente che intanto si è fatto molto più aspro e roccioso che in precedenza, ma che al contempo offre finalmente le famose balconate verso la pianura lontana: uno spettacolo che vale da solo il prezzo della fatica spesa per guadagnarlo. Superate ancora un paio di gallerie brevi ma piuttosto buie, l'ultimo chilometro prima di Bielmonte sale al 5%, ideale volata prima di raggiungere il piazzale dove ci fermiamo per una bevuta al bar; la temperatura esterna è sulla dozzina di gradi e un tè è quel che ci vuole per ritemprarsi e scambiare qualche impressione sull'ennesima conquista appena lasciata alle spalle.
La discesa, che nei primi chilometri offre una magnifica esposizione, misura a sua volta 13 chilometri fino al congiungimento con la fondovalle Cervo, e rispetto alla salita pare meno ripida e un po' meno varia. Se in salita ero stato io ad avvantaggiarmi in qualche tratto, tocca adesso al mio compagno d'avventura pazientare e aspettarmi a fine discesa, ma tutto sembra comunque procedere nel migliore dei modi fino alle porte di Biella, quando un improvviso dosso in pavée mi costa la seconda foratura dopo quella di Vetan. Qualche imprecazione e un quarto d'ora prima di rimontare in sella, poi non resta che l'ultima decina di chilometri trafficati da Biella a Cossato per chiudere un giro davvero interessante per questa stagione, buon preludio verso altri traguardi che non mancheranno a partire dalla programmata scalata a Paraloup, nel cuneese.
il meglio del giro
Una salita ideale per la primavera inoltrata, non troppo elevata né dura, ma lunga e non proprio banale. Molto belli il passaggio in pineta e i chilometri panoramici che precedono e seguono l'arrivo in vetta.
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