venerdì 30 agosto 2019

Il passo Pennes


Rio Bianco - Pennes - Passo Pennes - Pennes - Rio Bianco (Km 27)


Sorte avversa per il passo Pennes, colosso di 2200 metri delle Alpi Retiche, relegato al ruolo di vaso di coccio circondato da altri di solidissimo metallo. In effetti, al di là della ragguardevole quota, il misterioso Pennes non ha molto per farsi ricordare: privo di storia ciclistica, tecnicamente serio ma non proibitivo, offre un tracciato monotono in un contesto ambientale senza squilli, col la parte iniziale potenzialmente più interessante, attraverso le gole tra Bolzano e Sarentino, impercorribile in bicicletta per via delle tante lunghe gallerie; perfino dal punto di vista geografico, questo valico appare ridondante, dal momento che unisce Bolzano a Vipiteno, parallelo alla fondovalle Isarco. Eppure, qualcosa non torna a parlare di delusione, se penso al destino analogo toccato al vicino Monte Giovo, scalato due anni fa prima del meraviglioso Rombo e da questo messo un po' all'angolo: evidentemente, nel giudizio finale hanno un peso i vicini ingombranti, e da questo punto di vista al Pennes non poteva davvero andare peggio.

La partenza dai 1300 metri di Rio Bianco, coi primi chilometri fino a Pennes molto facili, riduce in definitiva la salita a una pur impegnativa scalata di otto chilometri, quasi tutta allo scoperto, sulla quale grava però l'incognita dei due giri precedenti e di quello che mi attende l'indomani. In effetti, già dai primi colpi di pedale sento una certa pesantezza che non riesco a scrollarmi di dosso nella manciata di chilometri in falsopiano, e quando le pendenze cominciano ad aumentare nei tre chilometri successivi attestandosi tra il 7 e l'8%, capisco che il finale mi farà soffrire non poco.
Il Pennes presenta in tutto due tornanti e all'altezza del primo comincia il tratto più duro. Più ancora delle pendenze sempre intorno al 10%, quello che scoraggia sono gli interminabili rettilinei spezzati da semicurve che danno l'impressione di una sofferenza sempre uguale e senza fine, il tutto in un ambiente spoglio, lontano parente delle meraviglie dolomitiche: non che qui si pedali nel brutto, ma attorno ci sono solo pendii prativi che culminano in monti rocciosi dall'aspetto prettamente alpino: un paesaggio tutto sommato simile alle montagne piemontesi o lombarde, aperto e severo, ma non proprio sorprendente, ed è questo alla fine che confina il passo Pennes al rango delle salite belle ma non uniche.
Con la pedalata meno brillante dei due giorni precedenti, arranco parecchio per un paio di chilometri abbondanti, poi raggiungo un curvone contrassegnato dal cartello di quota 2000 che mi dà una certa spinta emotiva, innanzitutto perché arrivare a quell'altitudine non è mai scontato e regala una bella soddisfazione, e poi perché facendo un rapido calcolo capisco che mancano ormai solo un paio di chilometri e mezzo alla fine della mia fatica, e considerando che l'ultimo chilometro dovrebbe essere un po' meno difficile, dovrò tenere duro solo per pochi minuti ancora.
Il tratto finale, con la sella del passo ormai in vista, disegna un ampio arco verso sinistra, con la strada che in alcuni tratti taglia la roccia nera della montagna, e l'ultimo rettilineo con pendenza che finalmente scende intorno al 6% permette di tirare un po' il fiato e godersi in tranquillità la conquista dei 2211 metri finali.
In vetta, il panorama verso la valle di Vipiteno e le vette innevate al confine con l'Austria è grandioso, ma il pensiero, ancor prima di iniziare la discesa, non può che cominciare a correre all'indomani.

il meglio del giro

Gli ultimi chilometri duri, ruvidi, senza punti di riferimento: una fatica per la testa più che per le gambe.

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