Invorio - Massino Visconti - Lesa - Belgirate - Stresa - Baveno - Levo - Gignese - Monte Mottarone - Armeno - Orta S. Giulio - Bolzano N.se - Invorio (Km 75)
Insolita trasferta tra i laghi Maggiore e Orta nelle province di Novara e Verbania per un giro bello quanto difficile che ha come obiettivo principale la scalata del Mottarone, la montagna dei sette laghi che domina dall'alto dei suoi 1500 metri la parte nord-orientale del Piemonte. In teoria, dalla vetta dovrebbe aprirsi una vista a 360° indimenticabile, dal Monte Rosa a nord agli Appennini a sud, passando dai laghi a fondo valle all'estensione della pianura piemontese e lombarda; in pratica, in questa occasione il gran caldo genera una spessa foschia che lascia solo intuire la bellezza del territorio circostante e cancella del tutto le panoramiche in lontananza: un peccato se penso che da queste parti non tornerò tanto presto, ma non abbastanza per non apprezzare almeno in parte la varietà dei paesaggi di questi luoghi così lontani e diversi da quelli che sono abituato a frequentare. Tecnicamente, il percorso di presenta ostico al di là del chilometraggio e del dislivello ragguardevoli: per la prima volta nell'anno, affronterò infatti una salita vera, lunga più di venti chilometri e con un finale che ha ben poco da invidiare i più rinomati colli alpini.
Come località di partenza, scelgo Invorio, un piccolo paese a metà strada tra i due laghi che ha il fondamentale pregio di essere vicino all'uscita autostradale di Arona. Siamo alle porte dell'Alto Vergante, un zona collinare che si affaccia sul lago Maggiore, comprendente una serie di paesi ai piedi del massiccio del Mottarone, che in buona parte attraverserò nella prima metà del giro. I primi dieci chilometri fino a Masisno Visconti si snodano lungo una bella cresta tra i 400 e i 500 metri di quota dalla quale di tanto in tanto si riescono ad apprezzare le prime balconate sul lago, un buon prologo per rodare le gambe e per pregustare i panorami che mi accompagneranno per tutta la giornata.
Dal paese di Massino Visconti, comincia una bella discesa di circa tre chilometri che mi porterà sul lungolago all'altezza di Lesa, ultimo paese in provincia di Novara. Da qui, per una dozzina di chilometri, pedalerò con l'inusuale compagnia delle acque del lago alla mia destra, tra alberghi e noleggi di barche che mi ricorderebbero la Liguria se a pochi chilometri di distanza non fosse ben visibile la costa lombarda. Consapevole di quanto mi aspetta da lì a poco, mi godo questo tratto di strada ad andatura turistica, indugiando con lo sguardo sul lago e raggiungendo prima Stresa e poi Baveno, le due perle che si affacciano direttamente sulle isole Borromee.
Non ho tuttavia troppo tempo per rilassare lo spirito, perché proprio al centro di Baveno mi imbatto sul semaforo che mette fine alla parte facile del percorso. La svolta a sinistra che mi allontana dal lungolago coincide di fatto con l'inizio della salita al Mottarone, 21 chilometri di ascesa suddivisibili in tre tronconi ben distinti: i primi sei chilometri fino a Levo di media difficoltà, su pendenza abbastanza costante intorno al 6,5%; il tratto centrale nel complesso pedalabile, ma comprendente il passaggio in assoluto più ripido del giro, vicino al 15%; infine i cinque chilometri finali, duri e costanti con pendenza media prossima al 10% che si addolcisce solo nel curvone finale attorno alla vetta del monte.
Quando comincio la scalata, so dunque che mi aspetta uno sforzo non eccessivo ma prolungato, per cui sarà essenziale la gestione delle forze: sono abbasanza ottimista sul mio stato di forma, ma un fuori soglia nel momento sbagliato rischierebbe di rendere il resto del giro un'autentica sofferenza. I primi chilometri, su pendenze medie e con magnifiche viste sul lago, sono però l'ideale per pedalare in tranquillità, senza badare troppo ai metri che scorrono uno dopo l'altro sotto le ruote; se poi si aggiunge che la temperatura è più che gradevole e che per un paio di chilometri affianco e scambio due chiacchiere con un ciclista della zona, ecco che la prima parte della salita vola via quasi senza che me ne accorga.
Arrivato a Levo, la strada si addentra nel bosco proseguendo quasi in piano per due chilometri abbondanti, poi ricomincia a salire regolare fino a ricongiungersi con la provinciale proveniente da Stresa poco prima di Gignese, che lambirò un chilometro dopo. È a questo punto che comincia il settore più nervoso e difficile da interpretare della salita, che subito presenta il passaggio più duro con una serie di rampe a doppia cifra prima dell'arrivo alla frazione Alpino: è un tratto molto impegnativo ma per fortuna di breve durata, poi la strada riprende a salire per un paio di chilometri alternando tratti pedalabili ad altri più pendenti, ma sempre sotto la soglia del 10%. Si arriva così con un certo affanno al punto di pedaggio per le automobili, poi la strada concede un chilometro in leggera discesa prima di riprendere a salire per un buon tratto su pendenze moderate.
I chilometri di salita sono ormai circa 15 quando la strada si impenna improvvisamente sotto i pedali per l'inizio degli ultimi cinque duri chilometri di ascesa, una sorta di salita nella salita che non farà sconti e che andrà superata con cautela e concentrazione. L'andatura si riduce sensibilmente, ma l'impressione dopo le prime rampe di riuscire a gestire lo sforzo con relativa sicurezza. Dopo circa un chilometro di fatica aggancio una ciclista che procede più o meno col mio passo, facciamo un tratto insieme, poi lei resta dietro di qualche metro. La strada procede tra rettilinei e tornanti nel bosco, non c'è nessuna visuale che aiuti a distrarsi, ma dopo un'ultima svolta a sinistra raggiungo infine il bivio con la strada proveniente da Orta, che affonterò in discesa. Sono ai piedi della vetta, adesso ben visibile di fronte a me, ma le fatiche non sono ancora terminate: c'è da percorrere un breve anello attorno alla cima del Mottarone, a metà del quale toccherò la massima altitudine, 1450 metri circa. Quasi tutto il dislivello rimanente è concentrato in un ampio drittone all'11% che pare non finire mai, un paio di ciclisti mi superano, ma ormai è fatta anche per me, la strada spiana un po' e l'ultima curva a destra è il solito concentrato di sollievo e di soddisfazione per aver portto a compimento anche questa piccola impresa.
Una beve sosta per bere e per qualche foto purtroppo sfocata, e poi è ora di ripartire. Mancano quasi 30 chilometri a chiudere l'anello, i primi 16 sono in discesa su strada bella e panoramica sui laghi, poi, sceso a Orta San Giulio, rimangono da superare gli ultimi 12 chilometri in bassa quota sotto un sole adesso molto caldo. I primi 5 chilometri sono molto belli, in riva a un lago molto più verdeggiante e 'naturale' del Maggiore, poi si supera un dossetto e quindi si lascia la statale per Novara svoltando a sinistra in direzione di Invorio, rientrando nel Vergante. I sei chilometri rimanenti presentano una salita di un paio di chilometri al 5%, seguita da un saliscendi finale: niente di ché, un tratto di percorso simile a quello iniziale, solo che adesso non ho più energie sufficienti per spingere anche in salita e mi tocca chiudere il giro in riserva, il minimo prezzo da pagare in coda a una giornata che per il resto ha pienamente corrisposto alle alte aspettative.
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