mercoledì 25 maggio 2016

Harakiri a Pietraporzio


Piano Quinto - Festiona - Vinadio - Sambuco - Pietraporzio - Sambuco - Vinadio - Aisone - Demonte - Moiola - Gaiola - Piano Quinto (Km 74)


Il maggio complicato prosegue in valle Stura dopo i problemi fisici post-Faiallo e le fatiche di Superga, ma mai come in questo caso vale il detto "chi è causa del suo mal, pianga se stesso"; sta di fatto che quella che si prospettava come una bella giornata in montagna, abortisce troppo in fretta in un clamoroso buco nell'acqua.
Tra le varie alternative sul tavolo, l'aveva spuntata l'idea di attaccare il primo (quasi) 2000 dell'anno, il facile quanto scenografico colle della Maddalena, da cui manco da troppi anni. Percorso scontato che prevede la risalita della valle Stura, l'unico dubbio è da dove partire, con scelta finale della frazione Piano Quinto di Roccasparvera, da cui inizia la strada militare parallela alla statale. Arrivato sul posto, al momento di partire a cavallo della Cucchietti, mi spunta il pensiero che non ho con me neppure una camera d'aria di scorta, ma quello delle forature non è mai stato un mio problema, le conto sulle punte delle dita pur avendo negli anni percorso strade di ogni tipo. Non resta dunque che inforcare la bici e partire alla volta del colle, distante ben 55 chilometri.

I primi 23 fino a Vinadio sono un semplice riscaldamento lungo la bella e solitaria Militare, per quanto non manchino i saliscendi, comprese un paio di belle rampette vicine al 10%; poi, rientrato sulla statale, la strada prende a salire su pendenze dolci ma costanti. I chilometri che mancano al colle sono ancora tanti, e fino ad Argentera la cosa più importante sarà mantenere un ritmo che non comprometta la parte finale, e più impegnativa, della salita.
Macino chilometri con calma, superando alcune brevi gallerie e lasciandomi alle spalle il paese di Sambuco, mentre ancora lontane cominciano ad apparire le prime cime innevate. Sto pregustando lo spettacolo che mi aspetta in quota, in una giornata di sole perfettamente illuminata, quando a 100 metri dall'ingresso in Pietraporzio la ruota posteriore mi esplode letteralmente sotto il sellino, come in tanti anni non mi era mai capitato: sono a 35 chilometri dalla macchina, e dopo un primo momento di smarrimento non mi resta che cercare una soluzione. Nella sfortuna, mi trovo comunque a pochi passi da un piccolo centro abitato, e nell'unico alberghetto del paese, trovo una padrona gentilissima, che non soltanto accetta di custodirmi la bicicletta, ma mi presta pure una mountain-bike per tornare indietro: è un arnese che pesa il triplo della mia, sferraglia come un tram e ha copertoni larghissimi, ma non è il caso di andare troppo per il sottile.
Monto in sella al mezzo di fortuna e inverto mestamente il senso di marcia: discesa comunque filante fino a Vinadio, poi proseguo per la statale attraverso Aisone e Demonte, prima dell'immancabile sofferenza nei chilometri pianeggianti finali con forte vento contrario, degna conclusione di uno dei giri più 'tafazziani' di sempre, con l'appendice del ritorno in macchina a Pietraporzio per lo scambio di biciclette.

il meglio del giro

L'unica cosa da salvare in una giornata in cui tutto va storto a causa di una stupida negligenza è la gentilezza e la disponibilità della signora di Pietraporzio, senza la quale il giro avrebbe potuto concludersi ancor più rovinosamente.

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