Sassello - Colle del Giovo - Ellera - Albisola - Savona - Santuario - Naso di Gatto - Montenotte - Pontinvrea - Colle del Giovo - Sassello (Km 67)
Non è il nome di un guerriero navajo della saga di Tex Willer. Naso di Gatto è il curioso toponimo di una sperduta località nel profondo entroterra savonese reso noto dal passaggio del Giro d'Italia un paio di anni fa, che non avevo mai localizzato con precisione nel labirinto di strade imboscate (nel senso letterale del termine) in quel pezzo di Appennino ligure a ridosso della Torino-Savona, dove si ha ogni volta l'impressione di perdere in pochi minuti qualunque collegamento con la civiltà. A testimonianza di quanto sia nascosta, mi imbatto sulla strada in maniera abbastanza casuale, mentre sto cercando di pianificare un percorso con partenza da Sassello, ma una volta trovato è un momento decidere di incentrare il giro sul Naso di Gatto, di cui in passato ho peraltro letto recensioni interessanti. Il progetto iniziale era molto ambizioso, con l'impegantivo saliscendi finale tra Dego, Giusvalla e Mioglia, poi ci penseranno un meteo ancora una volta inclemente e il poco tempo a disposizione a limarlo fino ai 67 chilometri finali, e alla fine potrò catalogare la trasferta tra le tante interessanti ma perfettibili, ormai una sorta di costante della stagione.
I primi sei chilometri verso il mare prevedono il superamento del colle del Giovo, poco più di un lungo falsopiano al 3-4% che precede la planata verso il mare di Albisola. La discesa, su strada ampia ma battuta da un forte vento, in assenza di viste sul mare, mi permette di apprezzare sulle alture alla mia destra un addensamento di nuvole impressionante che per qualche momento mi fa anche pensare a un inglorioso dietrofront, ma per ora si tratta di raggiungere la costa, e visto che la strada principale è un po' troppo trafficata per i miei gusti, all'altezza di Stella devio a sinistra in direzione di Ellera. La nuova strada costeggia solitaria il corso del torrente Sansobbia, e nel giro di una decina di chilometri mi porta a Luceto, alle porte di Albisola.
Entrato in paese, per circa tre chilometri percorro l'Aurelia in direzione di Savona, ma un po' per il traffico, un po' per il cemento che la fa da padrone, faccio una certa fatica a dire che sono stato al mare, anzi a dirla tutta non l'ho praticamente visto. All'ingresso in città, in corrispondenza della Torretta, abbandono il lungomare per transitare nella bella via Paleocapa, quindi lascio il centro per dirigermi nuovamente verso l'entroterra: i nuvoloni che prima erano alla mia destra, adesso incombono qualche chilometro davanti a me, esattamente sopra i monti verso i quali sono diretto, ma ancora una volta mi fido delle previsioni che escludono la pioggia e decido di proseguire.
La salita fino a Santuario non presenta nessuna difficoltà, con pendenze intorno al 3%, quindi comincia a proporre qualche rampa più impegnativa nei due chilometri e mezzo successivi, ma è solo quando si passa sotto l'imponente ponte ferroviario che iniziano i sette chilometri di salita all'8% medio che mi porteranno ai 730 metri del valico. L'ascesa è dura e costante, a tratti presenta passaggi a doppia cifra molto impegnativi, di cui ci si accorge soltanto quando sono già sotto le ruote, a causa della sede stradale a doppia corsia che tende a ingannare la vista; nel complesso non è però abbastanza lunga né cattiva per costituire un ostacolo particolarmente improbo, e con un po' di pazienza i chilometri passano uno dopo l'altro fino a raggiungere il paio di edifici semi-dismessi in località Naso di Gatto, avvolta in un denso strato di nubi che la rendono discretamente spettrale. Se tecnicamente la strada è interessante ma non memorabile, ancora di meno lo è stata per me turisticamente, col bosco e la nebbia che hanno tolto qualsiasi visuale, al punto che il ricordo più vivido che porto a casa è quello di un faggio monumentale visto a bordo strada a poco più di un chilometro dalla vetta. In conclusione, la mia opinione è che può valere la pena salire al Naso di Gatto, magari inserendolo in un giro più completo del mio, ma senza scomodare i grandi passi alpini, in zona non mancano strade più degne di nota di questa, dal Melogno al Beigua.
La discesa a Pontinvrea, dal canto suo, è molto bella e rilassante, salvo una breve contropendenza e il ripido chilometro finale, ma proprio quando la giornata sembra aver dato tutto quello che poteva dare, la legge del ciclista colpisce nei pochi chilometri in leggera salita che mi riportano al colle del Giovo: il vento che per tutta il giorno mi ha infastidito, in questo breve tratto trasforma la strada in una specie di galleria del vento che mi costa un'ultima e inattesa fatica prima della discesa finale a Sassello che chiude un altro giro senza infamia ma anche senza troppa lode.
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