Varzi - Passo del Brallo - Pregola - Passo della Scaparina - Passo del Penice - Monte Penice - Passo del Penice - Romagnese - Zavattarello - Passo di Pietragavina - Varzi (Km 70)
Lunga trasferta appenninica nell'Oltrepò pavese tra le valli Staffora e Tidone, con breve ma significativa puntata nel piacentino per raggiungere la principale meta di giornata, posta sulla sommità del monte Penice. Per l'occasione studio un percorso di circa 70 chilometri caratterizzato per lo più da lunghe e pedalabili salite e da altrettanto filanti discese, con l'eccezione dei quasi quattro chilometri molto ripidi che portano dal passo Penice alla vetta; avendo nelle ultime uscite affrontato in prevalenza salite brevi e spesso e volentieri ripidissime, sono piuttosto curioso di vedere come risponderò su una strada dalle caratteristiche opposte come quella del passo Brallo, salita eterna ma dalle pendenze trascurabili, cui si sommerà il lungo saliscendi fino al Penice, per un totale di trenta chilometri di facile e discontinua ascesa come preludio al passaggio più difficile del giro. Alla fine, le cose andranno sufficientemente bene da permettermi di aggiungere l'opzionale passaggio a Pietragavina a completamento del percorso finora più impegnativo dell'anno.
Il punto di partenza è fissato a Varzi, bella cittadina nella media valle Staffora nota per il salame e ciclisticamente al centro di numerosi itinerari potenzialmente stimolanti, peccato la distanza non indifferente, altrimenti varrebbe certamete la pena esplorare le tante varianti offerte da colline e montagne circostanti. Per l'occasione, cerco di toccare la maggior quantità di punti d'interesse possibili, magari sacrificando in parte lo spessore tecnico del giro, come nel caso dei primi diciotto chilometri che mi portano al passo del Brallo.
A parte le pendenze fin troppo modeste - solo in un paio di occasioni si tocca il 7%, per il resto si sale sempre ben sotto il 5% - la salita è francamente una delle più brutte che abbia mai percorso, con paesaggio abbastanza banale e monocorde sul profilo della vallata che si risale lentamente; un paio di tornanti all'altezza di Sala per spezzare un po' il ritmo, per il resto prevalgono rettilinei e semicurve, senza passaggi intermedi rilevanti. Solo l'ultimo chilometro si discosta dal motivo conduttore generale, quando la strada si addentra in una pineta e superando un paio di bei tornanti al 6% acquisisce un aspetto tipicamente montano che tuttavia ben presto svanisce non appena si raggiunge il passo, un vero e proprio paese in quota, privo peraltro di qualsiasi visuale.
Con una certa delusione, non mi resta che lasciarmi il Brallo velocemente alle spalle e proseguire in salita verso Pregola e il passo della Scaparina. Superata una prima rampa molto dura di circa 200 metri, si prosegue nel bosco in moderata salita fino all'abitato di Pregola, dove si incontrano un altro paio di passaggi abbastanza impegnativi, prima di passare a fianco degli impianti tennistici del CONI. Dopo questo breve tratto pianeggiante, un tornante a sinistra introduce a un paio di chilometri di salita costante intorno al 6% che portano al confine tra Lombardia ed Emilia, posto sullo spartiacque tra le valli Staffora e Trebbia. Da questo punto, si aprono finalmente delle belle ed ampie panoramiche, con vista sullo stesso livello del passo della Scaparina (che su questa direttrice è in realtà una sella) e alle sue spalle del verde panettone del monte Penice.
Per circa sei chilometri fino al congiungimento con la statale per il passo Penice, si prosegue su una bella stradina che propone un tranquillo saliscendi, aperto fino allo Scaparina, nel bosco nel tratto successivo. Unico inconveniente: nella seconda parte il fondo è molto rugoso e in particolare in curva si è accumulato parecchio pietrisco che rende più incerta l'aderenza delle ruote sull'asfalto; problema che ovviamente sparisce quando si ritorna sull'ampia statale che porta al passo dopo circa un chilometro e mezzo di falsopiano. Ho dunque 30 chilometri sulle gambe, e soprattutto quasi 1000 metri di dislivello superati quasi senza sforzo, quando attacco i tre chilometri e mezzo nettamente più duri del giro.
All'altezza del passo, uno stretto tornante a destra introduce in una stradina subito abbastanza ripida e altrettanto dissestata. Di colpo si sale su pendenze dall'8 al 10% e la prima parte nel bosco è disseminata di buche che obbligano a saltellare da una parte all'altra della strada in cerca dei passaggi meno rovinati. Per circa un chilometro si trovano ancora punti in cui riprendere fiato, poi si esce dal bosco e dal momento in cui si scorgono i primi ripetitori che deturpano irrmediabilmente la montagna nel versante pavese, la salita non concede praticamente più tregua. Procedo con calma scalando il rapportino e aiutato da un manto adesso in buone condizioni fino in cima, ma poco alla volta sento affiorare la fatica dei chilometri precedenti; il risultato è che l'ultimo chilometro sembra non finire mai e devo superare in apnea la breve rampa finale, ben sopra il 10%.
La soddisfazione del traguardo raggiunto (si pedala fino al sagrato della chiesa) è purtroppo smorzata dalla cappa di afa che grava fino a quasi 1000 metri di quota offuscando gran parte della visuale sulle basse valli Trebbia e Staffora, e ancor più dalla selva di antennoni puntati verso la pianura padana che massacrano il paesaggio in vetta: non resta che consolarsi con una bella pausa-panino nell'ottimo bar situato nel complesso del santuario.
Quando riparto e riguadagno in fretta la strada principale al passo Penice, abbandono subito l'idea di rientrare direttamente a varzi. Dopotutto non mi capiterà presto di tornare da queste parti e mi pare di aer recuperato abbastanza bene lo sforzo della salita, per cui tanto vale allungare un po' il percorso passando dalla val Tidone e aggiungendo nel finale la salitella di Pietragavina. La discesa a Romagnese, in territoro piacentino per un paio di chilometri fino al bivio per Bobbio, e poi pavese per altri dieci chilometri, è molto bella e sicura, su strada ampia con ottimo fondo, a parte qualche sporadico accumulo di sabbia qua e là che non rappresenta comunque alcun pericolo.
Dopo Romagnese, la discesa prosegue per circa sei chilometri su pendenze da pedalare lungo la val Tidone, poi, superate un paio di borgate, si arriva al bivio per Zavattarello che si imbocca sulla sinistra. Il paese dista un chilometro in moderata salita dalla fondovalle, ma non c'è nemmeno il tempo di sentire la fatica che per un altro paio di chilometri dopo l'abitato la strada spiana fino a superare un paio di ponticelli e poi riprendere a salire verso il passo di Pietragavina. La salita misura tre chilometri su pendenze regolari intorno a 6%, ma i chilometri sulle gambe sono ormai 60 e soprattutto una volta sceso di quota devo fare i conti col primo vero grande caldo dell'anno. Per fortuna la strada si snoda per un paio di chilometri nella boscaglia, cosa che mi permette di trovare un po' di conforto nell'ombra, ma quando ne esce, il sole picchia davvero duro e l'ultimo chilometro prima di arrivare alla frazione di Rossone diventa molto dispendioso, per quanto la visuale adesso si apra su una valletta molto verde che aiuta a distrarsi dalla fatica. Lasciata alle spalle anche Rossone, per un chilometro e mezzo si continua a salire in falsopiano, ma di fatto i problemi sono finiti ed è così che posso scollinare nell'abitato di Pietragavina abbastanza provato ma altrettanto contento di aver portato a casa un giro che rasenta i miei limiti attuali. Quel che rimane sono sei chilometri di bella discesa prima di rientrare a Varzi, dove mi concedo un giro nel bel centro del paese prima di tornare alla macchina.
Nessun commento:
Posta un commento