mercoledì 30 aprile 2014

Sfida al vento e alla fatica tra Montabone e Roncogennaro


Incisa Scapaccino - Castelnuovo Belbo - Bruno - Mombaruzzo - Casalotto - Castel Boglione - Montabone - Bistagno - Rocchetta Palafea - Calamandrana - Nizza M.to - Incisa Scapaccino (Km 54)


Un aprile pieno di guai si chiude con un giro utile per cercare di ritrovare un minimo di forma dopo un mese di stop, ma che giocoforza prosegue l'elenco dei percorsi interlocutori in attesa di un cambio di passo che spero si concretizzi in maggio. I tempi sono come sempre contingentati, ma la giornata è molto bella e invita a osare qualcosa in più di quanto la prudenza consiglierebbe: alla fine saranno circa 55 chilometri movimentati a cavallo delle province di Asti e Alessandria, tanta fatica lungo tutto il percorso con acido lattico a fiumi lungo cosce e polpacci, ma soprattutto la soddisfazione di essere riuscito a gestire senza andare in crisi totale anche le situazioni più complicate, quando è maggiore la tentazione di fermarsi o di dare una bella sforbiciata al giro e alle ambizioni del giorno.
Come punto di partenza scelgo Incisa Scapaccino perché mi eviterà una ventina di chilometri quasi pianeggianti e mi consentirà di raggiungere in ogni caso la valle Bormida, per il resto ho in mente un percorso di massima che manterrò pressoché inalterato anche una volta che la strada emetterà il suo verdetto. I primi sei chilometri mi portano a Castelnuovo e a Bruno attraverso un saliscendi appena accennato, con l'unico inconveniente di una piccola frana che mi obbliga a scendere un paio di volte di sella per aggirare le barriere che chiudono la strada alle auto.
Entrato nell'abitato di Bruno, la strada comincia salire verso Mombaruzzo, lontano quattro chilometri. È un versante facile, con solo un paio di rampe un po' più impegnative al termine del primo chilometro, subito compensate da 500 metri quasi in piano; in media si sale comunque tra il 4 e il 5%, pendenze ottime per scaldare le gambe senza affaticarle, e la scioltezza con cui giungo alla piazzetta centrale del paese mi illude di poter portare a termine il giro senza troppi intoppi.
A Mombaruzzo, invece di scendere verso la stazione, opto per una deviazione a destra verso Casalotto, scelta azzeccata per il bel paesaggio che si apre sulle colline di Nizza e per la tranquillità della strada, meno per la conoscenza del luogo, cosicché dopo un po' imbocco una stradina sulla sinistra che dopo circa mezzo chilometro di discesa diventa sterrata, obbligandomi a tornare sui miei passi. A parte questa digressione, i tre chilometri in prevalente discesa verso Casalotto sono tra i più belli del giro, poi raggiungo il bivio per la strada che mi porterà davvero a fondovalle attraverso un paio di curve molto ripide. A questo punto, cominciano i primi problemi: dal punto in cui mi trovo fino a Castel Boglione e poi al bivio per Montabone ci sono circa sette chilometri abbastanza vallonati, ma il guaio è che sono finito in una specie di galleria del vento, con potenti folate che oltre a rallentare la mia marcia, mi costringono a spingere più del dovuto sui pedali, col risultato che dopo solo una ventina di chilometri dalla partenza comincio a sentire il fiato corto e la pedalata leggermente appensantita, pessimo presagio per il prosieguo del giro. In certi casi, trovo più dispendioso mantenere un'andatura decente in un falsopiano controvento che in salita, e soprattutto spingere rapporti medio-lunghi in queste condizioni mi indurisce i muscoli compromettendo poi anche la resa nei chilometri a seguire.
È quindi con un certo sollievo che lascio la ventosa val Bogliona e svolto a destra verso Montabone per affrontare i tre chilometri di salita più difficili del giorno. L'ascesa, già affrontata un paio di volte in passato, è molto discontinua, sale a gradoni molto ripidi ma poi concede tratti anche abbastanza lunghi per rifiatare. Il primo mezzo chilometro è in assoluto il più ripido, con pendenze costanti tra il 10 e il 12% che mi mettono a dura prova ma che mi lascio alle spalle senza troppi imbarazzi, poi la strada spiana un po' e dopo un secondo salto all'insù, raggiungo il chilometro centrale, caratterizzato da pendenze molto morbide. Il terzo e ultimo chilometro di salita, infine, condensa in sé tutta la schizofrenia della salita, con brevi rampe a doppia cifra alternate a tratti molto facili. Alla fine, raggiungo Montabone un po' affaticato ma tutto sommato in discrete condizioni, e da qui imbocco la discesa per Bistagno in valle Bormida, trovandomi nuovamente, nei tratti da pedalare, a duellare con il vento contrario.
La discesa è comunque molto bella, tecnica il giusto nella parte centrale nel bosco, ma complessivamente panoramica e tranquilla come piace a me, affacciata sulle verdissime valli Bormida ed Erro. Quando arrivo a Bistagno ho solo una trentina di chilometri alle spalle, ma mi sento abbastanza stanco e ancora devo affrontare l'ultima asperità, i quattro chilometri di salita che mi porteranno a Roncogennaro, seguiti da altri tre di saliscendi fino a Rocchetta Palafea. In passato ho percorso questa strada solo in discesa e la ricordo abbastanza regolare, per cui l'idea è di impostare un ritmo blando ma costante e salire senza forzature. Quello che non ricordavo è però che subito dopo l'uscita dal paese c'è un lungo drittone di mezzo chilometro all'8% che mi fa affiorare un principio di crampi alle cosce. Mi alzo sui pedali e cerco il più possibile di non insistere sempre sugli stessi muscoli, poi la pendenza diminuisce gradualmente attestandosi intorno al 6% e, complice il vento adesso favorevole, trovo poco alla volta una cadenza che mi permette di procedere lento ma senza altri grossi problemi fino alla borgata Croce, dove la salita diventa un facile falsopiano fino a Roncogennaro, che supero al chilometro 36.
I chilometri vallonati fino a Rocchetta Palafea, panoramici e col vento che soffia forte alle mie spalle, sono stavolta molto piacevoli, così come la veloce discesa che mi riporta in valle Belbo all'altezza di Calamandrana.
Rimane una dozzina di chilometri pianeggianti ancora col sostegno del vento, ma l'efficacia della pedalata è ormai compromessa dall'acido lattico accumulato, e faccio fatica a trovare un rapporto da spingere per più di qualche minuto: se allungo sento male alle gambe, se scalo mi sembra di frullare a vuoto. Morale della favola, chiudo il giro molto stanco ma tutto sommato soddisfatto per aver portato a casa un discreto dislivello ed essere riuscito a centrare i principali obiettivi. Niente di straordinario, ma sono i giusti presupposti per cominciare a pensare a qualcosa di meglio e di diverso a partire dal ponte del Primo Maggio.

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