Priola - Colle della Rionda - Murialdo - Osiglia - Colle del Melogno - Calizzano - Colle Quazzo - Garessio - Priola (Km 78,2)
Un meteo incerto con concreta minaccia di temporali sconsiglia escursioni in alta quota, e così per la trasferta programmata in provincia di Cuneo scatta il piano B, con obiettivo l'Alto Tanaro e l'entroterra savonese. L'altitudine si mantiene più o meno tra i 500 e i 1000 metri, e il cielo da queste parti rimane sereno tutto il giorno, senza tuttavia che il sole e il caldo arrivino a costituire un grande problema.
Mentre dal punto di vista tecnico i connotati del giro restano più che interessanti, a pagare pesantemente dazio è la valenza paesaggistica: le tre salite si snodano interamente nel bosco, con pochissimi passaggi panoramici, se si esclude l'ultimo tratto del Melogno, che nel versante da Finale mi aveva invece entusiasmato; e anche il lunghissimo tratto di trasferimento da Vetria a Osiglia non ha niente di memorabile, a parte i tre bei chilometri che affiancano l'omonimo lago che precede il paese.
Partenza dunque da Priola, tra Bagnasco e Garessio, con immedata scalata al Colle della Rionda, salita sconosciuta ai più che rappresenta comunque una valida alternativa al più pedalabile e trafficato Giovetti. Il tempo di uscire dal paese e superare il ponte sul Tanaro, e completamente a freddo si comincia subito a fare sul serio. La salita misura sei chilometri per poco meno di 500 metri di dislivello, e se si considera che per quasi un chilometro si percorre un falsopiano, significa che per il resto si sale senza mollare su pendenze tra l'8 e il 9%. L'aspetto migliore di questa strada è la totale assenza di traffico, il peggiore un'altrettanto totale assenza di punti panoramici: se da un lato il bosco fitto di faggi, castagni e nell'ultimo tratto di pini regala una bella frescura, dall'altro nega infatti qualunque visuale che vada oltre la curva o il tornante successivo. Lo stesso scollinamento, in questo senso, avviene nel bel mezzo della vegetazione, sulla soglia dei 1000 metri di altitudine.
La discesa fino a Vetria è piuttosto tecnica e con fondo stradale reso insidioso dalla presenza di brecciolino, buche e qualche breve tratto franato che obbliga a scendere con attenzione, ma nel complesso basta un minimo di prudenza per raggiungere senza danni l'abitato di Caragna e il successivo bivio per Millesimo.
A questo punto, si entra nel territorio di Murialdo e si comincia a seguire per una dozzina abbondante di chilometri il corso del Bormida: è il tratto più noioso del percorso, battuto a tratti anche da un discreto vento contrario, ma la leggera, costante discesa lo fa superare tutto sommato abbastanza in fretta, e dopo essersi lasciate alle spalle alcune frazioncine, si arriva infine al bivio per Osiglia, che si imbocca sulla destra.
Da questo punto ha inizio la salita per il colle del Melogno, lontano ben 20 chilometri, ma nessuna paura: dei primi 10 chilometri fino alla chiesa di Osiglia, solo i due centrali salgono intorno al 6-7%, per il resto è un semplice falsopiano, suggestivo nei tre chilometri pianeggianti che costeggiano il lago in un ambiente molto gradevole e rilassante.
Oltrepassato il paese, iniziano i sei chilometri più impegnativi della salita, sempre pedalabile, ma nei quali di fatto si copre la gran parte del dislivello fino a raggiungere un primo scollinamento poco sotto i 1000 metri di quota, seguito da altri tre chilometri di saliscendi che precedono l'immissione nella statale proveniente da Finale. Manca a questo punto un chilometro e mezzo al colle, che è anche il più panoramico dell'intero giro. Sulla sinistra, si scorge a un certo punto l'abitato di Finale Ligure, mentre la linea dell'orizzionte va indovinata a causa di una foschia che annebbia l'azzurro del mare e quallo del cielo.
Ancora un piccolo sforzo, ed ecco apparire infine la fortificazione che sovrasta il passaggo al colle. I chilometri percorsi sono ormai quasi 50, comincia a far caldo e per la prima volta affiora in me una certa preoccupazione per l'ultima asperità che mi aspetta di lì a poco: meglio dunque fare una piccola sosta per bere e prepararmi anche mentalmente ad affrontare le dure rampe del Quazzo, cima Coppi di giornata.
Rimontato in sella e sceso in fretta a Calizzano lungo una divertente discesa nel bosco, attraverso tutto il paese fino a raggiungere il bivio per Garessio che segna l'inizio dell'ultima salita, in tutto otto chilometri molto facili nella prima metà, decisamente impegnativi nella seconda. A complicare la scalata, c'è poi un forte vento contrario che se rende più difficili alcuni passaggi, dall'altro lato attenua l'azione del sole che a questo punto picchia senza pietà.
Il cambio di pendenza a metà salita arriva improvviso ma non inaspettato, quando i chilometri sulle gambe sono oltre 60. Di forze non ce ne sono più molte, e mi aspettano i tre chilometri più duri del giro, con media attorno al 9% e punte sopra il 10%. Il ritmo cala sensibilmente, ma tutto sommato riesco a salire senza andare troppo in affanno, tenendo duro lungo le rampe più ripide e recuperando nei rari tratti in cui la salita concede un minimo di respiro: alla fine, negli ultimi metri c'è spazio anche per cambiare rapporto e chiudere con un mini-allungo che accorcia la fatica di qualche secondo.
Raggiunti anche i 1130 metri del Quazzo, resta l'ultima dozzina di chilometri per chiudere l'impegnativo anello: i primi otto sono in rapida discesa fino a Garessio, mentre gli ultmi quattro, lungo il Tanaro, si pedalano lungo una bella quanto deserta pista ciclabile che corre giusto a fianco della statale: non un cartello che ne indichi in alcun modo l'esistenza, tipico esempio di autopromozione turistica di queste parti.
In conclusione, trattandosi di un ripiego studiato all'ultimo momento, si può parlare di un buon giro, vario e su strade molto tranquille: resta un po' di rimpianto per il percorso originale accontonato, ma nel complesso i primi 45 chilometri completamente inediti valevano la pena di essere scoperti.
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