venerdì 23 novembre 2018

Superga e niente più


Torino - Superga - Pino T.se - Torino (Km 25)


La prima uscita di ottobre, in un grigio sabato mattina, si risolve in un mezzo buco nell'acqua per mancanza di tempo, di idee e di motivazioni. Quando esco di casa non ho neppure ben chiaro il giro che intendo percorrere, e questo è di per sé un brutto segno, perché difficilmente con queste premesse spunteranno alzate d'ingegno strada facendo. Sono già in corso Casale quando realizzo che quest'anno non sono ancora salito a Superga, e quindi ecco fissato il principale obiettivo di giornata. Salita arcinota che ormai conosco anche nelle pieghe dell'asfalto, so bene come affrontarla per non farmi sorprendere nei punti più pendenti, e tutto sommato la supero con discreta disinvoltura, senza mai andare in affanno, ma neppure trovare qualche momento di brillantezza, di quelli che ti fanno sentire bene e invogliano a proseguire, magari andando a scovare qualche strada nuova. Niente di tutto questo, a questo giro.
Sul piazzale deserto della basilica mi aspetta la prima vera giornata autunnale dell'anno, con l'umidità che entra nelle ossa e il grigio che offusca la vista sulla città. Una sensazione che potrebbe anche essere piacevole, ma stavolta prevale la voglia di una bella colazione nel mio bar preferito. Rotta quindi verso Pino con un occhio rivolto all'asfalto bagnato nel primo tratto ripido e nelle curve veloci della panoramica, poi discesa freddina a Torino e chiusura di un giretto di allenamento che più scontato non si può, incentrato in una salita che scontata non lo è mai.

il meglio del giro

La curva a destra dopo il passaggio sotto la cremagliera, sempre uguale e sempre maledettamente dura. 50 metri che danno significato a qualunque giro in collina.

martedì 6 novembre 2018

La montagna sfregiata


Susa - Mompantero - Rifugio il Trucco - Mompantero - Susa (Km 29)


L'ultima grande salita dell'anno ha come teatro la val di Susa, più precisamente quel settore del versante nord sopra Susa e Bussoleno che l'ottobre scorso fu devastato dagli incendi. La curiosità, oltre che scalare una salita di tutto rispetto mai affrontata in precedenza, è proprio quella di verificare di persona cosa è rimasto di quel fianco di montagna a un anno di distanza. L'esito del sopralluogo è a dir poco impressionante: quella che era una foresta di abeti e larici è diventata una desolante distesa di scheletri grigi senza alcun accenno di ripresa della vita, chissà quanto tempo ci vorrà prima che il paesaggio torni quello di prima. Oggi, attraversare i luoghi del disastro è un tuffo al cuore che realizzo soltanto in discesa, essendo stata la salita troppo dura per permettermi di guardarmi attorno.