
Pratolungo - colle della Lombarda - Pratolungo (Km 42,2)

Parto direttamente dal bivio dalla stata le colle della Maddalena. È una strada che mi manca da parecchi anni, ma la conosco bene, in particolare la ricordo piuttosto discontinua, da affrontare con lucidità.

Attacco i primi lunghi rettilinei di questo tratto con buona scioltezza, ho preso un ritmo discreto e sto giusto pensando che sto salendo col passo giusto quando un ragazzo su mountain bike mi prende d'infilata spingendo un rapporto che per me sarebbe impossibile. Nel giro di pochi minuti esce dalla mia visuale, e mi viene inesorabile il dubbio di star andando in realtà pianissimo. Non penso nemmeno a forzare l'andatura e mi rassegno a proseguire la salita col mio passo, in attesa che i prossimi chilometri chiariscano il mio attuale stato di forma.


Tra i chilometri 9 e 10 raggiungo il penultimo della serie, che sta entrando in crisi, e metto nel mirino l'ultimo, che sale di buon passo non più di una ventina di secondi davanti a me. È il punto in cui la strada spiana nettamente per un paio di chilometri prima del bivio per il santuario, la cosa da fare sarebbe tirare il fiato in attesa dei chilometri finali, ma la prospettiva di raggiungere il tipo è troppo ghiotta e allungo il passo per prenderlo prima del bivio. Caso vuole che in quel momento lui stia rifiatando, per cui la mia idea di fare un bel pezzo alla sua ruota svanisce. Non posso variare così nettamente il ritmo, per cui dopo qualche parola proseguo in solitudione lasciandolo alle mie spalle.
A conti fatti è un brutto errore strategico. Dopo il bivio per il santuario, la strada torna a impennarsi su pendenze vicine al 10% per almeno un paio di chilometri in cui si raggiungono i 2000 metri e dall'altra parte della valle si scorge il santuario. Mancano più di 5 chilometri alla vetta, il peggio è ormai ampiamente alle mie spalle dal punto di vista altimetrico, ma le ultime severissime rampe mi sono costate uno sforzo troppo grande per le mie attuali condizioni.

Rifiato e bevo per un paio di minuti, poi mi rimetto in sella. Adesso la salita sarebbe davvero facile, da cambiare e chiudere in quasi in volata, ma non per me in questo momento. Ogni pedalata costa una fatica impossibile da descrivere, sono all'ultimo chilometro quando, dulcis in fundo, arriva anche la temutissima fringale, la crisi di fame dovuta a calo inesorabile di zuccheri che ti farebbe addentare qualunque cosa anche nel massimo dello sforzo. Ho osato troppo nei primi 15 chilometri, quando la gamba girava, e adesso impiego dei quarti d'ora a completare il tratto più facile della salita. Sono cose che capitano, non c'è da farne un dramma, ma con un minimo di sagacia in più avrei evitato questo piccolo calvario.

Il tempo di scattare qualche foto e mi rendo conto che la temperatura è bassina, per cui è meglio coprirsi un po' e poi attaccare la discesa. La ricordavo molto sconnessa soprattutto fino al bivio del santuario, invece il passaggio del Tour ha fatto il miracolo: il fondo è abbastanza buono, e sebbene nei primi chilometri faccia freddino, non c'è mai la sensazione di pericolo. Mi fermo di tanto in tanto a fare una foto nei punti più panoramici, supero il falsopiano al contrario, le serie di tornanti, i lunghi rettilinei fino alla dogana, i tornantini finali e il giro è finito. Sono stanchissimo, ma l'appagamento è di gran lunga maggiore della fatica, e credo di aver trovato la gamba giusta per non farmi più fregare da qui a fine stagione.
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