Cuorgnè - Castellamonte - Colleretto - S. Elisabetta - Pian del Lupo - Frassinetto - Pont C.se - Cuorgnè (Km 44)
L'estate arriva finalmente nel calendario e irrompe prepotentemente nel clima in corrispondenza col mio giro di S. Giovanni. Messa da parte l'ipotesi troppo ardita di una trasferta in Francia, scelgo una meta di mezza montagna messa in calendario da tempo e sempre rimandata per un motivo o per l'altro: il Pian del Lupo sopra il santuario di Santa Elisabetta, situato nell'Alto Canavese tra le valli Chiusella e Soana. Si tratta di una di quelle località da scovare col lanternino, sconosciute anche alla maggior parte dei torinesi, che da sempre mi piace esplorare e che molto difficilmente deludono le aspettative. Detto che il "tracciato base" percorso in questa occasione si presta a un'infinità di varianti e di integrazioni, anche la singola scalata al Pian del Lupo va affrontata con rispetto e goduta metro per metro, soprattutto se si ha la fortuna di imbattersi in una giornata più luminosa di quella toccata al sottoscritto.
Per una volta che non ho particolari problemi di orario, me la prendo con tutta calma per raggiungere Cuorgnè, col risultato che quando muovo le prime pedalate sono le 11 passate e a bassa quota ci sono già quasi 30 gradi: via libera finalmente all'abbigliamento estivo, anche se la salita, di per sé molto impegnativa, mi costerà litri di sudore. I primi cinque chilometri verso Castellamonte sono comunque in leggera discesa, poi, alla rotonda in ingresso al paese, svolta a sinistra in direzione di Castelnuovo Nigra. Dopo un altro chilometro pianeggiante, la strada comincia a salire con una certa decisione attraverso un paio di tornanti, ma presto spiana su pendenze molto moderate per circa tre chilometri, prima di un'ulteriore inasprimento che culmina al bivio per la frazione di Sant'Anna dei Boschi; all'altezza del Santuario di Piova, si abbandona poi la strada principale per raggiungere in breve l'abitato di Colleretto.
La prima metà della salita, decisamente la più agevole, è ormai alle spalle, ma quello che mi aspetta dopo un veloce rifornimento idrico è tutt'altra cosa. I sette chilometri al 9% medio che separano Colleretto dal Santuario di Santa Elisabetta sono duri, a tratti molto duri, su strada stretta e in genere piuttosto rovinata, con pochi punti in cui rifiatare e frequenti rampe a doppia cifra che il primo gran caldo dell'anno rendono ancora più faticose da superare. Già in uscita dal paese, un paio di tornantini all'altezza dell'asilo sono stati rimpiazzati da una rampa dritta e ripidissima, forse il passaggio in assoluto più duro del giro, per quanto molto breve; è comunque la prima di numerose rasoiate che lasciano il segno anche quando le pendeze si fanno meno cattive. Complici una serie di tornanti che spezzano il ritmo della salita e una folta vegetazione che attutisce il calore, riesco comunque a gestire i primi cinque chilometri senza troppi problemi, ma superato il quart'ultimo tornante prima del santuario, il sesto chilometro si presenta in tutta la sua durezza: la strada descrive un lungo arco verso sinistra su pendenze che adesso non si schiodano dal 10 al 12%, un tratto durissimo che richiede uno sforzo massimo e prolungato che diminuisce solo quando la strada esce allo scoperto poco prima dell'abitato. Con la pendenza che a un chilometro dal santuario torna intorno all'8%, sarebbe il momento di cominciare a godersi un panorama a perdita d'occhio, dal Monviso agli Appennini con in mezzo tutta la pianura e la collina torinese e monferrina; purtroppo, la pesante cappa d'afa genera una foschia limita la visuale a pochi chilometri di fondovalle, e non resta che concentrarsi sulla parte finale della salita, ancora bella impegnativa.
Arrivato infine al santuario in un bagno di sudore, mi fermo a un bar per un panino, ma le fatiche non sono ancora terminate. Mi trovo poco sopra i 1200 di quota e mancano circa 200 metri di dislivello da scalare in poco più di due chilometri, un ostacolo che sarebbe impegnativo di per sé, non fosse che da questo punto la strada, che procede ormai scoperta tra i bei pascoli alle pendici del monte Quinzeina, è tracciata in modo a dir poco schizofrenico, con rampette micidiali che si alternano ad altre pedalabili e addirittura a una breve contropendenza. Con grande sforzo, supero gli ultimi ostacoli tra mucche, rare baite e qualche vacanziero intento a prendere il sole o a prepararsi a gettarsi nel vuoto col parapendio. Quanto a me, più modestamente mi preparo a scendere a valle lungo la strada imboccando sulla sinistra la deviazione per Frassinetto.
Per circa un chilometro la strada è sterrata in condizioni ciclabili, a parte una rampa sassosa di poche decine di metri, ma il disagio è ampiamente ripagato dalla possibilità di chiudere un bell'anello scendendo a Pont. Fino a Frassinetto, il manto è peraltro recente e in ottimo stato, e permette di scendere in piena scioltezza godendosi il fresco del bosco, senza incontrare nessuno fino al paese, posto a circa 1000 metri. Da qui, si continua a scendere per una decina di chilometri su strada molto scorrevole che adesso offre delle belle panoramiche sulla valle Orco e le cime di confine ancora parzialmente innevate: peccato solo che il divertimento duri poco e che una volta sceso a Pont mi ritrovi immerso in un'autentica fornace, con una temperatura che sfiora i 35 gradi e che mi dissuade dall'allungare il giro di qualche chilometro.
il meglio del giro
Il Pian del Lupo è una salita di mezza montagna molto interessante sia tecnicamente che turisticamente. Assolutamente consigliato l'anello con discesa a Frassinetto, anche se il breve tratto sterrato può essere fastidioso da percorrere con la bici da corsa.
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