Diano Marina - Imperia - Pontedassio - Chiusavecchia - Cesio - Colle San Bartolomeo - Pieve di Teco - Acquetico - Pornassio - Colle di Nava - Ponte di Nava - Cantarana - Passo di Prale - Colle di Caprauna - Caprauna - Alto - Nasino - Martinetto - Cisano sul Neva - Albenga - Alassio - Laigueglia - Capo Mele - Andora - Capo Cervo - Cervo - San Bartolomeo al Mare - Diano Marina (Km 121)
Alpi Marittime ancora protagoniste per un giro che mette in fila lo scavalcamento di tre colli di difficoltà e altitudine crescenti, per uno sviluppo complessivo di oltre 120 chilometri. Lunghezze e pendenze delle salite non sono mai eccessive, ma messi tutti insieme San Bartolomeo, Nava e Caprauna totalizzano quasi 30 chilometri e 2000 metri di dislivello; se non siamo su livelli estremi, c'è comunque parecchio da sgobbare, tenuto conto anche del fatto che neppure i 20 chilometri finali saranno facilissimi, con l'incognita del vento e ancora i capi Mele e Cervo da scavalcare. Tralasciando l'aspetto tecnico, è curioso il continuo passaggio tra le province di Imperia, Cuneo e Savona, dovuto all'attraversamento dell'enclave piemontese dei comuni di Caprauna e Alto nell'alta valle Pennavaira.
Un percorso con queste caratteristiche da maratoneta avrebbe richiesto una partenza di primo mattino, invece mi sveglio abbastanza tardi e comincio a pedalare con oltre un'ora di ritardo rispetto a quanto preventivato; visto che non ho nessuna intenzione di forzare i tempi, questo significherà arrangiarsi a pranzo presumibilmente intorno a metà strada, una volta lasciate alle spalle le maggiori difficoltà altimetriche.
Primi chilometri dunque molto sottoritmo per raggiungere prima Imperia e poi Pontedassio, da dove si comincia a salire molto dolcemente fino a Chiusavecchia su strada abbastanza trafficata, tranne nei tratti in cui lascio la statale per attraversare i paesi. Da Chiusavecchia ha inizio la prima e più facile salita del giorno, che in circa 10 chilometri mi porterà al colle di San Bartolomeo, lungo una strada contornata da ulivi o boscaglia; ascesa che non presenta difficoltà particolari (la pendenza media non raggiunge il 5%) e che peraltro spezzo in due con una sosta programmata a Cesio per la colazione. Da Cesio al colle, poi, la salita si fa ancora più agevole, e supero il primo GPM del giorno senza aver speso nemmeno un grammo di energia più del necessario, presupposto fondamentale per affrontare i quasi 100 chilometri che ancora mancano alla fine del giro.
La prima discesa del giorno mi riporta rapidamente ai 250 metri di Pieve di Teco, dove mi ricongiungo definitivamente alla statale e attacco la seconda salita, ben più impegnativa, al colle di Nava, che conosco bene per averlo valicato innumerevoli volte in macchina, ma mai in bicicletta dal versante ligure. Anche in questo caso, i chilometri di salita sono 10, ma stavolta si sale davvero, con pendenza media al 7% e punte sopra il 10 all'altezza di Acquetico e Pornassio, i due maggiori centri abitati che si incontrano lungo il tragitto verso i 934 metri del passo. Affronto la strada senza ansia, attento a non strafare quando le pendenze aumentano e a mantenere un passo regolare nei punti in cui tornano al 5-6%. Il traffico per fortuna è diventato scarso, e l'ambiente adesso pienamente montano mi accompagna senza affanni fino al bivio per Cosio, a un paio di chilometri dallo scollinamento, quando l'impressione di essere più vicino al colle mi induce ad aumentare un po' l'andatura; risultato, 100 metri di fiatone prima di rendermi conto che manca ancora parecchio alla fine della salita, rallentare il giusto e arrivare infine al Nava dopo 47 chilometri in sella.
Mi fermo al colle per dissetarmi e la prima cosa che noto è che, come previsto, dalle montagne verso il confine con la Francia si stanno formando nuvole non troppo promettenti. Le previsioni meteo davano possibilità di pioggia nel pomeriggio, ma io dovrò proseguire in direzione opposta, e comunque un po' di pioggia sarebbe la benvenuta in questi giorni torridi. Nel frattempo, una breve discesa mi porta per la prima volta in provincia di Cuneo all'altezza di Ponte di Nava, e quindi alla frazione Cantarana di Ormea, dove lascio la statale per svoltare a destra in direzione di Albenga, da raggiungere non prima di essere salito ai 1375 metri del colle di Caprauna, Cima Coppi del giorno.
La terza salita del percorso è la più breve (solo otto chilometri, comprensivi di 500 metri in discesa), ma anche la più dura, per le sue pendenze costanti intorno all'8% con punte prolungate oltre il 10, e naturalmente perché la affronto avendo già speso parecchie energie negli oltre 50 chilometri precedenti. Superato il ponte sul Tanaro, il Caprauna propone subito il suo volto più arcigno, con un chilometro abbondante al 10-11% che rappresenta il passaggio più difficile di tutto il giro e che lima buona parte delle energie residue, poi la strada spiana prima di raggiungere l'abitato di Prale, dove si incontra la contropendenza, breve ma abbastanza accentuata.
La salita riprende poi ostinata, ma senza presentare più pendenze a doppia cifra. Dopo circa un chilometro al 6-7%, si sale successivamente all'8 fino al passaggio intermedio al passo di Prale, che segna il confine tra le province di Cuneo e di Imperia, dal momento che l'ultimo tratto di salita si snoderà in alta valle Arroscia. L'apparizione a oltre tre chilometri di distanza delle pale eoliche che sovrastano il passo può essere ingannevole, perché la salita è costante e, contrariamente alla sensazione visiva, il passo sembra non arrivare mai, e quando infine lo si raggiunge le fatiche non sono affatto terminate. Il chilometro che manca al colle di Caprauna è infatti al 9% e richiede un ultimo sforzo importante, compensato per fortuna da un panorama adesso molto ampio sulla catena delle Alpi Marittime.
Raggiunto il colle, che segna il temporaneo ritorno in Piemonte, scambio quattro chiacchiere con un paio di ciclisti che stanno facendo più o meno il mio stesso giro in senso inverso, poi comincio l'interminabile discesa di quasi 30 chilometri che mi porterà a Martinetto, e da qui ad Albenga, 10 chilometri più in là. E' una discesa bella e ampia che mi permette di rifiatare, sennonché il cielo nel frattempo si è decisamente rannuvolato e qua e là comincia a cadere qualche goccia di pioggia, cosa che comunque non mi fa recedere dal proposito di fermarmi ad Alto per mangiare un bel panino.
Uscito dal paese, rientro poco dopo in Liguria, stavolta in provincia di Savona, per la seconda parte della discesa, con la minaccia di pioggia che si fa sempre più concreta e il vento che aumenta di intensità man mano che mi avvicino al mare. Le difficoltà altimetriche sono quasi interamente alle spalle, ma mancano ancora parecchi chilometri e il timore di un cedimento mi consiglia di mantenere un'andatura comunque moderata.
Arrivo ad Albenga al centesimo chilometro, e come raggiungo il lungomare ho la conferma della legge del ciclista: rispetto a tre giorni prima, la direzione del vento si è invertita e anche questa volta mi tocca concludere un giro lungo e dispendioso pedalando col vento in faccia. Supero il morbidissimo Capo di Santa Croce, e una volta sceso ad Alassio mi aspetta l'ultima sorpresa del giorno: la pioggia che aveva tenuto anche in montagna arriva proprio in riva al mare e mi farà compagnia per qualche minuto fino a Laigueglia, senza tuttavia rappresentare un fastidio.
L'ultima dozzina di chilometri, col sole che fa velocemente ritorno e gli ultimi ostacoli dei capi Mele e Cervo, servono solo a certificare che le forze sono ormai al lumicino, ma nel giro di qualche minuto ritorno definitivamente al livello del mare e chiudo il giro più impegnativo dell'estate, su strade non eccezionali ma di un livello qualitativo medio di tutto rispetto, quel che ci si aspetta quando in una giornata si riescono a coniugare mare e monti.
il meglio del giro
Giro senza singoli spunti assolutamente memorabili, che ha il suo maggior pregio nel disegno complessivo. Il Caprauna dal versante piemontese è comunque una salita di tutto rispetto.
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