martedì 29 giugno 2010

Assaggio di Langhe a Castiglione Tinella



Masio - Belveglio - Vinchio - Castelnuovo Calcea - Moasca - Canelli - Santo Stefano Belbo - Castiglione Tinella - Castagnole Lanze - Isola d'Asti - Montegrosso - Mombercelli - Belveglio - Masio (Km 82,3)



Ponte di San Giovanni piuttosto avaro di soddisfazioni, almeno rispetto alle attese. Delle due uscite previste, va in porto solo la prima, un lungo itinerario mattutino con sconfinamento in provincia di Cuneo a S. Stefano Belbo e Castiglione Tinella, prima della lunga cottura sulla strada del ritorno sotto il solleone.
Quando parto di buon mattino ho ben chiaro che la difficoltà maggiore sarà il chilometraggio, ma a conti fatti anche il gran caldo contribuisce a rendere durissimo il finale pianeggiante.
I primi dieci chilometri fino a Belveglio li faccio al fresco impostando un'andatura tranquilla per rodare un po' la gamba in vista della prima asperità della giornata, la salita a Vinchio già affrontata a marzo e caratterizzata da una serie di sbalzi brevi ma molto ripidi. Stavolta, il tratto in salita è poi allungato dall'attraversamento del paese, in discreta pendenza per tutta la prima parte. Non è comunque ancora tempo di problemi, e anzi la gamba gira abbastanza bene anche lungo le rampe più dure. Dopo la discesa verso Mombercelli, svolto a sinistra in direzione di Castelnuovo Calcea, che raggiungo dopo alcuni chilometri pianeggianti e uno strappo regolare di un chilometro circa. Una volta scollinato, la strada scende veloce fino a incrociare la provinciale Asti-Nizza, che per il momento abbandono dopo poche decine di metri per imboccare una stradina di campagna che mi porterà a Moasca. Il dislivello da superare è in questo caso di circa 100 metri, ma interamente distribuito in due ripidissimi rettilinei, intervallati soltanto da una curva a pendenza più leggera. Nel punto più difficile del secondo drittone vado completamente fuori giri e mi ritrovo in un attimo boccheggiante e costretto a mettere inopinatamente il piede a terra con lo stomaco che si contrae paurosamente.
Dopo qualche minuto all'ombra provvidenziale di un albero, risalgo in sella e guadagno in fretta il centro del paese. L'idea sarebbe di mantenere il crinale delle colline fino a San Marzano Oliveto, ma la strada che avevo individuato è purtroppo sterrata e non mi resta che ridiscendere alla provinciale, da cui nel giro di poco più di dieci chilometri raggiungo prima Canelli e poi S. Stefano.
Dal paese pavesiano, superato il centro e il Belbo, comincia subito la salita più lunga del giro, che mi porterà a Castiglione Tinella dopo avere superato la chiesetta di MOncucco che domina S. Stefano. La salita è divisa in due settori di circa tre chilometri l'uno: il primo porta dal fondovalle a Moncucco attraverso una serie di tornanti molto belli intervallati da rettilinei e curvoni dalle pendenze continue ma sempre abbastanza pedalabili; il secondo vede un primo tratto in discesa seguito dall'ultima parte di salita che porta dapprima a Castiglione e poi al bivio per Castagnole attraversando prima una serie di curve e brevi rettilinei discretamente impegnativi, quindi l'ultimo paio di tornanti anche in questo caso con una pendenza superiore rispetto a quelli della prima metà dell'ascesa. Elemento comune di questi chilometri è lo sfondo meraviglioso offerto dai vigneti a bordo strada, arricchito da una visuale che si estende via via che si sale di quota sopra una distesa di colline di una bellezza difficile da eguagliare, che ripaga ampiamente il duro sforzo inflitto ai muscoli dalla salita e dal gran caldo.
Quando infine raggiungo lo scollinamento, ho coperto all'incirca la metà del chilometraggio totale e completato in teoria tutte le difficoltà altimetriche. In teoria, perché la realtà è sempre molto diversa da quella virtuale disegnata sulle cartine. Complici l'afa e uno stato di forma approssimativo, i chilometri che seguono la discesa - molto bella anche questa - a Castagnole Lanze e il successivo tratto su statale fino a Isola d'Asti diventano di gran lunga i più faticosi dell'anno. La salitella di Isola regala alle mie gambe i primi morsi dei crampi, e se fino a Montegrosso e Mombercelli riesco ancora a tenere un'andatura lenta ma continua, son i dieci chilometri finali e pianegianti da Belveglio a Masio a trasformarsi in un'autentica tortura, col risultato di arrivare al termine del percorso in uno stato di semicatalessi che mi induce a rimandare il più impegnativo giro di Roccaverano che avevo già in programma per sabato.

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