martedì 31 agosto 2010

Il col du Galibier



Le Monetier les Bains - Col du Lautaret - Col du Galibier - Col du Lautaret - Le Monetier les Bains (Km 42,7)



Conclusione del trittico montano nelle Alpi francesi col nome più altisonante: il col du Galibier.
Qui bisognerebbe aprire subito una parentesi, perché è chiaro che se uno dice 'Galibier' e basta, è sottinteso che si parla del versante nord, quello da St.Michel con il Telegraphe. Anzi, sono arcisicuro che molti puristi non direbbero mai di aver fatto il Galibier se l'avessero scalato (come ho fatto io) dal versante sud. D'altronde, il Fedaia da Canazei, il Gavia da Bormio o - per dire - il Melogno da Calizzano sono tutt'altra cosa rispetto ai versanti più nobili e impegnativi.
Resta il fatto che i miei quasi 1200 metri di dislivello me li sono sciroppati, che là sopra c'era comunque il cartello 'Col du Galibier - Alt. 2645' e che questa trasferta l'ho fortissimamente voluta malgrado le mie condizioni fisiche fossero nell'occasione molto deficitarie. Il rischio a ben vedere era che non sarei per chissà quanto tempo potuto andarci, e alla fine va bene così, è stata una faticaccia e questo mette d'accordo anche la coscienza: il Galibier non è stato un regalo, né l'ho fatto col motorino. Che poi rimanga la voglia di fare prima o poi anche il versante nord è un altro discorso che la fantastica impressione lasciata da questo mostro alpino manterrà aperto per i prossimi anni.
Come luogo di partenza, dopo aver consultato la cartina, scelgo il paese di Le Monetier les Bains, all'incirca a metà strada tra Briançon e il Lautaret, che raggiungo dopo un buon paio d'ore di macchina. Il Lautaret credo sia uno degli over 2000 più facili sulla piazza: pendenza media intorno al 5% e massima al 7-8%, con frequenti tratti dove rifiatare o spingere un rapporto più lungo. Dal punto in cui parto sono 12-13 chilometri che decido di affrontare senza scalare mai al di sotto del 21, risparmiando i rapporti più agili per il Galibier.
Nelle due notti precedenti ho dormito poco e di fatto inizio a pedalare già stanco e con lo stomaco non troppo a posto. In più, ho la brutta sorpresa di trovarmi per tutta la salita un noioso vento contrario, all'uscita di qualche curva anche piuttosto forte, che se da un lato rende meno facile l'ascesa, dall'altro ha il merito di rendere più fresca una strada altrimenti esposta impietosamente al sole.
Il Lautaret non ha molto da dire, è una statale molto dritta, che ricorda per molti versi il Maddalena, discretamente trafficata, e che regala negli ultimi chilometri i passaggi più suggestivi, quando grazie alla giornata perfetta comincia a distinguersi nitidamente tutto il percorso del Galibier appoggiato sul fianco destro della montagna fino all'agognato e ancora lontanissimo colle.
Superato l'unico tornantone e un lungo tunnel aperto sul fianco sinistro, raggiungo alla fine la sommità del Lautaret, da cui si imbocca direttamente sulla destra la strada per il Galibier. Sarebbero in tutto otto chilometri e mezzo al 7% di media, con soltanto l'ultimo chilometro durissimo: niente di particolare dunque, difficoltà nemmeno paragonabili al Granon, ma le poche forze di cui disponevo a inizio giro sono quasi esaurite e mi propongo di salire con la massima calma, con l'unico obiettivo di raggiungere la vetta, anche perché nel frattempo l'altitudine è arrivata al di sopra dei 2000 e l'aria si fa rarefatta.
Attacco quindi il Galibier senza patemi e con l'intento di godermi appieno il maestoso panorama che pedalata dopo pedalata, tornante dopo tornante si apre intorno a me: è davvero raro trovare una simile ampiezza di veduta, e la straordinaria bellezza dei luoghi è il miglior aiuto per sopportare la pesantezza dell'incedere che aumenta a ogni chilometro, scandito dai puntuali cippi che riportano altitudine e pendenza del chilometro successivo.
La salita è nel complesso regolare e pedalabile fino all'ultimo chilometro dove, prima dell'imbocco del tunnel per St.Michel, svetta il monumento a Henri Desgrange, preludio all'entrata nel mito del ciclismo.
Gli ultimi mille metri diventano a questo punto un tormento quasi mistico: il cartello indica 11% di pendenza media, e considerando che in alcuni punti la strada spiana sensibilmente, la conseguenza è che le rampe più dure superano il 12-13%, decisamente troppo per le mie gambe ormai attanagliate dai crampi. La prestazione atletica non ha più nessun senso, se mai ne ha avuto uno in questa giornata, conta solo stringere i denti e guadagnare la meta sudando un metro alla volta, col colle lì sopra che sembra non avvicinarsi mai.
Alla fine anche questa impresa della forza di volontà è compiuta, e svoltato l'ultimo tornante mi rendo conto di quanto sia veritiero un commento letto tempo fa in rete: il Galibier è il colle 'più colle' che io abbia mai visto, un autentico spartiacque tra i due versanti dove nello spazio di tre metri si passa dalla salita al 12% alla discesa al 10%, senza falsipiani, spiazzi, avallamenti.
Nel viavai continuo di ciclisti, macchine e camper, c'è ancora tempo per qualche foto, per ammirare lo splendido panorama a 360° reso ancor più indimenticabile dallo spuntare laggiù in fondo del massiccio del Bianco e per rivivere l'emozione di un'avventura tanto faticosa quanto indimenticabile, con l'auspicio di tornare da queste parti in condizioni fisiche più adeguate a uno dei massimi (e giustificati) simboli di questo sport.

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