Canelli - Rocchetta Palafea - Bistagno - Mombaldone - Roccaverano - Vesime - Cessole - Loazzolo - Canelli (Km 66,9)
Prosegue l'estate a singhiozzo con quattro giorni di febbre a inizio settimana che mi mettono al tappeto e mi suggeriscono di cancellare la prevista uscita alpina a vantaggio di una più abbordabile escurione nei territori tra il Belbo e i due bracci del Bormida di Spigno e di Millesimo, dove le colline della Langa astigiana si incontrano con quelle dell'Alto Monferrato alessandrino. È un percorso che avevo in mente di piazzare nel mese di settembre, quando la temperatura fresca l'avrebbe reso certamente più godibile, invece lo catapulto in pieno luglio, sotto un sole che picchierà duro tutto il giorno.
Per una volta, l'itinerario ha una metà ben precisa in Mombaldone, disconosciuto borgo medievale nel basso astigiano, uno di quei posti dove non puoi proprio capitare per caso, ma che una volta raggiunto ti lascia a bocca aperta: un pezzo di Toscana al confine tra Piemonte e Liguria, sicuramente una delle più belle scoperte dell'anno insieme a Cella Monte e Olivola, ma più sorprendente. Il punto dolente, vista la collocazione di Mombaldone, è che quello disegnato diventa l'anello più breve possibile, senza nessuna possibilità di effettuare tagli neppure negli ultimi chilometri, quando il caldo sommato a una condizione approssimativa mi costringeranno a boccheggiare per superare l'ultima asperità della giornata. A parte questo, un giro molto bello, con soltanto un paio di tratti a fondovalle abbastanza noiosi tra la fine delle discese e l'attacco delle successive salite.
Fisso la partenza a Canelli con l'idea di partire al mattino, ma una dormita più lunga del previsto fa slittare di parecchio l'ora di avvio, cosicché mi toccherà pedalare proprio nelle ore più calde della giornata. Dopo i primi cinque chilometri in piano, è già ora di salire alla volta di Rocchetta Palafea attraverso la strada principale: sono poco più di tre chilometri pedalabili nella prima e nell'ultima parte, un po' più impegnativi nel chilometro e mezzo centrale, ma complice la freschezza di inizio giro non ho mai la sensazione che si salga sopra il 6-7%. Quando poi raggiungo la parte bassa del paese e svolto a destra verso lo spartiacque con la valle Bormida, la strada dopo un primo breve tratto in discesa riprende a salire per altri 2-3 chilometri con pendenze molto leggere fino alla frazione di Roncogennaro, ormai in provincia di Alessandria. In corrispondenza con lo scollinamento, la strada diventa più larga e anonima, e i chilometri che mi dividono da Bistagno scorrono via senza lasciarmi particolari sensazioni.
Raggiunta la fondovalle, mi aspetta il tratto più monotono del giro: una dozzina di chilometri pianeggianti da percorrere lungo la statale che da Acqui porta a cairo Montenotte e poi a Savona. Sono solo a inizio giro, e la mia unica premura, oltre che rimanere sveglio, è quella di non disperdere inutili energie. Alla fine, dopo aver attraversato una galleria breve quanto buia, arrivo al bivio a destra per Mombaldone, che raggioungo dopo un paio di chilometri. Le ultime centinaia di metri che portano all'ingresso del borgo sono in forte pendenza, ma mai sforzo è stato più meritevole: oltrepassata una porta ad arco, entro in un paese fermo a epoche remote, con tutti gli edifici in pietra e la stradina lastricata e larga poco più di due metri. Questa volta, più che per gli ampi panorami, le foto sono quasi tutte per Mombaldone, ogni casa meriterebbe uno scatto, peccato solo per le due chiese nella piazzetta centrale, con le facciate rifatte probabilmente nell'Ottocento. Difficilmente questa perla rientrerà in qualche percorso futuro, ma varrà sicuramente la pena ritornarci in macchina.
Quando dopo una troppo breve esplorazione del paese mi rimetto in sella, è il momento di cominciare a dare un senso anche tecnico al giro, svoltando a sinistra per Roccaverano. Sono nove chilometri di ascesa che ho studiato accuratamente per non cadere in errori nell'impostazione del ritmo, e in effetti riesco sempre a tenere sotto controllo la cadenza valutando chilometro dopo chilometro il variare delle pendenze sotto i miei pedali, comunque mai proibitive. Quello che semmai non avevo messo in conto è che dovevo affrontare la massima difficoltà della giornata a mezzogiorno, risalendo il versante sud sotto un sole impietoso che nei chilometri centrali e più impegnativi mi surriscalda costandomi un forte dispendio idrico. Dopo tanti anni di bicicletta, cado ancora in questi tranelli estivi, e sebbene raggiunga lo scollinamento a Roccaverano senza eccessivi patemi, una volta in vetta comincio a sentire una bella sete, che conto di placare otto chilometri più in giù, quando avrò raggiunto Vesime al termine di una lunga e filante discesa già affrontata un anno fa.
Superato il ponte sull'altro braccio del Bormida - stavolta quello di Millesimo - spalanco gli occhi per adocchiare un bar o almeno una fontana, ma né a Vesime né a Cessole tre chilometri più in là trovo possibili rifornimenti. Ho ormai più di 50 chilometri sulle gambe quando arrivo infine alla borgata Quartino, ai piedi della salita per Loazzolo, e l'improvvisa comparsa dell'insegna di un bar è come il miraggio di un'oasi. Purtroppo, la metafora è quella giusta, perché a dispetto del cartello 'aperto', un altro foglio informa che da pochi giorni il locale fa servizio solo serale.
È un brutto colpo, morale oltreché fisico, di fontane non c'è traccia e non mi resta che rimettermi in sella consapevole che la terza e ultima salita mi presenterà un conto salato. L'ascesa è regolare, ma la spia della riserva si accende in fretta e l'ultimo chilometro per raggiungere Loazzolo è durissimo. In paese trovo finalmente una fontanella e mi fermo per bere e darmi una rinfrescata, ma ormai è tardi, mi sento disdratato e i successivi due chilometri, ancora in moderata salita mi sembrano eterni.
Quando termino finalmente la salita e mi ributto verso la valle Belbo, mancano poco più di sette chilometri interamente in discesa per raggiungere Canelli, che affronto in apnea senza altro pensiero che la piazza centrale dove potrò dissetarmi e rimettermi in forze, conclusione non degnissima di un giro per altri versi molto interessante, con qualche chilometro di pianura di troppo ma difficile da disegnare meglio. Resto convinto che una collocazione autunnale avrebbe reso più godibile questo percorso, ma nel complesso è stata una giornata ben spesa, l'ultima utile prima dell'appuntamento col Colle dell'Agnello da qui a una decina di giorni. Pendenze e altitudine saranno ben diverse, ma di una cosa almeno posso essere certo: non dovrò pedalare sotto la canicola.
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