giovedì 17 ottobre 2013

Dall'ultima Langa al colle di San Giacomo


Ceva - Roascio - Ceva - Perlo - Nucetto - Bagnasco - Priola - Colle di San Giacomo - Lisio - Mombasiglio - Ceva (Km 69)


Arriva a fine stagione uno dei giri più riusciti dell'anno per varietà dell'ambiente, spessore tecnico e una volta tanto per uno stato di forma abbastanza brillante da permettermi di assaporare tutti gli aspetti positivi dell'escursione senza pagare un dazio troppo elevato alla fatica insita in un percorso di media montagna e di rilevante chilometraggio. Per l'occasione, disegno un itinerario che partendo da Ceva tocca inizialmente un brandello di Langa, quindi scala le alture nei due versanti del Tanaro, e infine scende in valle Mongia; l'idea originaria prevedeva un percorso più breve con ultimo scollinamento a Battifollo, poi, come spesso accade, qualche giorno prima mi accorgo che poco più in là si trova il colle di San Giacomo e decido di inserirlo rendendo il giro decisamente più significativo, con la scalata all'ultimo 1000 dell'anno e la scoperta di una salita dura e molto bella, da tenere sicuramente in conto per eventuali future uscite in zona.
La tempratura alla partenza è intorno ai 10 gradi, ma c'è un bel sole che malgrado un venticello freddino mi consentirà per tutto il giorno di evitare di indossare guanti e gambali. Dopo circa tre chilometri pianeggianti lungo il Tanaro in uscita da Ceva e un altro paio in leggero falsopiano, la strada comincia a salire moderatamente verso Roascio e S. Rocco, sperduti borghi della Langa cebana fatta di boschi, prati e un silenzio quasi assoluto, dove pedalare è come entrare in simbiosi con la terra povera ma emozionante che si attraversa: qui non ci sono vigneti e ristoranti alla moda, ma è facile immaginare il mondo descritto da Fenoglio in tanti racconti e per qualche minuto associare la fatica della bicicletta alla durezza della vita da queste parti nei tempi passati. Paragone in realtà ardito, anche perché la salita è sempre pedalabile, quattro chilometri per guadagnare quota 600, ma in compenso trovo qui alcuni degli scorci più panoramici del giro, visto che dopo San Rocco la strada esce dal bosco e regala alcune bellissime visuali sull'Alta valle Tanaro fino alla cornice delle Alpi Marittime.
Dopo lo scollinamento e il ricongiungimento con la provinciale proveniente da Murazzano, inizia la discesa che in breve mi riporterà a Ceva, piuttosto fredda ma divertente, con nel finale una bella serie di tornantini. Rientrato in paese, proseguo a sinistra in direzione della Liguria, ma giunto a una rotonda dopo una breve risalita, trascuro le strade principali per Imperia e Savona per imboccare tra le due la provinciale per Perlo, distante nove chilometri di cui percorrerò soltanto i primi sette, dato che il paesello si trova in capo a una strada senza uscita e non mi va di allungare ulteriormente il giro.
Dopo un chilometro in piano e uno in discreta salita, una contropendenza di circa mezzo chilometro prelude all'unico passaggio impegnativo di questa seconda salita, un buon chilometro fino alla frazione Malpotremo in cui le pendenze diventano importanti e che richiede per la prima volta di scalare il rapportino: è in questo tratto che si supera il grosso del dislivello, poi la salita prosegue per circa tre chilometri ma su pendenze molto più agevoli, fino a scollinare poco prima del bivio che condurrebbe a Perlo, ma che ignoro per proseguire in discesa in direzione di Nucetto. Dal punto di vista paesaggistico, la strada non regala quasi niente, snodandosi quasi interamente nel bosco: solo nel tratto verso Perlo la panoramica si aprirebbe, ma sarà per un'altra volta, adesso devo di nuovo affrontare una discesa all'ombra e freddina, ma mai impegnativa tecnicamente.
Quando arrivo a Nucetto, a fondovalle Tanaro, si è ormai fatta ora di pranzo e ne approfitto per una sosta al sole nella piazzetta del paese, dove mangio un ottimo panino e mi disseto in previsione della seconda e più impegnativa parte del percorso. Con 26 chilometri e due salite, per quanto tranquille, sulle gambe, mi aspettano adesso dodici chilometri pianeggianti lungo la statale 28, che mi porteranno a Priola dopo il passaggio a Bagnasco. È un settore noioso che mi impongo di percorrere con calma, complice un traffico limitato e un sole che comincia finalmente a farsi tiepido e invita a essere goduto in tranquillità.
I chilometri scorrono regolari sotto i pedali, supero Bagnasco e Pievetta, e infine raggiungo Priola, in uscita dalla quale trovo il bivio per la frazione Mursecco da dove di fatto ha inizio la salita al colle di San Giacomo, di gran lunga la più dura del giorno: si tratta di un'ascesa di circa otto chilometri sulla carta, che in realtà ne misura cinque dal momento che il sesto è in salita molto leggera e discontinua e gli ultimi due sono una semplice e liberatoria traversata in cresta semipianeggiante. Attraversato il minuscolo abitato di Mursecco, a lato della stretta carreggiata vengo però accolto da un sinistro cartello di divieto di transito fino al colle causa precario stato del manto stradale: avendo superato in passato ogni tipo di fondo, non mi faccio impressionare più di tanto e tiro dritto, predisponendomi tuttavia a un prolungato saltellare tra buche e rugosità assortite; quello che propro non mi aspettavo è invece di trovarmi sotto le ruote una delle più belle strade mai percorse in montagna, soprattutto quando si parla di stradine secondarie a ridottissimo traffico: liscia come un biliardo, con asfaltatura appena rifatta, pulita da qualsiasi impurità, insomma un vero piacere.
Quello che invece è meno piacevole è la durezza dei primi cinque chilometri di salita, con pendenza media prossima al 10%, ma tanti e prolungati passaggi al 12-13%. La rampa più ripida in assoluto è la prima, un vero e proprio balzo a scavalcare la linea delle case prima di svoltare a destra per entrare nel fitto del bosco, con strada che spiana per qualche centinaio di metri. Per il resto del primo chilometro e per tutto il secondo si prosegue abbastanza regolari, con pendenze intorno all'8-9% intervallate da brevi tratti in cui è possibile rifiatare. Tutto sommato si sale abbastanza bene, le gambe rispondono anche meglio del previsto, ma so che il peggio sta per arrivare. Il terzo chilometro è molto duro, la pendenza si avvicina al 10% e soprattutto non c'è più tregua, i tratti leggeri sono pochi e durano sempre meno, lo sforzo aumenta pedalata dopo pedalata ma sono cosciente che sto affrontando l'ultima grossa difficoltà della stagione e mi concentro per superarla al meglio. La strada sale inesorabilmente nel bosco, non ci sono diversivi se non l'ideale conto alla rovescia dei metri che mancano alla fine del tratto più duro, ma resta la sostanza di una salita vera che sta per presentare il suo conto più salato.
Il quarto chilometro e la prima metà del quinto sono i più difficili in assoluto, tra i più impegnativi dell'anno, con lunghe rampe che adesso superano abbondantemente il 10%, tornanti strettissimi nei quali si ha l'impressione che la durezza della salita aumenti ulteriormente, e rarissimi tratti al 7-8% che ora sembrano quasi in piano in raffronto a quelli che li precedono e li seguono; fortuna che ho ancora sufficiente gamba e fiato per reggere la fatica senza esserne sopraffatto, riesco a gestire con buona lucidità anche i passaggi più impegnativi dosando con saggezza le energie a mia disposizione, approfittando di qualunque metro più agevole per recuperare e prepararmi all'erta successiva. Quando infine arrivo al bivio per la località Nascio, che trascuro per proseguire verso il colle, il più è ormai fatto: ancora una curva a sinistra molto dura e poi, come un temporale che termina improvvisamente come era cominciato, la strada spiana di colpo.
Alla mia destra sono ormai visibili di tanto in tanto le pale eoliche che sormontano il colle, poco oltre la mia linea di livello, e soprattutto la fine del settore più difficile mi permette di terminare la salita in scioltezza, godendomi lo spettacolo del bosco autunnale; se penso alla fatica che mi costò un analogo finale tra l'Alpe di Vobbia e il passo dell'Incisa, non posso che concludere che stavolta ho centrato una giornata di grazia. Gli ultimi due chilometri sono una specie di passerella tra castagni, faggi e betulle che si conclude con l'apparizione in fondo all'ultimo rettilineo della sagoma in pietra della cappella di San Giacomo posta a fianco dell'omonimo colle a 1065 metri di altitudine. Passeranno mesi prima che possa ritornare a questa quota, tanto vale godersi il momento assaporando la vista sulla valle Tanaro alle mie spalle e cercando di indovinare cosa mi aspetta nella valle Mongia davanti a me, sulla quale incombe qualche nuvola grigia.
Dopo un breve pausa al colle, è il momento di cominciare la discesa verso la frazione Castello di Lisio, che si annuncia molto tecnica per ristrettezza della sede stradale, pendenze spesso accentuate, fondo stradale imperfetto e non ultima una temperatura anche in questo caso frizzante: basta comunque procedere con prudenza per macinare senza problemi i tre chilometri e mezzo più impegnativi, poi all'altezza di Castello la strada si allarga e la discesa diventa decisamente più tranquilla. Dopo il passaggio a Lisio, la strada continua a scendere moderatamente per altri sette chilometri fino a Mombasiglio, dove giungo al chilometro 62.
Mancano solo sette chilometri alla chiusura del giro, ma i primi due e mezzo sono ancora in leggera salita. Non mi va di scalare sul 34, ma spingere il 50 mi costa l'ultimo sforzo del giorno, con le gambe ormai un po' indurite dalle fatiche precedenti. Niente di particolare, ma è un sollievo quando si ricomincia infine a scendere verso Ceva per gli ultimi chilometri, con alle spalle una giornata da ricordare.

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