lunedì 26 agosto 2013

Ai piedi del Grand Combin


Variney - Doues - Champillon - Doues - Valpelline - Variney (Km 43)



Saltata per maltempo anche la traserta a seguito del Tour, recupero un pomeriggio pr piazzare una bella uscita in Valle d'Aosta, garanzia di panorami grandiosi e in genere di strade poco trafficate. A dispetto delle imponenti montagne che la circondano da tutti i lati, sono solo cinque le strade asfaltate che superano i 2000 metri nella Vallée, e di queste la più nascosta è certamente quella che porta a Champillon dalla frazione Variney di Gignod, una sorta di Pian del Re ai piedi del massiccio del Grand Combin, colosso di 4300 metri situato interamente in territorio svizzero. Geograficamente, la salita a Champillon è situata tra la valle del Gran San Bernardo e la Valpelline, e consiste nella risalita attraverso una ventina tornanti di un costone laterale ben visibile già da fondo valle, paragonabile come esercizio al Granon in Francia. Dal punto di vista tecnico, c'è poco da dire: la salita è lunga quasi venti chilometri e nella seconda parte dura, a tratti molto dura, quanto basta per classificarla fuori categoria e affrontarla con la giusta cautela, anche se posso contare su una condizione fisica è più che buona. Altro aspetto da non sottovalutare e che mi costerà qualcosa nei giorni successivi è che pedalerò nelle ore più calde lungo una strada quasi interamente esposta al sole.
Come punto di partenza, scelgo Variney, poco sopra Aosta e raggiungibile molto facilmente appena terminate le due gallerie che collegano l'autostrada alla statale per il traforo del Gran San Bernardo. Sono a poco meno di 800 metri di altitudine e fa caldissimo, per cui decido - sbagliando - di non prendere la giacca a vento e parto tranquillamente per la mia avventura. I primi tre chilometri fino a Rhins sono pianeggianti, poi abbandono la strada di fondovalle e proseguo a sinistra per Doues. La salita inizia immediatamente presentando in rapida successione quattro facili tornanti, poi nei successivi tre chilometri fino alla borgata Chanet la pendenza si attesta intorno al 6-7%, l'ideale per allenare la gamba in vista degli ultimi sette chilometri che si annunciano molto impegnativi.
A Chanet, lascio momentaneamente la strada principale che prevederebbe uno scollinamento seguito da breve contropendenza, per proseguire lungo una stradina secondaria che al contrario continua a salire regolare per poco più di un chilometro, prima di ricongiungersi alla provinciale poco prima di Doues. Il chilometro che precede l'ingresso in paese è il più facile in assoluto, ma giunto alla piazzetta mi concedo comunque una breve sosta per bere e fare il punto della situazione: finora ho percorso una decina di chilometri e superato circa 400 metri di dislivello; da qui in avanti, i poco più di 11 chilometri che mancano alla vetta ne copriranno 900, come dire che di fatto inizia un'altra salita, quella vera, sicuramente più difficile ma anche molto più spettacolare.
Appena risalito in sella, mi rendo effettivamente conto che la musica è cambiata, ora si sale al 7-8% ma non mancano rampe più cattive; per fortuna, man mano che salgo e mi lascio alle spalle alcuni ripidi tornanti, la vista si allarga a dismisura sulla Valpelline e sui monti a sud della valle d'Aosta, tra i quali spicca bianchissimo il Gran Paradiso, un spettacolo meraviglioso che ripaga ogni sforzo. Nel giro di circa tre chilometri contraddistinti da rampe molto dure intervallate da qualche breve tratto in cui è possibile rifiatare, raggiungo Chatellair, ultimo piccolo centro abitato che incontrerò prima della fine della strada.
Dopo poche centinaia di metri in falsopiano che mi permettono di apprezzare uno splendido scorcio su una chiesetta circondata da prati verdissimi e sui monti retrostanti, un tornante a sinistra mi introduce alla parte più dura della salita, che da qui alla fine non concederà praticamente più respiro. Il quindicesimo chilometro è in particolare durissimo, sempre al di sopra del 10%, ed è poco dopo questo sforzo intenso che un'auto olandese si arresta davanti a me poco prima di incrociarmi; il conducente tira fuori una mano e io, che sto faticando a tenere un ritmo il più possibile costante, mi innervosisco al pensiero di dovermi fermare per fornire ansimante qualche indicazione stradale: al contrario della mia pessimistica previsione, l'autista comincia invece a lanciare grida di incoraggiamento, e quando affianco la vettura ringraziandolo, mi accorgo che anche moglie e due figlie mi applaudono convinte, quando si dice la 'cultura della bicicletta'.
È un breve momento di alleggerimento, soprattutto mentale, che mi aiuta a proseguire con ottimismo anche lungo il tratto più duro della salita, quando la strada esce dalla vegetazione e in alto si intravvede il punto d'arrivo ancora maledettamente lontano. Supero i tornanti uno dopo l'altro con regolarità, rinfrancato dalla vista dell'imponente mole de Grand Combin che di tanto in tanto comincia a spuntare oltre la cresta che sto risalendo: segno che manca poco all'arrivo in vetta, ma non che siano finite le tribolazioni, se è vero che il penultimo chilometro è uno dei più duri in assoluto e che a 500 metri dalla fine mi aspetta una tremenda stilettata sopra il 10% che mi lascio alle spalle con grande fatica.
È l'ultimo, intenso sforzo prima che la strada spiani e mi permetta di giungere alla fine dell'asfalto in scioltezza, una meritata volata al termine di un'ascesa di prima categoria, come di prima categoria è la bellezza dell'altopiano circondato da una selva di 4000 che mi accoglie per qualche minuto di riposo. Peccato non poter restare di più a contemplare gli straordinari panorami valdostani, e peccato aver lasciato la giacca a vento a valle, perché la sensazione di freschezza dei primi 3-4 chilometri di discesa è del tutto illusoria: dalla Valle d'Aosta mi porterò a casa, oltre al bel ricordo di un altro 2000 conquistato con tenacia, anche qualche giorno di tosse che di fatto chiude con qualche giorno di anticipo la prima parte di stagione che precede la tradizionale chiusura per ferie.

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