giovedì 21 maggio 2009
Io sto con Lance
Sono salito a Moncenisio per rivedere in faccia a distanza di otto anni uno dei più grandi (e controversi) atleti di sempre. Temevo di non riuscire neppure a individuarlo, intruppato in una divisa anonima a centro gruppo, invece mi è sfrecciato a pochi centimetri di distanza tirando in prima persona il gruppetto della maglia rosa, sgobbando al servizio di un compagno che mai avrà un'unghia del suo valore e del suo carisma.
In precedenza l'avevo visto dal vivo una volta sola, ma in occasione di uno dei suoi trionfi più memorabili: Aix-Les-Bains - Alpe d'Huez, 2001, tappone con Madeleine, Glandon e finale sull'Alpe col canonico paio di minuti rifilato ai rivali di turno Ullrich e Beloki.
Un'immagine che mi resterà negli occhi per sempre, il texano piomba sull'ultima curva a gomito prima del traguardo come se fosse partito 100 metri prima, l'ammiraglia che lo segue è costretta a una frenata secca per riuscire a tenere la strada, ricordo nitidamente lo stridore dei pneumatici sull'asfalto. Il tempo di recuperare la mandibola crollata al livello del suolo per lo sbigottimento, e Lance sta già tagliando il traguardo brandendo un pugno al cielo 200 metri più in là.
Negli anni ho visto Roche ad Aosta, Bugno a Cuneo, Chiappucci al Sestriere, Indurain a Isola 2000, Pantani a Val Thorens e sul Fauniera, per citare solo alcune delle imprese più belle di uno sport fasullo, era gente che ai tempi d'oro dell'EPO accompagnava le vittorie con espressioni stravolte dalla fatica, gambe che mulinavano impazzite sotto busti e facce impietriti dallo sforzo e dalla concentrazione. Lance no, quel giorno come tanti altri stravinse con i lineamenti distesi sul volto, padrone del suo corpo dal primo all'ultimo tendine, tanto da darmi la certezza che le sue carte fossero truccate, e pure malamente.
Eppure sono sempre stato con lui, col fenomeno che a 22 anni diventa il più giovane vincitore di una tappa al Tour e di un Mondiale su strada, sotto il diluvio di Oslo; con la commovente vittoria nel 95 tre giorni dopo la morte di Casartelli; con i 7 Tour dominati dal 1999 al 2005; con l'arroganza di correre un mese all'anno ostentando l'impunità del capobranco che umilia i reietti alla Simeoni che osano insinuare su di lui; con la decisione di tornare ancora sulla scena dopo altri tre anni di stop, anche a costo di rimediare qualche brutta figura; con le sue campagne pubblicitarie e le sue fondazioni che forse gli apriranno le porte della carriera politica; con quel cognome che fa pensare alla Luna.
Sto con lui perchè è un eroe a tuttotondo, come i semidei dell'antichità che dopo aver duellato con la morte ritornano più forti di prima, sbaragliano tutto e tutti, spostano il traguardo ogni volta più in là, annichiliscono i limiti naturali, scendono a patti col diavolo pur di farcela, sempre sorretti da un'insaziabile volontà di vivere ogni secondo della vita da protagonisti, una volontà più forte di qualunque destino avverso che solo pochi esseri umani possiedono e che li distingue dalla massa, la quale dopo una breve fase di ammirazione immancabilmente li invidia e li combatte.
Sto con Lance perché è un Ulisse che se ne frega delle colonne d'Ercole.
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