San Leonardo in Passiria - Valtina - Passo di Monte Giovo - Valtina - San Leonardo in Passiria (Km 43)
Straordinaria trasferta in Alto Adige con obiettivo principale nella conquista del passo del Rombo, il valico italo-austriaco simbolo della Oetztaler-Radmarathon, la più dura corsa amatoriale del panorama internazionale. Non ho mai partecipato a una granfondo e avrei bisogno di tre giorni per portare a termine un percorso del genere, ma non rinuncio alla curiosità di provare strade e percorsi sempre nuovi, e il Rombo era da anni un'idea che mi frullava per la testa.
Per una volta, poi, le circostanze mi offrono addirittura un giorno in più a disposizione, e così posso approfittarne per aggiungere la scalata al fratello minore del Rombo, il passo di Monte Giovo (o semplicemente di Giovo) che collega la val Passiria con quella dell'Isarco, un nome forse meno altisonante, ma degno del massimo rispetto, visto che si parla di una salita di oltre 20 chilometri che culmina oltre la soglia dei 2000 metri.
Ho base a San Leonardo, paese principale della valle, che raggiungo all'ora di pranzo dopo un viaggio di oltre 4 ore. La giornata è splendida, e ho tutto il tempo di sistemarmi in albergo, consumare un buon pasto e riposarmi mezz'oretta, prima di prepararmi a una salita che in un altro momento avrebbe rappresentato una meta ambitissima, ma che in questo caso avrà la valenza di un allenamento di lusso e pertanto andrà affrontata con l'obbligo di non strafare: sarebbe davvero il colmo cedere sul Rombo per aver esagerato sul Giovo.
Per fortuna, il Giovo è una salita che calza come un guanto sulle mie caratteristiche e sulle mie preferenze tecniche. Lunga ma regolare, non presenta praticamente mai pendenze sopra il 10%, e consente per lunghi tratti di procedere col pilota automatico attraverso un percorso scandito da 11 tornanti, ognuno segnato dalla rispettiva altitudine; sarebbe però un errore prendere il Giovo sottogamba, perché la sua pendenza media del 7% è addirittura superiore a quella del Rombo (6,8%) e perché quando si sale a certe quote le crisi sono sempre dietro l'angolo.
Dopo un chilometro per raggiungere San Leonardo e un altro per attraversare il caratteristico centro del paese, la salita entra immediatamente nel vivo. Il chilometro che porta al primo tornante è abbastanza impegnativo, e quando le rampe successive portano a un punto panoramico attrezzato, non si può fare a meno di soffermarsi ad ammirare dall'alto San Leonardo e buona parte della bassa val Passiria, coi suoi prati di un verde intensissimo contornati da pinete e da alti speroni rocciosi.
Quando la strada all'altezza del secondo tornante si infila nella pineta, inizia una fase interlocutoria di circa quattro chilometri nella quale si superano altri tre tornanti molto distanziati: in questo settore, la pendenza si mantiene tra il 6 e il 7% e si riesce a sviluppare una buona velocità, grazie anche a un fondo stradale semplicemente perfetto, come dalle nostre parti ci si sogna anche in pianura; se poi si ha voglia di confrontare la manutenzione e la cura dell'ambiente montano nel suo insieme con quello piemontese o (peggio ancora) ligure, il paragone è imbarazzante, e credo che non sia soltanto una questione di risorse economiche: in Alto Adige esiste una vera cultura e un orgoglio del vivere in montagna che si riscontra nella vista complessiva come in ogni piccolo dettaglio.
Alla soglia dei 1200 metri, si esce momentaneamente dal bosco per risalire un vallone da favola, tre chilometri altamente spettacolari lungo i quali si attraversa una serie di piccoli agglomerati che formano il paese di Valtina, e che terminano quando si raggiunge il sesto tornante, con la pendenza che nel frattempo è aumentata di un punto.
Mancano a questo punto nove chilometri alla vetta, e inizia la parte più dura della salita, con pendenze che si attestano tra il 7 e il 9% con qualche punta sopra il 10, e solo l'ultimo chilometro, ancora lontanissimo, concederà un po' di respiro. Quando dopo quattro impegnativi chilometri doppio il nono tornante, per la prima volta riesco a individuare chiaramente il passo, un'immagine piuttosto sconfortante, dato che dopo oltre 15 chilometri di salita appare quasi irraggiungibile, ancora cinque chilometri e quasi 400 metri più in su.
Le gambe fino a questo punto stanno girando a meraviglia, ma adesso si tratta di resettare tutto quello che mi sono lasciato alle spalle e concentrarmi su un finale che si annuncia davvero duro, come fosse una salita a sé, coi prossimi quattro chilometri che non si schioderanno dal 9%, man mano che la pineta si diraderà e che la quota si avvicinerà e infine supererà la soglia dei 2000 metri, laddove ogni pedalata sembra costare un 20% in più.
Raggiunto il decimo tornante, la strada esce definitivamente dalla pineta e propone a questo punto i due chilometri più difficili in assoluto, disegnando un interminabile e ripido arco piegato verso sinistra. Cercando di gestire uno sforzo adesso importante, macino un metro dopo l'altro fino a raggiungere un breve tratto nel quale sono in corso dei lavori di manutenzione stradale: qui è stata disegnata una piccola variante che dopo un centinaio di metri semipianeggiante presenta il suo conto salatissimo con una rampetta micidiale al 15% con la quale ci si ricongiunge al percorso originale: una rasoiata tremenda e inattesa che per poco non mi manda fuori giri, ma poi si riprende a salire su pendenze 'normali' e nel giro di un minuto recupero il mio ritmo e raggiungo finalmente l'ultimo tornante.
Resta da percorrere un'ultima traversa di poco meno di due chilometri, ma solo i primi 500 metri richiederanno un impegno notevole, poi la strada finalmente spianerà concedendo una conclusione senza affanni. Le forze cominciano inevitabilmente a diminuire, ma il panorama è adesso grandioso, e riesco a terminare la parte più impegnativa secondo i miei piani, senza entrare in riserva e senza aver appesantito eccessivamente i muscoli.
Al colle, purtroppo deturpato in parte da un enorme traliccio, una giornata perfetta mi permette di immortalare qualche scorcio da riporre nell'album dei ricordi e di godermi un quarto d'ora di sole: è andato tutto talmente bene che per qualche ora mi balena l'idea di inserire anche il Pennes per il giorno dopo. A sera, considerato che tra San Leonardo e Sarentino ci sono 80 chilometri e che il vero obiettivo è comunque fissato per mercoledì sul Rombo, decido con qualche rimpianto di soprassedere, magari sarà un buon pretesto per tornare fra qualche anno da queste parti.
Nel frattempo, è già arrivata l'ora di salutare il passo di Monte Giovo e affrontare con tutta calma quella discesa che nel 1994 mostrò al mondo un nuovo campione che nei cinque anni a venire avrebbe acceso una passione mai più avvicinata da nessun altro ciclista, quel Marco Pantani che scendendo come un siluro lungo i tornanti del Giovo avrebbe colto a Merano la sua prima vittoria al Giro d'Italia; il giorno dopo, sul Mortirolo, sarebbe nata la sua stella, splendente quanto effimera.
il meglio del giro
Il Giovo è una salita meno nota e pubblicizzata di quanto meriterebbe, e i chilometri a cavallo di Valtina sono una rappresentazione a cielo aperto del Sudtirol: prati pettinati, borgate vissute, boschi curati. Tutto al suo posto per realizzare un perfetto connubio tra uomo e natura.
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