mercoledì 11 aprile 2012

Tra Calosso e S. Stefano



Masio - Belveglio - Mombercelli - Castelnuovo Calcea - Moasca - Calosso - Castiglione Tinella - S. Stefano Belbo - S. Libera - S. Stefano Belbo - Canelli - Calamandrana - Nizza M.to - Incisa Scapaccino - Cortiglione - Masio (Km 78,2)



Per il sabato di Pasqua mi affido all'usato sicuro. Usato pochissimo, a dire il vero, visto che i 30 chilometri centrali, di gran lunga i più interessanti del giro, li ho percorsi al più un paio di volte, ma se devo proprio trovare un difetto a questo giro, è di non aver scovato per una volta nemmeno un metro inedito. Per il resto, itinerario quasi perfetto che replica quasi il dislivello della settimana precedente (ma distribuito in maniera completamente diversa), sfiorando gli 80 chilometri complessivi, per quanto gli ultimi 30 rappresentino nient'altro che il ritorno al punto di partenza.
L'obiettivo del giro sono le colline tra Calosso e S. Stefano, e questo purtroppo significa tanti chilometri pianeggianti a inizio e fine giro, ma anche questo può rivelarsi utile in vista dei prossimi obiettivi di stagione: di sicuro, la condizione generale rispetto a un mesetto fa è migliorata nettamente.
Partenza mattutina con aria più che fresca e foschia diffusa che mi accompagnerà per quasi tutto il giro. I primi 13-14 chilometri attraverso Belveglio e MOmbercelli sono interamente in piano e l'unico problema è il freddo alle mani che tuttavia passa rapidamente non appena la strada comincia a salire all'altezza di Castelnuovo Calcea. È il primo strappetto della giornata, all'incirca un chilometro, ma le pendenze sono discrete e il cambio di ritmo improvviso mi costa un minimo di fiatone sulla rampetta finale. Non c'è comunque neppure il tempo di passare a un rapporto più agile che la salitella finisce e si scende rapidamente alla statale Asti-Nizza, che mi limito ad attraversare per proseguire in direzione di Canelli.
Dopo un ampio curvone, la strada ricomincia a salire su pendenze modeste per circa un chilometro verso la parte bassa di Moasca, dove si svolta a destra per Calosso imboccando una strada secondaria. È in questo punto che si incontra una delle rampe più difficili del giro, qualche centinaio di metri attorno al 10% che meritano di essere affrontati con la dovuta calma. Scalo il rapportino e guadagno senza troppi problemi la sommità di una collinetta da cui si comincia finalmente a godere di una vista spettacolare sulle celebri colline del moscato.
L'abitato di Calosso è già ben visibile davanti a me lungo il bel saliscendi che mi porta alla frazione di Piana del Salto, dove la strada riprende a salire con continuità. Sono circa tre chilometri con pendenza regolare intorno al 5% che supero in scioltezza fino a raggiungere la meta e da qui subito imboccare una veloce discesa fino al fondovalle del Tinella, che percorro per poche decine di metri prima di svoltare nuovamente a destra alla volta di Castiglione Tinella, terza asperità della giornata.
La salita è breve, poco più di due chilometri, ma a tratti tosta, come nei primi 500 metri che non danno respiro e in un altro paio di passaggi che propongono secche impennate. Una volta giunto al bivio per S. Stefano im prossimità di castiglione, poi, prima della discesa la strada prosegue per altri tre chilometri su un saliscendi fino alla chiesetta di Moncucco che domina da nord il paese di Pavese. La successiva discesa alla valle Belbo è molto panoramica e permette di visionare sulle colline prospicienti il percorso sinuoso della salita di Santa Libera e lo spettacolare zigzag della discesa di Seirole che mi aspettano di lì a poco.
Sono all'incirca a metà giro quando faccio ingresso in S. Stefano e mi concedo una breve sosta per mangiare un pezzo di focaccia e dissetarmi, in vista dell'ultima salita del giorno. Per la sua lunghezza di cinque chilometri abbondanti, l'ascesa a Santa Libera rappresenta la maggiore asperità, ma le difficoltà sono attenuate dalla sostanziale regolarità delle pendenze (intorno al 5-6%) e ancor più dalla bellezza del territorio attraversato, con la vista che spazia dai filari a bordo strada che cominciano a inverdire, ai ruderi della torre di S. Stefano che prima che affianca e poi ci si lascia alle spalle, dalle colline scoscese della valle Belbo all'arco alpino che spunta in lontananza sopra la foschia che incombe sulla pianura. Se a tutto questo si aggiunge che la strada è una sottile striscia di asfalto completamente deserta e che il silenzio diventa assoluto man mano che si sale di quota e ci si addentra in una rada boscaglia, si capisce perché considero questa salita una della più belle della zona.
Una volta raggiunta la cresta, il divertimento è tutt'altro che terminato, perché c'è da affrontare la discesa su S. Stefano dal versante di Seirole. Non sono un amante del genere, ma questa discesa è uno spettacolo puro per il susseguirsi di veloci rettilinei e di ben 19 tornanti consecutivi, su pendenze abbastanza moderate da non costituire mai neppure un potenziale pericolo.
Tornato infine a S. Stefano, non mi resta che pedalare per i 30 chilometri rimanenti, pianeggianti a parte l'ultimo consueto 'dente' di Cortiglione. Le difficoltà altimetriche sono ormai alle spalle, ma sento le gambe girare ancora bene e mi sforzo di impostare una cadenza regolare fissando di volta in volta l'obiettivo sul paese successivo, senza concentrarmi sulla monotonia dei lunghi rettilinei da superare. Oltrepasso così canelli, Calamandrana, Nizza e Incisa, prima di affrontare con quasi 70 chilometri sulle gambe lo strappo di Cortiglione che per quanto breve e straconosciuto ha spesso rappresentato una piccola sofferenza per il fatto di cadere a fine giro. In questo caso, mi basta invece scalare un rapporto più agevole per lasciare senza danni alle mie spalle anche questa salitella, segno di una forma più che buona per il periodo.
Gli ultimi chilometri in val Tiglione sono buoni solo per spingere il rapportone in attesa delle uscite delle prossime settimane, meteo permettendo.

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