venerdì 21 dicembre 2018

Solo e pensoso le più deserte colline


Ceva - Paroldo - Bragioli - Monesiglio - Brondo - Mimberghe - San Benedetto Belbo - Passo della Bossola - Pedaggera - Ceva (Km 53)


L'altra faccia delle Langhe. Dure, aspre, fredde, solitarie, inospitali. Più montagna che collina, questa striscia di alture al confine con la Liguria, dove prati e boschi disegnano il paesaggio, e l'autunno inoltrato ci aggiunge il carico dell'aria fredda e umida e delle nuvole basse che si mangiano strade, paesi e panorami. E' metà novembre, a quest'ora secondo le mie abitudini sono già in letargo da due o tre settimane, ma questo è stato un anno anche ciclisticamente meno pianificato del solito, e quindi ci sta una chiusura fuori dagli schemi: poco svago, la giusta abnegazione e tanta testardaggine in un giro che alle difficoltà ambientali aggiunge l'ostacolo tecnico del famigerato Muro di Brondo, uno dei maggiori spauracchi di tutte le langhe e che finora avevo sempre scartato, appunto perché fuori dalle mie corde fisiche e dalle mie consuetudini mentali.

Quando parto da Ceva a mattina ben inoltrata, il cielo è plumbeo e la temperatura sui 7-8 gradi con altissimo tasso di umidità. La mia speranza che avvicinandosi a mezzogiorno la situazione possa migliorare sensibilmente è destinata restare in buona parte delusa, ma per il momento il freddo non è un grosso problema, dal momento che i primi dieci chilometri saranno in moderata salita, l'ideale per far entrare i muscoli in temperatura senza traumi. Per 5 chilometri abbondanti, è in realtà una forzatura parlare di salita, visto che la strada risale in falsopiano il corso di un torrentello, guadagnando la miseria di 100 metri di quota: in questo primo tratto, l'evento più significativo è che devo rinunciare agli occhiali, visto che l'umidità è tale da formare in un paio di minuti uno spesso strato di condensa sulle lenti.
Lasciato alle spalle il piccolo centro abitato di Bovina, la strada svolta decisamente a destra e con una serie di tre tornanti ravvicinati comincia a scalare il versante della linea collinare, di cui raggiungerà la cresta un paio di chilometri più avanti, all'altezza di Paroldo, inglobata dalla nebbia e per l'occasione in una veste spettrale che ne giustifica l'appellativo di "paese delle Masche". La posizione elevata raggiunta dovrebbe a questo punto garantire panorami a perdita d'occhio, peccato che la visibilità sia ridotta a pochi metri davanti alla ruota della bicicletta, ma forse almeno oggi è meglio così, per le dolci Langhe c'è stato il giro precedente, stavolta c'è solo da portare a termine un percorso ruvido come il 2018 che sta per chiudersi.
Per un paio di chilometri dopo Paroldo si continua a salire intorno al 5% dentro il mare bianco delle nuvole, fino a raggiungere la statale per Montezemolo che imbocco invece a sinistra verso Murazzano. Un chilometro e mezzo in quota, poi subito svolta a destra in direzione di Monesiglio; stavolta ci sono da affrontare in discesa i due chilometri che scendono al Belbo attraverso Bragioli, e a parte l'asfalto bagnato la bella sorpresa è che la valle Belbo è abbastanza risparmiata dalla nebbia, così come lo sarà, dopo circa un chilometro di risalita per guadagnare lo spartiacque, la valle Bormida.
La discesa a Monesiglio, con attraversamento del paese, e i successivi due chilometri di fondovalle, rappresentano una parentesi di quiete prima della tempesta. Il cosiddetto muro di Brondo gode fama di essere di gran lunga il versante più difficile per salire a Mombarcaro, e devo dire che l'idea che mi sono fatto esaminando le altrimetrie è che la durezza reale sia un po' gonfiata dalla voce popolare, avendo già sperimentato e superato senza troppi problemi versanti impegnativi come quelli di Valle, Lunetta, Mimberghe o Noceto. Una volta sotto le ruote, confermo invece che la fama è ampiamente meritata: per quattro chilometri e mezzo, se si escludono poche centinaia di metri dopo l'abitato di Brondo e appena prima del termine della salita, non c'è letteralmente un metro per rifiatare, le percentuali sono costantemente superiori al 10%, le rampe sono tutte micidiali, i tornanti troppo stretti per dare respiro, e quando ogni tanto la pendenza varia non è per diminuire, ma per presentare improvvisi e terrificanti strappi sopra il 15%; se non siamo al livello dei due chilometri finali del colletto del Moro, ci manca davvero poco e lo sforzo richiesto sembra interminabile a dispetto della brevità della salita.
Raggiunta infine la strada proveniente da Niella, evito di salire a Mombarcaro e scendo direttamente a San Benedetto attraverso la scorciatoia di Mimberghe, un paio di chilometri ripidi e freddi che tuttavia mi risparmiano un giro molto più lungo. Sceso al ponte del Belbo, mi aspettano ancora i due chilometri e mezzo di risalita al passo della Bossola, una fatica che mi sarei volentieri risparmiato dopo quella appena affrontata, ma è davvero l'ultima dell'anno e la supero con pazienza evitando guai ulteriori. Arrivato infine alle porte di Murazzano, finisco nuovamente immerso nella nebbia e raggiungo infine la Pedaggera con l'umidità nelle ossa, ma pronto a percorrere in discesa gli ultimi chilometri della stagione.

il meglio del giro

Trovare qualcosa di positivo in una sfacchinata tutto sommato fine a sé stessa come il muro di Brondo sembra un controsenso, eppure sono contento di averlo fatto. Misteri della bicicletta.

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