martedì 15 settembre 2009

L'amaro colle



Jausiers - strada del Col de la Bonette (2300 mslm) - Jausiers (km 30,3)



Succedeva negli anni migliori e succederà ancora finché la passione per la bicicletta mi spingerà a ignorare i segnali psicofisici e tentare l'impresa impossibile, almeno in certe condizioni. Così l'assalto alla Bonette è andato in fumo, obiettivo nemmeno avvicinato, ma magari ci sarà un'altra volta in un momento più propizio.
È da un mese abbondante che non salgo in bici, dalla scalata al Piccolo S. Bernardo, ma agosto sta finendo e con esso le possibilità di escursioni in montagna. Vale la pena di sfruttare gli ultimi giorni di vacanza e pianificare una bella uscita. Scarto in partenza le cime più difficili, Agnello o Fauniera in primis, e lavoro un po' con la fantasia. Tra le salite che non ho mai affrontato e che Salite.ch classifica tra quelle abbastanza abbordabili c'è appunto il Col de la Bonette, celebre sopratutto per essere la strada più elevata d'Europa, con i suoi oltre 2800 metri. Il guaio è che sono io a non essere pronto dopo più di un mese di inattività ciclistica, e così vanifico una bella occasione.
La partenza da Jausiers, al di là del colle della Maddalena, vuol dire levataccia mattutina e più di 100 km di spostamento in macchina, che di per sé non è proprio il massimo della vita. Per fortuna la giornata è splendida, segue un giorno di pioggia e regala clima e temperatura ideali per una pedalata in montagna. La Bonette è una salita eterna ma abbastanza regolare: parte con pendenze tra il 6 e l'8%, si incattivisce nella parte centrale con una decina di chilometri all'8-9% con punte oltre il 10, quindi torna nuovamente pedalabile negli ultimi 7 chilometri, proprio quelli che per me resteranno un'ipotesi, e questo aggiunge ulteriore rammarico.
Mentre preparo me stesso e la bicicletta alla tappa, un tipo sulla cinquantina passa accanto e mi saluta; tempo un paio di minuti e sono in sella anch'io, con l'idea di ripescarlo e poi proseguire insieme. A conti fatti sarà anche questo un errore, perchè prendo i primi chilometri con andatura troppo elevata. Ciononostante, il ciclista non appare mai all'orizzionte, e sto cominciando a perdere la speranza di agganciarlo quando lo vedo apparire all'orizzonte al fondo di una lunga traversa. Sono tra l'ottavo e il decimo chilometro di ascesa e il tipo mi precede ormai solo di un minuto circa, per cui ipotizzo di raggiungerlo di lì a breve. Poco dopo il decimo chilometro, il gioco sembra fatto, la distanza è orami non maggiore di una ventina di secondi, ma proprio a questo punto comincio a sentire i primi cenni di fatica. Inesorabilmente, invece di annullarsi il distacco inizia a dilatarsi, tanto che di lì a poco mi rassegno a non pensarci più e procedere col mio passo, che nel frattempo è parechio rallentato.
A quota 2000 avevo pianificato una possibile sosta di 5 minuti, ne approfitto per prolungarla un po' e per dissetarmi, quindi riprendo la marcia. Il chilometro che segue è il più facile, al 5%, con un breve tratto pianeggiante, ma subito dopo la salita riprende decisa, con 3 chilometri consecutivi attorno al 9%. Col passare del tempo, la pedalata si fa sempre più faticosa, complice l'altitudine che ormai supera abbondantemente i 2000 metri. Un'ennesima rampa al 10% mi butta al tappeto, d'improvviso affiora una stanchezza che rende i pedali pesanti come macigni e il traguardo finale un miraggio. Provo a diminuire l'andatura, ma nel giro di qualche centinaio di metri mi rendo conto che è finita. Potrei forse proseguire a prezzo di uno stillicidio di soste e zigzagate, ma ne uscirebbe una specie di tortura che francamente non mi sento di affrontare.
Sono a quota 2300, a 7 chilometri dallo scollinamento, quando decido che la Bonette per questa volta ha avuto la meglio. Non resta che fissare un nuovo appuntamento in altra data, girare la bici e scendere a valle con un po' di delusione.

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