giovedì 15 settembre 2016

Il monte Ceppo


Diano Marina - Imperia - San Lorenzo al Mare - Santo Stefano al Mare - Riva L.re - Arma di Taggia - Taggia - Argallo - Vignai - Monte Ceppo - Colla di Langan - Molini di Triora - Agaggio - Badalucco - Taggia - Arma di Taggia - Riva L.re - Santo Stefano al Mare - San Lorenzo al Mare - Imperia - Diano Marina (Km 124)


Secondo giro ligure consecutivo tracciato sulla falsariga del precedente ma con alcune sostanziali differenze. A parte il chilometraggio identico, se la parte lungomare ricalca giocoforza quella del giro di Bajardo e l'anello disegnato nell'entroterra è situato geograficamente appena a est di quello della settimana prima, cambiano gli altri connotati del percorso. Da un lato, i 1500 metri del valico del monte Ceppo rendono il giro decisamente più montano, sia per la quota raggiunta che per la lunghezza e la difficoltà della salita; dall'altro, a perderci un po' è il livello paesaggistico, con panorami meno vari e scorci sui paesini in genere meno significativi, un aspetto non secondario quando si pedala in Liguria.

Primi 25 chilometri fino ad Arma dunque identici a quelli di una settimana prima, cui se ne aggiungono altri dieci di comodo falsopiano per raggiungere Taggia e percorrere la prima parte della valle Argentina. E' in questo tratto che aggancio un altro ciclista e chiedo informazioni sulla salita, e il responso è più o meno quello che mi aspettavo: molto lunga e nel finale molto dura, e d'altronde è impensabile portare a casa quasi 1500 metri di dislivello in una botta sola senza lasciare un bel po' di sudore sulla strada.
Un chilometro prima di raggiungere il paese di Badalucco, raggiungo infine il bivio per la valle Oxentina da cui ha origine la salita al monte Ceppo, lontano ancora oltre 24 chilometri. Definire questa valletta selvaggia e solitaria è addirittura riduttivo, tanto è nascosta e immersa nel verde la strada, fin dai primi colpi di pedale. I pochi centri abitati che si incontrano di tanto in tanto - Argallo, Zerni e Vignai - sono talmente minuscoli da passare quasi inosservati, mentre per il resto sono prima gli ulivi e poi il bosco a farla da padroni incontrastati.
Dal punto di vista tecnico, la salita comincia con circa due chilometri e mezzo tosti, con qualche passaggio a doppia cifra e una media comunque sensibile, poi si alleggerisce con tratti semipianeggianti fino ad Argallo, dove per un buon chilometro torna su pendenze impegnative, prima di spianare decisamente fino a Vignai, al chilometro 13 di salita.
Fino a questo punto, l'ascesa al monte Ceppo non ha riservato particolari difficoltà, ma una volta superato l'abitato di Vignai le cose cambiano rapidamente: i quattro chilometri in direzione di Bajardo fino al bivio per il monte Ceppo hanno una pendenza costante intorno al 7% che richiede un certo impegno, ma sono gli ultimi sette chilometri fino allo scollinamento a presentare per lunghi tratti i problemi maggiori. Si comincia con circa 500 metri molto ripidi, poi la strada spiana per un buon paio di chilometri, che tuttavia verranno pagati duramente nei quattro successivi. Dal momento in cui la salita riprende con decisione, non c'è più un attimo di tregua: si sale su pendenze non lontane dal 10% e non mancano lunghe rampe che raggiungono il 12. I chilometri di salita lasciati alle spalle presentano il conto man mano che procedo, e non mi resta che stringere i denti proseguendo a passo ridotto in attesa del termine della salita, confortato a un certo punto dalla fugace apparizione a pochi metri dalla bicicletta di una bella coppia di cerbiatti, molto più lesti di me a rituffarsi nel folto del bosco appena intravista la mia sagoma. Dopo quattro lunghi chilometri di puro sgobbo, in verità non ricambiati da panorami degni di nota, la strada torna improvvisamente a spianare per l'ultima volta, percorrendo in quota l'ultimo mezzo chilmetro prima del valico.
Il passo, raggiunto a questo punto in scioltezza, è abbastanza deludente: immerso nel bosco e privo di alcuna segnaletica, è addirittura complicato stabilire con esattezza dove sia collocato, fatto salvo che a un certo punto la strada comincia a scendere per iniziare una lunga e dissestatissima discesa. Se in salita il pessimo stato del manto stradale, ruvido e pieno di buche, non aveva rappresentato un problema reale, ora che si scende, a tratti anche ripidamente e su strada molto stretta, gobbe, crepe e buche nel chiaroscuro del bosco diventano altrettante trappole da evitare con estrema attenzione, non bastasse il tracciato di per sé molto tecnico della discesa. Percorro quindi con prudenza i primi otto chilometri fino a raggiungere la strada provinciale per Molini di Triora. Dopo una breve deviazione a ritroso di circa un chilometro per raggiungere la panoramica colla di Langan, rinuncio subito all'idea di scalare anche la colla Melosa, sette chilometri più in su, e ricomincio a scendere verso la valle Argentina. La strada adesso è larga e filante, ma se possibile in condizioni ancora peggiori della precedente, con frequenti buche profonde come voragini, pericolosissime se ci si è lasciati tentare dall'idea di mollare troppo i freni. Per una decina di chilometri maledico una delle peggiori discese in cui sia mai incappato, poi finalmente entro a Molini di Triora, dove sosto a un bar per un panino e una lunga sosta prima di affrontare gli ultimi 50 chilometri del giro, privi di difficoltà altimetriche, ma non di qualche insidia. La prima, nei 25 chilometri che ridiscendono dolcemente la valle Argentina fino al mare, è rappresentata dal vento, a tratti a forti raffiche, che ostacola l'andatura obbligandomi a qualche scalata di rapporto di troppo; la seconda, una volta tornato a livello del mare, è il chilometraggio che nel frattempo si è fatto consistente e che mi induce a dosare con attenzione le ultime energie; la terza e ultima è infine il traffico di Imperia nel giorno di mercato, ma per fortuna anche questo scompare nei cilometri finali lungo l'incompiuta, e posso portare felicemente a termine un giro lungo e faticoso con parecchia luce e qualche ombra, proprio come una strada nel bosco d'estate.

il meglio del giro

La valle Oxentina, lunga e in salita tutto sommato moderata, è la scoperta più bella del giorno, da ripercorrere in futuro.

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