Alba - Gallo d'Alba - Verduno - La Morra - Gallo d'Alba - Serralunga - Sinio - Albaretto della Torre - Montelupo Albese - Diano d'Alba - Alba (Km 58,8)
Una giornata baciata dal meteo a metà luglio merita di essere adeguatamente celebrata da un itinerario a cinque stelle. Nella notte è venuto giù un temporale di rara violenza, e al mattino l'effetto è un cielo terso da sembrare invernale, con l'aggiunta di una temperatura resa più che accettabile dall'assenza di umidità e da una bella brezza che rinfresca l'aria senza tuttavia rappresentare un fastidio. L'ideale sarebbe partire prima di pranzo per pedalare nelle ore più fresche, ma la cosa non è possibile e sposto il giro al pomeriggio, sperando che il caldo rimanga a livelli sopportabili.
Come percorso, ci sono pochi dubbi, tornerò in bassa Langa, quella resa ricca dal boom del vino e del turismo. È una zona che conosco come le mie tasche per averla percorsa decine di volte, ma il fascino delle colline solcate dai vigneti e dei cucuzzoli sormontati da paesi e borgate resta intatto, come straordinaria è la varietà delle strade che salgono e scendono lungo i crinali delle alture, ora dolci e rilassanti, ora erte e solitarie, ma sempre immerse tra colori, suoni e profumi difficilmente esprimibili a parole. A coronamento di un itinerario da 'usato sicuro', inserisco due perle che impreziosiscono ancor più la giornata: un raro inedito a inzio percorso e il ritorno dopo non so quanti anni ad Albaretto, attraverso quella che continuo a ritenere la salita più dura di tutte le Langhe.
La partenza è anch'essa un classico dei giri in collina, piazza S.Paolo ad Alba. Esco dalla città attraverso un corso Europa semideserto, quindi punto verso Gallo per poi svoltare verso Roddi poco prima dell'ingresso in paese. Dopo aver superato il sottopasso della superstrada, giro finalmente a sinistra in direzione di Verduno, imboccando una strada che per oltre vent'anni era sfuggita ai miei radar sebbene ne conoscessi l'esistenza. È la tipica stradina di collina, stretta e nervosa, ma soprattutto imprevedibile. All'inizio costeggia l'abitato di Roddi salendo quasi impercettibilmente, poi, dopo qualche divertente saliscendi, punta decisamente all'insù verso Verduno che ormai dista poco più di un chilometro.
In pratica, quasi tutto il dilsivello dalla fondovalle alla cima delle collina si risolve in una lunga e faticosa diagonale che taglia l'altura dal basso all'alto. per un buon chilometro fino all'entrata in paese, le pendenze sono dure e costanti, con l'aggravante di un sole solo di rado schermato dall'ombra di della vegetazione. Sono comiunque a inizio tappa e le energie non mancano per superare in pochi minuti questa prima e tutto sommato inaspettata difficoltà.
Da Verduno a La Morra la strada continua a salire, ma adesso la pendenza è lieve e regolare, tanto da permettere di godersi i primi splendidi panorami che si aprono sulla pianura braidese e in fondo fino all'arco alpino. Soltanto l'ultimo mezzo chilometro prima di la Morra è di nuovo moderatamente impegnativo, ma la prima salita resta alle spalle senza particolari patemi, e una volta in cima ho temo e modo di godermi una delle più ampie visuali della zona.
Per la discesa, opto per il passaggio da Santa Maria che prosegue in lungo falsopiano fino a Gallo, dove stavolta entro in paese per poi puntare decisamente verso Serralunga. È la seconda salita di giornata, circa cinque chilometri su pendenze sempre pedalabili che solo a tratti superano il 5%. Nessun problema, dunque, a parte il caldo che inizia a farsi sentire di più, ma il contorno è riposante e un paio di chilometri dopo l'uscita dal paese è di nuovo ora di scendere, stavolta lungo una stradina secondaria che attraverso filari e tratti boscosi finisce a picco sul Talloria, sotto l'abitato di Sinio. È qui che mi viene l'insana idea, in un primo momento scartata, di salire in cresta scalando il 'muro' di Albaretto: è una salita di circa tre chilometri, durissima dal primo all'ultimo metro, che in passato mi ha costretto al piede a terra, ma oggi mi sento ancora abbastanza bene per tentare l'impresa. Prima della prevedibile sgobbata, ho però bisogno di riprendere fiato e soprattutto di bere, perchè la temperatura aumenta velocemente. L'unica è quindi salire a Sinio alla ricerca di un bar: per il centro del paese c'è un buon chilometro di salita rispetto alla fondovalle, ma ne vale davvero la pena, perché Sinio è talmente nascosta da essere rimasta praticamente ignorata dall'espansione edilizia degli anno 60 e 70, e la piazza centrale è un piccolo gioiello architettonico.
Dopo la pausa, sono pronto all'impresa. Appena ridisceso a fondo valle, la strada della valle Talloria si rirama: a destra, si sale sopra Roddino attraverso lunghi tornanti regolari; a sinistra, si punta dritto su Albaretto in una serie di drittoni da tolgiere il fiato. Ancor prima che la strada cominci a salire, un inquietante cartello prefigura pendenze al 18%, forse è un po' eccessivo, ma non siamo distanti dalla realtà. L'inizio della salita è scandito da tre tornanti intervallati da rampe al 10% che percorro senza forzare la mano, in attesa di dare tutto nei passaggi successivi, quando l'obiettivo sarà quello di non scednere dalla bicicletta. Dopo un brevissimo tratto in cui la strada spiana, entro nel punto più duro della salita, più o meno all'altezza della chiesetta di Sant'Eufemia: qui le pendenze sono al 15%, le curve sono larghe e non è assolutamente possibile prendere fiato. L'unica è stringere i denti e proseguire metro dopo metro nella speranza che prima o poi la salita diventi più umana. Non so quanto sia lungo questo tratto, so solo che è sofferenza pura, impossibile distogliere un grammo di energia per alzare la testa a guardare il magnifico panorama che si apre davanti e dietro di me.
Quando finalmente, dopo un ultimo strappo, la salita si decide a farsi meno aspra, ho modo di riprendere un po' di fiato e soprattutto di accorgermi che davanti a me appaiono già le case di Albaretto, ma manca ancora più di un chilometro, poco più tenero di quello che ho lasciato alle mie spalle. All'uscita da una curva, altro cartello che indica la pendenza del 18%, e infatti la strada torna ferocemente a impennarsi sotto i pedali. Ce la metto tutta per non andare troppo in affanno, adesso il sole picchia duro e a complicare le cose parecchio sudore mi entra negli occhi. La sensazione di bruciore si somma alla fatica, in un paio di rampe alleggerisco lo sforzo zigzagando, ma una pedalata dopo l'altra capisco che ormai è fatta, alla fine arrivo a un curvone molto più leggero dove mi prendo il lusso di cambiare rapporto e apprezzare il paesaggio dell'alta langa accesa di un verde più luminoso del solito. L'ingresso in Albaretto è preceduto dall'ennesimo strappo sopra il 10%, ma ormai non fa più paura e lo supero con un allungo in piedi sui pedali.
Da Albaretto, raggiungo in fretta la provinciale di cresta che nel giro di poco comincia a scendere prima a Montelupo e poi a Diano, col solo intervallo di un altro chilometro di salita che a questo punto è poco più che solletico.
Da Diano ad Alba sono altri 7 chilometri di discesa panoramica, con spettacolare ingresso in città dalle collinette che la sovrastano. Nel complesso, un giro straordinario attraverso strade uniche per bellezza e varietà tecnica, l'allenamento ideale in vista del Tour.
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