venerdì 19 ottobre 2012

Il giro delle quattro province


Cortemilia - Serole - Spigno M.to - Merana - Piana Crixia - Dego - S. Giulia - Todocco - Pezzolo Valle Uzzone - Cortemilia (Km 67)


Da anni scelgo le strade tranquille e ferme nel tempo dell'Alta Langa per il mio giro di chiusura della stagione. Questa volta mi spingo un po' più in là disegnando un percorso che partendo da Cortemilia tocca altre tre province, in un continuo saliscendi tra il Bormida di Millesimo, quello di Spigno e l'Uzzone, passando dall'Alta Langa alla Langa astigiana, dall'Alto Monferrato all'entroterra savonese. Non tutti sanno infatti che l'estremità meridionale della provincia di Asti (per il poco che esisterà ancora) confina con la Liguria, e dal momento che a est e ovest si trovano rispettivamente le province di Alessandria e di Cuneo, è teoricamente sufficiente percorrere una cinquantina di chilometri per toccare tutte e quattro le province: un boccone prelibato cui tuttavia avevo sempre rinunciato. Uno dei motivi per cui non mi ero mai deciso a fare un giro su queste strade è che il punto di partenza più vicino - Cortemilia - è molto scomodo da raggiungere, ma visto che stavolta sono convinto, mi sono dato da fare per studiare un itinerario il più possibile completo sotto tutti i punti di vista. Alla fine posso dire che la missione è compiuta e anzi a fine giornata ho già una gran voglia di tornare presto da queste parti, sfruttando una delle tante varianti offerte dal territorio.
La giornata non minaccia pioggia, ma è molto umida. La foschia fitta che persisterà tutto il giorno da un lato limiterà la visuale, ma dall'altro darà un tocco di avventura in più alla giornata. In ogni caso, me la prenderò molto comoda per godermi al meglio ogni pedalata di questo ultimo giro dell'anno: per l'occasione, ho anche previsto un breve excursus intorno a Spigno per dare un'occhiata all'abbazia romanica di S. Quintino e attraversare lo storico ponte sul Bormida, due notevoli emergenze artistiche nascoste nella sempre più sorprendente valle Bormida.
I primi otto chilometri dal ponte di Cortemilia sul Bormida di Millesimo fino alla frazione Cuniola di Serole sono tutti in salita, ma a parte un paio d rampe al 7-8% nei primi due chilometri, per il resto si tratta di un'ascesa molto regolare. Per quanto sia partito completamente a freddo, ho quindi modo di impostare un ritmo costante, procedendo senza strappi tra i tipici terrazzamenti della zona, che se nelle quote più basse ancora ospitano qualche filare di vite, ma mano che si sale sono occupati da noccioleti o, più tristemente, abbandonati a se stessi in attesa prima o poi di franare. Poco prima di attraversare Cuniola, sulla sinistra incontro il bivio per il Bric Puschera, punto più elevato della provincia di Asti nella quale sono appena entrato. Nelle giornate limpide, si tratta di un punto panoramico eccezionale, in questo caso non avrebbe aggiunto niente al giro, per cui lo ignoro e proseguo sulla provinciale.
Da qui, la salita si interrompe per un buon chilometro nel quale una contropendenza fa perdere un'ottantina di metri che si recupereranno nei due chilometri da Serole al bivio per Roccaverano, spartiacque tra le due vallate del Bormida. Dopo circa un chilometro e mezzo di discesa filante e purtroppo ben poco panoramica, si lascia la provincia di Asti per entrare in quella di Alessandria. Ci sono ancora cinque chilometri di discesa prima di raggiungere la fondovalle, ed è straordinario come cambi l'ambiente circostante: dalla fitta boscaglia e dagli ampi appezzamenti che declinano nel territorio di Serole, si passa quasi senza soluzione continuità in una zona fortemente calanchiva, che trova la sua espressione più inquietante e spettacolare quando si arriva alla frazione di Rocchetta. Qui, nel tempo di scendere un paio di tornanti e superare un ponticello che oltrepassa un dirupo, si ha per qualche centinaio di metri davvero l'impressione di pedalare in un ambiente lunare: tutt'intorno ci sono solo cumuli di sabbia grigia coperti qua e là di sterpaglia, come e forse più che lungo la strada di Turpino e Pareto esplorata l'anno scorso. La discesa prosegue in un paesaggio surreale fin quasi all'incrocio con la statale di fondovalle, poco prima della quale imbocco sulla sinistra la strada che porta alla stazione ferrviaria, da cui ha inizio il breve anello di sette chilometri che mi permetterà di fare una breve visita di Spigno Monferrato, un paese che se deve aver conosciuto tempi migliori, ancora oggi conserva comunque parecchi punti degni di interesse.
Subito dopo la stazione, la strada scende al fiume costeggiandolo per un breve tratto, quindi si inoltra nella piana in direzione di Mombaldone. Dopo un paio di chilometri, si svolta a destra verso l'abitato di Spigno ed è a questo punto che si affianca l'abbazia di S. Quintino. Non sono un grande esperto d'arte, ma la prima impressione è che si tratti di un'architettura di grande pregio ma in pessimo stato di conservazione: al di là del fatto che oggi tutto il complesso è dimora privata in cui razzolano liberamente le galline, fa male vedere la struttra principale dell'abbazia aggredita dalla vegetazione, uno dei tanti esempi di incuria del nostro Paese. E poco meglio sembra passarsela poco più in là il ponte medievale in pietra arenaria, anch'esso attorniato da una folta vegetazione che tra l'altro impedisce di apprezzarne le arcate: per capire meglio come fosse fatto il ponte che ho attraversato in bicicletta, ho dovuto cercare in rete qualche fotografia presa dall'alto. Notevoli peraltro, sulla sommità, le due edicole che a suo tempo fungevano da dogana per la riscossione del pedaggio.
Superato il ponte, la strada prosegue in buona salita verso il paese, con suggesivo passaggio in una sorta di canyon scavato nella roccia argillosa. L'ingresso nell'abitato conferma la bella sensazione avuta nel circondario, a partire dalla parrocchiale di S. Ambrogio attorniata da un'alta muratura in pietra; ma è tutto il centro storico che merita senz'altro una visita se si capita da queste parti, anche se il generale stato di abbandono è molto stridente con i recuperi e la valorizzazione di cui godono i centri più turistici della Langa o del Monferrato, lontani solo poche decine di chilometri da qui. Dal mio punto di vista, è un piacere scoprire ogni tanto piccoli paesi o borgate dimenticate da tutti, e sotto questo aspetto questa valle così lontana dalle direttrici principali si conferma un'autentica fucina di sorprese, dopo la scoperta di Mombaldone e di Denice. Diciamo che l'ideale sarebbe coniugare la quiete 'ottocentesca' di questi luoghi con una degna conservazione dei centri, cosa che francamente non mi è parso di riscontrare a Spigno.
Lasciato Spigno alle mie spalle con ormai circa 25 chilometri sulle gambe, raggiungo la statale per Cairo Montenotte, da dove cominciano i 13 chilometri (gli unici) più noiosi del giorno. Si percorre infatti un'ampia strada di fondovalle che segue il corso del fiume, attraversando prima Merana, ultimo paese piemontese, per poi entrare in Liguria a Piana Crixia, dove sosto per mangiare qualcosa seduto a un tavolino al fianco di un paio di autoctoni: è curioso percepire dalla poche battute intercettate come anche in questo estremo lembo settentrionale della provincia di Savona i riferimenti siano il capoluogo e le altre città o paesi liguri, mentre centri che distano meno di dieci chilometri vengono definiti sbrigativamente 'piemontesi', come appartenenti a un altro mondo.
Ripartito alla volta di Dego, la strada propone un chilometro in leggera salita, niente di che, ma non proprio il massimo della vita con il boccone ancora nello stomaco; dopo un analogo chilometro in discesa e un altro paio in piano, poco prima di entrare in Dego raggiungo la rotonda da cui parte la strada per S. Giulia, seconda e più impegnativa asperità del giorno da raggiungere dopo nove chilometri di salita, stavolta molto discontinua. Se i primi quattro chilometri fino alla frazione di Brovida sono infatti poco più di un falsopiano, nei tre chilometri che separano questa borgata da qualle di Noceto si concentra la maggior parte delle difficoltà.
Ora infatti la strada abbandona i campi per addentrarsi nel bosco attraverso una salita che si fa improvvisamente impegnativa: le pendenze passano dal 3-4% all'8%, addolcite solo da una bella serie di tornantini che permettono di rifiatare, sebbene non ci siano in questo tratto passaggi leggeri. Al contrario, l'ingresso in Noceto presenta la rampa più dura di tutto il giro, sopra il 10%. Lo sforzo è comunque ripagato di lì a poco dall'apertura di una bella vista panoramica su tutta la strada appena percorsa, purtroppo anche in questo caso compromessa dalla foschia. Dopo Noceto, la salita prosegue per un paio di chilometri su pendenze più moderate, incrociando di lì a poco la provinciale proveniente dal vicino colle Buzurou. Dopo un ampio curvone a sinistra e un ultimo tornante a destra, si raggiunge infine la cresta tra le valli Bormida e Uzzone, che si segue per circa mezzo chilometro prima di raggiungere S. Giulia, frazioncina in alta quota da ricordare per i ruderi di un castelletto e di un altra palazzotto nobiliare.
I sette chilometri in cresta che seguono il passaggio a S. Giulia sono un continuo mangia-e-bevi che attraverso continue discese e immediate risalite portano di bricco in bricco a Sanvarezzo e poi a Gorra lungo una strada panoramica e divertente quanto dispendiosa, anche perché nel frattempo i chilometri sulle gambe sono diventati 50 e si cominciano a sentire i primi segnali di fatica. Dopo Gorra e un altro paio di curvette piuttosto impegnative, la strada entra per tre chilometri in un fitto bosco di castagni, proseguendo nel suo andamento nervoso fino a raggiungere il bivio per Todocco e rientrare in provincia di Cuneo. La salita a questo punto riprende continua ma regolare intorno a 6% per poco più di un chilometro fino a raggiungere lo scollinamento all'altezza del santuario, meta di pellegrinaggi ma a mio avviso tutt'altro che memorabile.
Molto bella è invece la discesa verso Pezzolo Valle Uzzone, veloce e panoramica, non fosse che il tratto centrale presenta un fondo un po' sconnesso che obbliga a prestare più attenzione all'asfalto che al bellissimo paesaggio autunnale di contorno. Sceso infine a fondovalle, dopo un ultimissimo quanto innocuo dossetto, c'è solo da spingere il rapportone per coprire i quattro chilometri finali in leggera discesa di questo bellissimo anello di 67 chilometri che chiude nel migliore dei modi una stagione altalenante ma che tutto sommato posso archiviare con soddisfazione. Quel che sarà l'anno prossimo è per ora un grosso punto interrogativo, tanto vale coronare questa trasferta con l'acquisto di una bella torta di nocciole.

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