
Saint-Chaffrey - col du Granon - Saint-Chaffrey (Km 24,6)

Del Granon ho letto recensioni entusiastiche. Dal mio punto di vista, dividerei il giudizio su due aspetti: tecnicamente basta una parola, è semplicemente terribile, per durezza e continuità mi ha ricordato gli ultimi 10 chilometri dell'Agnello, lunghi rettilinei, semicurve, pendenze sempre attorno al 10% e mai, mai un minuto di respiro, di pianetti non si parla proprio, al massimo qualche decina di metri in cui l'erta si addolcisce, ma alla rampa successiva è subito pronto il conto da pagare con una rasoiata terrificante; quanto al paesaggio, non so che dire, forse la giornata grigia ha incupito le panoramiche d'alta montagna, lo sforzo mi ha impedito di godermi appieno l'ambiente circostante, o il traffico inaspettato mi ha innervosito, fatto sta che la salita mi è parsa ben lontana dalla sensazione di maestosità e di grande impresa che solo 15 giorni prima mi aveva trasmesso l'Iseran.
C'è poi da dire che il Granon è il tipico esempio di esercizio di stile: è una strada che potrebbe tranquillamente non esistere, non inizia e non finisce da nessuna parte, non collega niente, è una mera arrampicata sul fianco di una montagna, bellissima per carità, ma alla fine rimane la vaga domanda: ne valeva la pena? Risposta sibillina: sì, ma non lo rifarei.

Dopo poche centinaia di metri dalla partenza, è dunque già ora di svoltare a destra in direzione Col du Granon. La prima rampa che porta alla borgata di Villard-Laté è l'unico sconto accordato dai quasi 12 chilometri di ascesa: si sale attorno al 5% per circa mezzo chilometro ma non è una buona notizia perchè già il tratto che attraversa la seconda parte del paesino presenta pendenze ben sopra il 10%. È l'esplicito messaggio di benvenuto del Granon.

All'uscita dall'ultimo tornante, inizia la seconda metà dell'ascesa e il panorama attorno a me cambia radicalmente: adesso il ripido fianco della montagna ha lasciato il psto a uno splendido pendio prativo, in apparenza molto più dolce, in realtà durissimo perché adesso la strada sale quasi senza curve, col risultato che il chilometro e mezzo che segue è il più impegnativo in assoluto con l'11% di media. È il momento più duro del percorso, non tanto per la difficoltà in sé, quanto perché al termine di questo lunghissimo strappone mancheranno ancora più di quattro chilometri alla vetta, tutti dal 9 al 10%. Non posso fare a meno di profondere il massimo sforzo, avanzo con pedalata lenta cercando di concentrarmi sulla semicurva successiva nella speranza che segua una rampa più abbordabile, ma non è mai così: è in questo momento che mi viene in mente il paragone con l'Agnello. C'è solo da tenere duro e aspettare con pazienza che la pendenza diminuisca leggermente.

Il superamento di lì a poco di un paio di tornantini mi consente comunque di rifiatare quel tanto che basta per affrontare il chilometro che manca all'ultimo tornante, quello che prelude all'ultimo tremendo drittone verso est fino all'agognato colle.
Ai tre dalla vetta mi raggiunge un ciclista sulla cinquantina. Pure lui monta una bici Cucchietti - di almeno tre generazioni più moderna della mia - che sale agile grazie alla tripla. Io arranco con un rapporto molto più duro del suo ma riusciamo a scambiare qualche parola prima che mi molli definitivamente: è di Saluzzo e ha già fatto il Galibier, ma il Granon è decisamente più impegnativo.


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