Susa - Venaus - Novalesa (abbazia) - Moncenisio - SS25 - Susa (Km 33,8)
Primo traguardo stagionale, GPM di Moncenisio per il passaggio del giro in Piemonte. Il programma che avevo pensato dopo l'annuncio della Cuneo-Pinerolo era un 'altro, il giro del Colle della Scala e del Monginevro, poi la modifica della tappa e, per me, l'inserimento di una salita più breve ma decisamente più dura. Nel complesso, è andata bene così, i luoghi percorsi sono molto belli, la salita difficile e tecnica, il panorama da Moncenisio spettacolare, il passaggio della corsa emozionante malgrado tutte le tare che questi anni impongono quando si parla di ciclismo professionistico.
Partenza da Susa dal piazzale della stazione, il tempo di raggiungere la fine della cittadina e la strada s'impenna decisa. Un cartello indica addirittura il 10%, direi che siamo ben al di sotto, attorno al 7%, ma gamba e polmoni sono ancora freddi e il primo chilometro lo faccio tranquillo, tanto più che raggiunto il bivio a destra per Venaus la strada prima scende per qualche centinaio di metri, poi riprende a salire per un paio di chilometri in leggerissimo falsopiano, che si pedala comodamente col 53. La strada è ampia e a lunghi tratti rettilinea, anche se è abbastanza presto si formano i tipici gruppetti di suiveurs, in genere gente piuttosto tranquilla, ma non manca chi cerca l'impresa personale.
Dopo Venaus, segue un altro paio di chilometri fino a Novalesa caratterizzati da un incremento delle pendenze, che adesso raggiungono il 6-7%, niente di drammatico, ma si capisce che un po' alla volta si sta per entrare nel vivo.
A Novalesa, breve excursus di carattere culturale, con deviazione di circa un chilometro per raggiungere l'abbazia, molto bella la costruzione in pietra immersa nel verde, ma una volta raggiunta ho un po' di delusione: la facciata è ottocentesca, l'interno non presenta niente di memorabile e l'accesso al chiostro è chiuso da un portone. Almeno non ho il rimpianto di non esserci andato...
Appena lasciato alle spalle il paese, lo scenario cambia bruscamente. La strada si restringe della metà e, soprattutto, la salita si inasprisce sotto le ruote. Per un paio di chilometri le pendenze sono discontinue, tratti intorno al 10% alternati a rampe più dolci utili per rifiatare nel gran caldo che tormenta anche intorno ai 1000 metri di altitudine. Nel serpentone di cicloamatori comincia a incontrarsene qualcuno che si ferma a respirare, il famoso 'piede a terra'. Procedo col mio passo incurante di chi mi doppia, l'obiettivo è la vetta ancora lontana, e so che la parte peggiore deve ancora arrivare. Sono quattro chilometri consecutivi con pendenza media superiore al 10%, il terzo di questi all'11% con una lunga rampa al 15%: percentuali che fanno paura e che vanno affrontate con la dovuta cautela. Pedalata dopo pedalata mi rendo conto di tenere botta, i frequenti tornati aiutano a variare il ritmo e solo in un paio di occasioni devo zigzagare per qualche decina di metri. Anche in questi casi, la gente a bordo strada e la convinzione che il tratto più duro sia quello che ho sotto i pedali spingono a non mollare.
In un momento di relativa calma, chiedo a un tale quanto manca: un chilometro e mezzo, ma ancora un paio di curve difficili poi spiana. Non è assolutamente vero, il tratto pedalabile dura sì e no 200 metri, poi si riprende a sgobbare per tutto l'ultimo chilometro, con le energie che iniziano a scarseggiare, ma a questo punto manca davvero poco e si cominciano a intravvedere le abitazioni di Moncenisio; ancora un tornante transennato ed ecco finalmente lo striscione del GPM, altitudine 1420.
Non resta che sistemarsi su un pratino, mangiare e aspettare i corridori dando un'occhiata ai faticatori che arrivano alla spicciolata, chi trovando la forza di piazzare un ultimo scatto che reggendo l'anima coi denti. Una cosa è certa: i pedalatori della domenica sono tutti al Sestriere, qui è tutta gente motivata e preparata, la durezza dei una salita posta a più di 100 km dal traguardo ha dissuaso l'improvvisazione. In tutta la giornata mi capita di vedere una famigliola con bimbi al seguito e non più di un paio di ciclisti sovrappeso. Reggere ancora dignitosamente certe imprese e certi confronti è una bella soddisfazione.
Quando poi cominciano a voltegiare in cielo gli elicotteri, tutte le dietrologie sul ciclismo vanno temporaneamente in frigo, c'è spazio solo per l'adrenalina della gara: ecco Garzelli che sale come un motorino, a qualche secondo uno spagnolo sulle gambe, poi finalmente il gruppetto della magia rosa tirato nientemeno che da Armstrong in persona. Segue il rosario dei gruppetti anonimi fino alla 'rete' dei velocisti che salgono a velocità cicloturistica.
Qualche minuto, ed è tempo di scendere dall'altro versante, strada nel bosco molto bella (e molto meno ripida) fino al ricongiungimento con la statale del colle, poi giù a Susa su strada filante e panoramica. Arrivato alla macchina, il pensiero corre già al 21 luglio: il Tour al Gran S.Bernardo.
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