venerdì 31 maggio 2019

La valle di Champorcher


Carema - Pont-Saint-Martin - Donnas - Bard - Hône - Pontboset - Champorcher - Pontboset - Hône - Bard - Donnas - Pont-Saint-Martin - Carema (Km 56)


Ancora segnali contraddittori dalle strade valdostane. Se l'uscita di Planaval si era risolta obiettivamente con un mezzo buco nell'acqua, questa volta la meta di giornata è raggiunta, ma quel che mi lascia perplesso è la gran fatica che faccio a superare i duri chilometri centrali di una salita lunga e stressante per dislivello e pendenze, ma tutto sommato non impossibile. Sono 19 i chilometri che dal fondovalle di fronte al castello di Bard risalgono il vallone laterale di Champorcher, uno dei primi che si incontrano una volta entrati in Val d'Aosta, non proprio tra i più spettacolari a causa delle quote ancora relativamente basse e di una giornata grigia che mi risparmierà la pioggia per una questione di minuti.

Come punto di partenza scelgo Carema, ultimo paese piemontese, per mettere qualche chilometro di riscaldamento sulle gambe prima di attaccare la salita, e in effetti i primi sette chilometri attraverso Pont-Saint-Martin, Donnas, Bard e Hône scivolano via in un attimo, poi si attraversa la Dora e da quel momento si comincia a fare sul serio.
I primi tre chilometri sono i più spettacolari, con la strada che attraverso cinque ampi tornanti scavalca un gradone roccioso sopra il paese di Hône che prelude l'ingresso nel vallone laterale. In questo tratto, la vista sulla bassa valle dominata dall'imponente castello di Bard è il miglior diversivo mentre si supera un abbrivio piuttosto ostico, con pendenze che di tanto in tanto si avvicinano alla doppia cifra.
Superato il primo ostacolo, la strada si addentra nella valle risalendo il corso del torrente Ayasse senza più proporre percentuali importanti fino più o meno all'altezza di Pontboset, a poco meno di metà dell'ascesa, in un contesto adesso meno affascinante a causa di una giornata molto grigia e di una visuale ristretta all'interno di una valle molto chiusa. Per un paio di chilometri ancora, si sale su pendenze abbastanza abbordabili: in questo settore, l'impressione è di pedalare con una certa facilità, ma sta per cominciare la parte più difficile della salita, sotto forma di cinque chilometri al 9% medio, con lunghi ed estenuanti tratti al 10.
Il cambio di pendenza è reale e sensibile, ma proprio non mi riesce di trovare un passo accettabile, e la progressiva diminuzione della velocità è dovuta non tanto a una gestione preventiva delle energie, quanto alla fatica che mi costringe a procedere sempre sul filo del fuorigiri: non esattamente il miglior viatico, visto che di chilometri ne mancano ancora parecchi e le rampe continuano a susseguirsi sempre ripide sotto le ruote.
Percorro quattro o cinque chilometri in discreta sofferenza, ma stringo i denti finché la strada finalmente si decide a spianare un po' e raggiungo l'abitato di Champorcher, da cui proseguo per circa un chilometro in falsopiano fino a Chardonney, dove la strada che risale la vallata si interrompe.
Rifiato qualche minuto, ma la fatica non finisce qui, perché dall'inizio dell'abitato si dirama sulla destra una strada secondaria che si arrampica per circa quattro chilometri e 300 metri di dislivello quel versante della valle attraverso una bella serie di 15 tornanti, finalmente molto panoramici ma non meno duri, considerato anche che per 500 metri più o meno a metà di questo tratto, la strada è pianeggiante se non in leggera discesa.
C'è dunque ancora parecchio da spingere sui pedali, ma finalmente trovo il mio ritmo e mentre scalo una rampa dopo l'altra riesco addirittura a godermi lo spettacolo dei monti valdostani, sebbene le nuvole basse ingrigiscano un po' l'ambiente. Ancora una bella fatica lungo le ultime dure traverse, ma alla fine arrivo alla fine dell'asfalto in condizioni migliori di quanto temessi qualche chilometro più in basso.
La temperatura frizzante e la minaccia di pioggia che comincia a farsi concreta mi convincono a rientrare in fretta a Champorcher e da qui a ridiscendere a fondovalle senza ulteriori indugi: una decisione saggia, perché da Bard a Donnas prendo in effetti qualche goccia, e una volta tornato alla macchina, nel tempo di cambiarmi, si abbatte un vero e proprio acquazzone, schivato per il rotto della cuffia. Alla fine, pagato il giusto dazio alla fatica, anche questa è fatta, e in un modo o nell'altro la gamba sufficiente per affrontare una delle tappe alpine del Giro d'Italia prossime venture.

il meglio del giro

Salita vera, lunga ed esigente, da non prendere sottogamba. Belli i primi e gli ultimi chilometri, anche se la Valle D'Aosta ha oggettivamente di meglio da offrire.

Nessun commento:

Posta un commento