venerdì 13 novembre 2009

L'Alta Langa



S.Benedetto Belbo - Niella Belbo - Feisoglio - Cravanzana - Torre Bormida - Bergolo - Levice - Prunetto - Gottasecca - Camerana - S.Benedetto Belbo (Km 66,6)



Chiusura dell'anno, salvo estemporanee sgambate novembrine, più degna non si poteva immaginare. È l'ultimo giorno utile prime del cambio dell'ora, la giornata è tiepida e luminosa dopo l'anticipo d'inverno dei giorni precedenti, e non devo assolutamente lasciarmi scappare l'occasione per preparare un percorso all'altezza.
Le opzioni sono due: bassa o alta Langa. Da una parte le strade che più amo, i colori impareggiabili delle vigne a fine ottobre, il rilassante pedalare tra le dolci pendenze delle alture a destra del Tanaro, ma anche il viavai di turisti italiani e stranieri professionisti del plin, del nebbiolo e della trifola; dall'altra una natura aspra e poco accogliente, i noccioli alternati ai castagni, le arrampicate brevi e tagliagambe, e soprattutto un senso di pace e un silenzio che sembrano rimandare ad altri tempi e luoghi lontani.
È proprio quest'ultimo aspetto che alla fine mi fa decidere per la seconda opzione, magari meno suggestiva ma sicuramente più in sintonia col bisogno di scaricare stress e tensioni del periodo. Per dare un senso anche simbolico alla scelta, decido di disegnare un percorso con partenza e arrivo da S.Benedetto, per dare un'impronta 'fenogliana' all'itinerario, dopo quello 'pavesiano' della settimana prima. Saranno in tutto quasi 70 chilometri, oltre 1000 metri di dislivello e almeno tre passaggi molto impegnativi, con strappi prolungati oltre il 10%. Non ho però nessuna fretta dal momento che parto prima di mezzogiorno, per cui sono determinato a godermi fino in fondo quest'ultima uscita stagionale.
La giornata è splendida: nei giorni precedenti è piovuto e nevicato in montagna, ma adesso c'è una giornata di sole come se ne vedono poche, luce perfetta, panoramiche a perdita d'occhio e aria pulita e frizzante ma non fredda. Già arrivare al punto di partenza risalendo tutta la valle Belbo è stato divertente, ora si tratta di montare in sella e padalare.
La partenza è in leggera salita: quattro chilometri per coprire i 150 metri di dislivello tra S.Benedetto e Niella. Il primo chilometro, completamente a freddo, è anche il più impegnativo, ma siamo attorno al 5% e le ruote scivolano fluide sull'asfalto, poi la pendenza diventa ancora più morbida e di fatto sono già in cresta quando la gamba inizia a scaldarsi.
Niella si trova praticamente sul crinale tra le valli Belbo e Bormida, a quasi 800 mslm, e da qui comincia un lungo falsopiano in discesa che per circa dieci chilometri segue il corso del Belbo, attraversando i paesi di Feisoglio e di Cravanzana. È una strada molto varia e divertente, un susseguirsi continuo di curve e controcurve che offre alla vista i tipici scorci dell'Alta Langa, resi ancora più suggestivi dalla stagione e dall'incomparabile sfondo dell'arco alpino innevato.
A Cravanzana, abbandono la strada principale per svoltare a destra, imboccando la discesa per Torre Bormida e la statale di fondovalle. Il carattere boscoso dei luoghi lascia il passo solo nel finale ai tipici terrazzamenti della zona, una sorta di monumento al duro lavoro di braccia e ingegno della gente di razza 'langhetta'.
Raggiunta la fondovalle dopo aver attraversato il paese, riparto in direzione di Cortemilia, ma dopo appena un paio di chilometri taglio a destra per una stradina che mi porterà direttamente a Bergolo, celebrato paesino 'di pietra' su un cucuzzolo tra le valli Bormida e Uzzone. Qui, il giro presenta anche il suo significato strettamente tecnico, nel senso che i cinque chilometri all'insù sono tutt'altro che banali. La salita procede nervosamente a strappi: rampe brevi e durissime, in vari punti sopra il 10%, si alternano a tratti molto più agevoli, impedendo di impostare un ritmo costante alla pedalata, mentre la fatica dell'ascesa viene confermata metro dopo metro dall'asprezza del paesaggio circostante, dove la boscaglia è solo di tanto in tanto intervallata da prati e noccioleti. Un ennesimo, ripidissimo rettilineo precede l'immissione nella strada proveniente da Cortemilia, su cui si percorre l'ultimo chilometro, molto più agevole, prima di fare ingresso nel caratteristico centro di Bergolo.
Qui mi fermo per qualche minuto per sfilarmi guanti e gambali, ormai inutili vista la bella giornata di sole. Sono risalito fino a quota 600 circa, e ora mi aspetta una decina di chilometri sulla cresta tra le valli Bormida e Uzzone, ma dopo una prima parte in leggera discesa fino a Levice, arriva uno dei tratti più insidiosi, cinque chilometri in continuo falsopiano tra il 3 e il 4%, di quelli che a meno di non farli ad andatura ridicola succhiano un sacco di energie senza quasi accorgersene. Lo sforzo è comunque ampiamente ripagato dal progressivo avvicinarsi al castello di pietra che domina maestosamente il paese di Prunetto.
Una volta raggiunto il centro abitato, abbandono la provinciale che scende a fondovalle e imbocco a sinistra la stradina che porta a Gottasecca. Prunetto e Gottasecca sono poste più o meno alla stessa altutudine (700 metri), ma la strada che le unisce è tutt'altro che in piano, anzi proprio nel secondo chilometro si trovano forse le pendenze più dure di tutto il giro, che allo scollinamento di un bricco trova peraltro il massimo livello di altitudine di giornata, a circa 830 metri. È tuttavia un tratto di strada solitario e suggestivo, immerso in una delle zone più impervie e selvagge di tutta l'Alta Langa dove i castagni la fanno da padrone incontrastati, e alla fine è quasi un peccato arrivare alla rotonda di Gottasecca da cui parte la discesa per la fondovalle, anch'essa comunque molto spettacolare per gli ampi scorci sulle colline circostanti coperte di boschi multicolori. La discesa è ampia e filante, e nel giro di pochi minuti mi reimmetto nella provinciale per Millesimo, che abbandono dopo circa un chilometro per svoltare a destra in direzione di Camerana, laddove incontrerò l'ultima e più impegnativa asperità della giornata, quattro chilometri per riguadagnare lo spartiacque con la valle Belbo, di cui gli ultimi due di grande difficoltà che, complici le forze quasi prosciugate dalle arrampicate precedenti, diventano di pura sofferenza.
Raggiunto in qualche modo lo scollinamento, per circa un chilometro la strada scende fino all'alveo del Belbo, poco più di un rigagnolo sorto dalla vicina Montezemolo. Poco prima del ponte, giro un'altra volta a destra per seguire la stradina che costeggia il corso d'acqua fino a S.Benedetto. Sono gli ultimi 14 chilometri in leggera discesa, ancora una volta percorsi su una strada tranquilla e isolata, dove uno dei pochi contatti con altri umani avviene nell'accogliente rifugio della Pavoncella, dove mi concedo un meritato spuntino prima di rituffarmi tra prati e boschi fino a raggiungere il bivio per S.Benedetto. Manca un chilometro alla macchina, ma è in salita e ormai di energie non ce ne sono più: non solo, appena la strada ritorna all'insù, la coscia destra viene colpita da un forte crampo e devo barcamenarmi alla meno peggio per riuscire a concludere senza troppi danni e in modo un po' inglorioso l'itinerario forse più affascinante e insieme tecnicamente completo dell'anno.
Adesso la vecchia Cucchietti va in cantina, e chissà che ne sarà di lei dall'anno prossimo, quando le uscite diventeranno quasi sicuramente più rare e limitate. Per adesso preferisco non pensarci troppo, portando invece una certezza nell'inverno che sta per iniziare: in un modo o nell'altro, l'avventura non finisce qui.

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