martedì 28 agosto 2012

Il vallone dell'Arma


Cervasca - Vignolo - Borgo S. Dalmazzo - Festiona - Demonte - Colle Fauniera - Castelmagno - Pradleves - Monterosso Grana - Valgrana - Bernezzo - Cervasca (Km 88,1)


Il sabato post-ferragostano è forse il giorno più infuocato dell'anno, per l'unica uscita infilata tra le vacanze di quest'anno è d'obbligo salire in alta quota, e dunque ecco subito riproposto l'attacco al Fauniera, versante vallone dell'Arma, a mio giudizio il più bello dei tre. È una salita lunghissima e molto dura, resa per l'occasione asfissiante da un caldo insopportabile, che mi presenterà un conto salato, ma alla fine potrò dire che ne sarà valsa la pena.
Parto a mattina inoltrata da Cervasca, tra Caraglio e Borgo, in direzione valle Stura dove, all'altezza di Piano Quinto, abbandono la statale per imboccare la militare, sull'altro versante del fiume. Fino a Demonte saranno una dozzina di chilometri moderatamente ondulati, ma col grande pregio di una vegetazione che lascia in ombra gran parte del tratto di trasferimento.
All'ingresso in Demonte ho già percorso 24 chilometri e la gamba sembra girare ottimamente, sebbene la scarsa continuità degli ultimi due mesi non mi lasci completamente traquillo. Quando attacco la strada del vallone, il segnale di 25 km al colle suona come un'oscura minaccia che diventerà un dura realtà nella seconda metà dell'ascesa. I primi tredici chilometri sono piuttosto discontinui (il quarto chilometro è addirittura in leggera discesa) ma tutto sommato pedalabili, anche perché la strada continua a snodarsi principalmente nel bosco e la temperatura si mantiene a livelli accettabili. Non mancano naturalmente alcuni passaggi molto impegnativi, ma l'alternanza di tratti in cui rifiatare e il susseguirsi di una serie di borgatine che costituiscono una sorta di traguardi intermedi fa passare la prima parte della salita abbastanza in fretta, dandomi l'illusoria impressione di poter superare il difficilissimo ostacolo senza troppi problemi. La verità è invece che per la giornata non avevo più di 1500 metri di dislivello sulle gambe, ma qui si superano decisamente i 2000, e quando iniziano i dieci chiloemtri al 9% medio che precedono il passaggio al Valcavera, le magagne non tardano a manifestarsi.
Di pari passo con l'improvviso cambio di pendenza - un paio di chilometri superano il 10% di media - sparisce la vegetazione e con essa il relativo fresco che fin lì aveva accompagnato la mia pedalata: è l'ora più calda della giornata, e il sole a picco moltiplica la durezza insita nel percorso. Adesso devo impegnarmi a fondo per superare i lunghi drittoni che scalano il vallone, cerco di bere per quanto possibile ma è tutto inutile: comincio a grondare sudore che mi finisce negli occhi, e man mano che mi arrampico mi sento letteralmente surriscaldare. L'efficacia della pedalata crolla velocemente, e raggiungo con grande fatica il rifugio Carbonetto, dove mi concedo una lunga sosta, divorandomi un gigantesco panino e facendo scorta d'acqua. Sono a 1900 metri di altezza, ormai in un contesto di alta montagna, circondato solo da prati, rocce e picchi che sembrano segare il cielo, ma il caldo è implacabile e sono consapevole che i prossimi sei chilometri saranno tanto spettacolari quanto sofferti.
Mi rimetto in sella abbastanza rinfrancato dalla pausa, con l'unico obiettivo di non andare un'altra volta fuori giri. I chilometri passano lentissimi e la sola consolazione è che il duro sforzo fisico viene ripagato da un paesaggio che diventa più selvaggio e impervio a ogni tornante. Il panorama è di una bellezza abbagliante che diventa quasi irreale quando compaiono le rocce giallastre che contornano il Valcavera: mi concedo ancora qualche breve sosta per fare qualche foto e prendere fiato e infine, dopo un ultimo durissimo chilometro, raggiungo il passaggio al colle di Valcavera da cui a sinistra parte la sterrata per la Gardetta. Non si tratta di un autentico scollinamento, perché la salita prosegue per un paio di chilometri dopo la svolta verso est in direzione del Fauniera, ma di fatto il peggio è passato.
Per mezzo chilometro abbondante, si pedala ora in falsopiano con splendida vista sul vallone appena conquistato, quindi si affronta l'ultimissima asperità della salita: il celebre passaggio scavato nella roccia che prelude il raggiungimento del colle Fauniera, dove fa 'bella' mostra il monumento al Pirata. Da queste parti tira quasi sempre un forte vento e non è raro soffrire il freddo anche in piena estate, ma stavolta si sta benissimo in maglietta e mi basta indossare la giacca a vento senza maniche per affrontare senza problemi la discesa dal versante della valle Grana.
Lo stato della strada nei primi 3-4 chilometri è purtroppo pietoso e mi costringe a ballare e tirare i freni ancor più di quanto sia abituato a fare, poi la discesa, per quanto tecnica fino al santuario di Castelmagno e ancora a Campomolino, diventa più scorrevole e permette di godere anche da questa parte di bellissimi tratti panoramici.
Da Campomolino a Pradleves e poi a Valgrana, la strada si allarga e permette di sviluppare una buona velocità senza dispendio delle poche forze rimaste, mentre gli ultimi dieci chilometri in piano attraverso Bernezzo rappresentano soltanto la necessaria chiusura di un anello che mi mancava da parecchi anni e che una volta di più ha certificato che il tempo passato qualche traccia l'ha lasciata.

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