Château-Ville-Vieille - Arvieux - Col d'Izoard - Arvieux - Château-Ville-Vieille (Km 38)
Non capita tutti i giorni che un italiano vesta la maglia gialla del Tour con ottime prospettive di portarla fino a Parigi e quindi, anche se il buon Nibali non è Pantani e se l'impressione è che dopo i ritiri di Froome e di Contador il siciliano corra 'da solo', vale la pena sobbarcarsi un bel po' di chilometri per tornare dopo una decina d'anni sull'Izoard. Il dubbio della vigilia era semmai quale percorso fare per assistere alla corsa, con parecchie opzioni interessanti sulla carta. Scartata per varie ragioni la salita da Briançon affrontata dai corridori, resta da scegliere se limitarmi a salire e scendere dalla strada di Arvieux, oppure se tentare il classico anello dell'Izoard, che oltre al succulento passaggio nelle gole del Guil prevede però 30 lunghi chilometri di statale molto trafficata; dopo lunga meditazione, considerato anche lo stato di generale stanchezza di questi giorni, prevale la decisione più saggia, cioè il percorso più breve.
La partenza da Château-Ville-Vieille impone comunque una bella sfacchinata preliminare con lo scavalcamento del colle dell'Agnello, fortuna che la mattinata è molto bella e che spezzo il viaggio con un'abbondante colazione a Pontechianale; giunto alla piazzola dove lascerò la macchina, entro subito in clima Tour scambiando due chiacchiere con altri cicloturisti che si stanno preparando a partire ma che come quasi tutti optano per la salita finale a Risoul, alla fine saranno poche decine quelli che saliranno al colle dal versante inverso rispetto a quello dei corridori, e questo devo dire che toglie parecchia vivacità alla classica festa della Grande Boucle.
Meglio allora concentrarsi sulla strada, seguendo i primi cinque chilometri leggermente vallonati lungo la fondovalle del Guil, da ricordare soprattutto per il passaggio sotto l'imponente mole del Fort Queyras che domina dall'alto questa parte della valle. La fase di riscaldamento termina poco più di un chilometro dopo, quando si lascia la strada per Guillestre e si svolta a destra imboccando il vallone dell'Izoard, da cui prende inizio una scalata di circa 15 chilometri con pendenza media poco inferiore al 7%.
Il col d'Izoard, forse unico passo a essere citato in una canzone di grande successo, è una salita di media difficoltà che non va tuttavia presa sottogamba, soprattutto in una giornata di scarsa vena come quella che si prospetta sin dalle prime pedalate. I primi sei chilometri fino all'ingresso in Brunissard attraverso il passaggio ad Arvieux sono in realtà abbastanza agevoli, il classico preludio alla parte più dura dell'ascesa, anche se non mancano lunghi tratti all'8% e una bella impennata al 10% all'altezza di La Chalp. Quello che rende più difficile questo settore è però il caldo: anche in piena mattina, il sole non ha nessun ostacolo e si fa sentire intensamente lungo la strada esposta a sud. Se a questo si aggiunge la sensazione di una gamba insolitamente pesante, il risultato è una bel bagno di sudore ancor prima che inizi il duro tratto centrale che da Brunissard porta alla Casse Deserte attraverso nove ripidi tornanti.
Già dall'uscita dall'abitato di Brunissard, un lungo rettilineo al 9-10% fa capire inequivocabilmente che la musica sta cambiando, perché per tutti i cinque chilometri successivi la pendenza non scenderà al di sotto di quella soglia se non in corrispondenza dei tornanti, tutti sufficientemente larghi da consentire di riprendere fiato e rilanciare sulla rampa successiva. Sono chilometri di fatica vera, affievolita di tanto in tanto da qualche bello scorcio sulla bassa valle e finalmente dalla vegetazione che a tratti regala un riparo dai raggi del sole: una vera stranezza se si considera che ci si trova a cavallo dei 2000 metri, altitudine in cui di norma gli alberi ad alto fusto sono spariti da un pezzo. Pur impegantiva, la salita procede senza strappi, consentendo di mantenere per tutto il tempo un'andatura lenta ma costante, che solo raramente mi costringe ad alzarmi sui pedali, più che altro per variare un po' la posizione e scongiurare l'afflusso di acido lattico ai muscoli.
I tornanti si susseguono uno dopo l'altro apparentemente uguali fino a quando senza alcun preavviso si arriva alla curva a destra forse più celebre delle Alpi francesi, quella che a 2200 metri di altezza spalanca la vista alla Casse Deserte, lo straordinario monumento a cielo aperto che rende l'Izoard una delle mete più ambite da ogni cicloturista, molto al di là della sua valenza tecnica. È incredibile come nel giro di pochi metri l'ambiente cambi così radicalmente, con la pineta che lascia il posto a un paesaggio lunare fatto di sabbia franosa e di isolate guglie rocciose che punteggiano lo scosceso pendio. Non bastasse lo spettacolo naturale, al fondo di una breve discesa campeggia la stele con le effigi di Coppi e di Bobet, la carica perfetta per affrontare col giusto piglio i due chilometri che mancano al colle, ben visibile al di sopra di un'ultima serie di quattro tornantini.
Le prime rampe dopo la contropendenza della Casse sono ancora molto dure, poi, avvicinandosi ai tornanti, la pendenza si addolcisce progressivamente e l'ultimo chilometro è decisamente più facile dei precedenti, al punto che l'arrivo al colle diventa quasi una volata tra i camper e gli altri suiveurs appostati a bordo strada.
Un paio di foto ricordo, poi veloce ritorno al punto più panoramico della Casse Deserte per la lunga attesa della corsa, che come sempre passa veloce tra una chiacchiera, il passaggio della carovana con la sua raccolta di cianfrusaglie, l'arrivo degli elicotteri e infine l'apparizione in cima al colle del drappello dei primi fuggitivi, tra i quali quel Majka che si prenderà la tappa. Dopo qualche minuto, ecco il gruppo della maglia gialla, un Nibali che sembra pedalare sul velluto e che a fine giornata incrementerà di qualche secondo il suo cospicuo vantaggio sui diretti avversari.
Segue la processione degli anonimi portatori d'acqua fino al passaggio del gruppetto dei velocisti della vettura-scopa che chiude la corsa. Non rimane che ridiscendere dalla strada percorsa poche ore prima e tornare alla macchina per il lungo ritorno, con la poco piacevole sorpresa di una colle dell'Agnello nel versante italiano completamente immerso nelle nuvole a chiudere una giornata stancante ma ricca di soddisfazioni.
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