Masio - Cortiglione - Incisa Scapaccino - Nizza M.to - Calamandrana - Canelli - S.Stefano Belbo - Cossano Belbo - Rocchetta Belbo - Bosia - Cravanzana - Feisoglio - Niella Belbo - Mombarcaro - Niella Belbo - Feisoglio - Cravanzana - Bosia - Rocchetta Belbo - Cossano Belbo - S.Stefano Belbo - Canelli - Calamandrana - Nizza M.to - Incisa Scapaccino - Cortiglione - Masio (Km 133)
Dopo una bella serie di giri in montagna, culminati con le due perle francesi, cambio decisamente rotta e per l'ultima domenica di luglio opto per un giro lunghissimo per i miei parametri, che prevede la risalita di tutta la valle Belbo fino a raggiungere la classica meta di Mombarcaro, Vetta delle Langhe. Peccato che un percorso così lungo non mi permetta di disegnare un anello, ma dopo tante trasferte in macchina faticose era tanta la voglia di lasciare interamente la parola alla bicicletta, e di cose da dire le due ruote ne avranno tante anche stavolta, lungo gli oltre 130 chilometri di strada, più o meno il doppio dei miei standard abituali, pur spalmati su di un itinerario tra i meno esigenti dell'anno. Per la verità, la prima ipotesi prevedeva un percorso completamente piatto nell'alessandrino orientale, poi ha prevalso il desiderio di darmi un obiettivo da raggiungere, e così ecco spuntare un Mombarcaro diverso da quelli del passato, da guadagnare dal versante più facile, ma comunque una meta chiara verso cui indirizzare il manubrio sin dal momento della partenza.
Un giro che si caratterizza essenzialmente per la sua lunghezza non può che implicare una partenza in orario molto anticipato, dato che l'idea è di essere di ritorno per pranzo; così, le prime pedalate sono alle 6.30 lungo una deserta e silenziosa val Tiglione, una sensazione bellissima di simbiosi con l'ambiente attraversato. Dopo la salitella di Cortiglione e la discesa in valle Belbo a Incisa, inizia un lungo tratto pianeggiante di 20 chilometri fino a Santo Stefano nel quale l'unica attenzione consiste nel mantenere un'andatura controllata e costante. Da Santo Stefano al quadrivio di Campetto, seguono altri 15 chilometri in leggera ascesa con qualche passaggio un po' più accentuato prima di Cossano e dopo Rocchetta, ma nella sostanza i primi 45 chilometri del percorso corrono via senza difficoltà né particolari spunti da ricordare.
Da Campetto, comincia invece la lunghissima risalita della valle che culminerà 22 chilometri a monte, davanti alla chiesa di Mombarcaro. Il dislivello totale di circa 550 metri lascia intendere come si tratti in realtà di un interminabile falsopiano in cui il settore più impegnativo è proprio il primo, che nel giro di circa tre chilometri porta a Bosia: anche qui, la pendenza supera raramente il 6%, per poi attestarsi intorno al 4% fino a Cravanzana.
Dopo un buon chilometro in leggera discesa, la strada riprende a salire al 4-5% fino a Feisoglio, dove si entra al termine di un lungo rettilineo appena più impegnativo. Da qui, la salita diventa se possibile ancora più agevole: i cinque chilometri fino a Niella percorrono una cresta semipianeggiante molto panoramica; poi, dopo l'attraversamento del paese, si prosegue a sinistra per Mombarcaro, distante ancora sette chilometri. Anche in questo caso, dopo un chilometro con pendenza intorno al 5% che porta alla chiesa della Madonna di Niella, si procede per altri 4 chilometri sul crinale tra le valli Belbo e Bormida. In questo tratto, l'insidia maggiore è solitamente costituita dal vento che batte la strada lateralmente, ma in questo caso trovo calma piatta e non devo superare neppure questo ostacolo prima di affrontare l'ultimo chilometro in moderata salita prima dell'ingresso in paese.
L'attacco alla parte alta di Mombarcaro è parzialmente ostacolato dai banchetti di un mercato, ma non sono mai obbligato a scendere di sella e dopo un paio di tornantini posso scattare sull'ultima rampetta prima della chiesa, un brevissimo rettilineo al 10% che rappresenta pur sempe il passaggio più duro della giornata. I chilometri sulle gambe sono a questo punto già 67 e anche il dislivello piano piano è arrivato a quasi 1000 metri, è dunque il momento di una lunga sosta per mangiare un bel panino approfittando del mercato e per cominciare a pianificare il rientro. Tanto tranquilla è stata la salita, quanto da pedalare sarà la discesa, ma fermo restando che non ho nessuna intenzione di forzare il ritmo, fino a Santo stefano conto di arrivarci senza troppi problemi, e in effetti così avviene; il guaio è che a questo punto i chilometri percorsi hanno superato i cento, e ne rimangono più di 30 pianeggianti per chiudere il giro: anche un piccolo accenno di crampi da qui in avanti renderebbe un calvario la parte finale della lunga padalata.
Anche se tra Canelli e Calamandrana comincio a sentire le gambe un po' più dure, riesco comunque a mantenare una buona andatura fino a Nizza, dove conto di togliere la giacca a vento smanicata perché nel frattempo ha cominciato a fare piuttosto caldo. Non ho però il tempo di fermarmi che un ciclista mi sorpassa proseguendo per Incisa: è un momento, un piccolo sforzo per riguadagnare la sua ruota e poi senza troppi scrupoli di coscienza mi accodo facendomi tirare fino al paese dove le nostre strade si dividono, in ogni caso un'autentica manna, visto che il contachilometri segna ormai più di 120. L'ultimissima incognita è costituita dall'odiosa salitella di Cortiglione che tante volte in passato mi ha fatto soffrire e che stavolta dovrò superare con 125 chilometri alle spalle: anche in queso caso le due rampette si confermano abbastanza indigeste, ma la fatica non dura che un paio di minuti, poi sono gli ultimi otto chilometri per portare a termine il giro in condizioni tutto sommato discrete, anche se la sensazione è che la spia della riserva si sarebbe accesa di lì a poco. Un bel sollievo non averne avuto la prova.
Nessun commento:
Posta un commento