lunedì 6 aprile 2009

La collina classica



Torino - Colle della Maddalena - Revigliasco - Pecetto - Pino Torinese - Superga - Rivodora - S. Mauro - Torino (Km 50,3)




Torno a pedalare dopo venti giorni, il che significa che una parte del lavoro fatto finora è andato perduto, non tanto a livello di tono muscolare quanto di fondo. La giornata comunque dopo le piogge della settimana è bellissima, e l'itinerario su e giù per la collina promette momenti da ricordare. In cantiere ci sono una cinquantina di chilometri con passaggi al colle della Maddalena e a Superga, con un dislivello totale di circa 800 metri, finora il massimo dell'anno.
Raggiunta piazza Hermada, prendo a sinistra la strada di val S. Martino Superiore, che propone immediatamente pendenze importanti: tre tornanti secchi e poi un lungo rettilineo oltre il 10% da affrontare a freddo, ma conosco bene la strada e non mi faccio sorprendere. Ritmo regolare e il muro finisce senza particolari patemi prima di creare problemi, poi la salita continua più regolare per circa un chilometro, buono soprattutto per rodare la gamba e gustarsi ampie panoramiche sulla città, annotando il contrasto tra le ville che si affacciano sulla strada e i prati verdissimi circostanti. È davvero una sensazione strana quella che si prova nel giro di un paio di chilometri e una manciata di minuti nei quali si passa dal traffico di corso Casale al silenzio e l'aria pulita di questa parte di collina.
C'è ancora qualche tratto di una certa durezza intervallato da altri più pedalabili, poi arriva il primo pezzo in contropendenza che da un lato permette di rifiatare, dall'altro introduce al secondo muro della salita, più lungo e impegnativo del primo, con gli ultimi 100 metri intorno al 15%. Stavolta c'è da stringere i denti e mettercela tutta per guadagnare la fine dello strappo, che coincide anche con l'ingresso in un bel falsopiano e poi una nuova discesa, piuttosto ripida, che porta a immettersi nella stada principale. Restano circa quattro chilometri di salita per 300 metri di dislivello prima del colle, con un paio di strappi duri prima del bivio dell'eremo. Gli ultimi due chilometri di ascesa sono abbastanza regolari, e arrivo al faro in discrete condizioni, dove mi concedo una sosta panoramica. La luce è buona e si distingue tutto l'arco alpino innevato dal Monviso al Monte Rosa.
Riparto in discesa in direzione Revigliasco. Dopo aver lasciato la strada principale, il fondo ogni tanto è dissestato, con qualche buca dovuta a neve e pioggia delle settimane precedenti. Sono in tutto 4-5 chilometri, e percorrendoli in discesa si apprezza ancora meglio la pendenza di alcuni strappi prima di arrivare alla rotonda per Pecetto, che si raggiunge dopo un chilometro di discreta salita. Da qui proseguo per S. Felice prendendo per Chieri e il paio di chilometri da percorrere sulla provinciale sono i più trafficati, anche se il paesaggio è sempre molto godibile nel versante di collina che degrada più dolcemente verso la pianura dietro Torino: finalmente appaiono i primi alberi fioriti e l'erba è di un colore intensissimo.
Svoltato per S. Felice, la strada torna tranquilla e da lì fino all'ingresso in Pino si sale in leggero e continuo falsopiano: sono circa 5 chilometri che - complice l'ora di pranzo che si avvicina - prosciugano quasi senza preavviso le evidentemente poche energie che rimanevano. La luce della riserva si accende all'improvviso sulla dura rampetta che dalla parte bassa del paese porta a quella alta: mi pianto clamorosamente e raggiungo con difficoltà la rotonda per Superga. Sono però solo le prime avvisaglie della bambola che sto per prendere lungo la panoramica. Anche qui, dopo un primo tratto in leggera discesa, inizia un lungo falsopiano che normalmente si pedala col rapportone. Stavolta non c'è santo che tenga, per quanto rallenti ogni curva sembra più lontana, la gamba si fa sempre più pesante e addirittura arriva un crampetto alla coscia destra. Mi fermo a bere a una fontanella a bordo strada e poi riesco finalmente a scollinare: un delirio di fatica che speravo di risparmiarmi. Resta l'ultimo strappo, molto più duro, dal bivio dei Sassi a Superga, ma ormai il peggio è passato e raggiungo il piazzale della basilica dove mi concedo un po' di riposo.
Quando risalgo in sella, c'è solo da scendere in città. Opto per la strada di Rivodora che scende tra Castiglione e S. Mauro. La prima parte è abbastanza ripida con una bella serie di tornanti su strada abbastanza sporca, dopo Rivodora la discesa diventa facile e filante fino a raggiungere la statale lungo il Po. Manca una decina di chilometri di pianura in cui l'aria inquinata sembra ancora più pesante in confronto a quella respirata fino a pochi minuti prima. La buona notizia è che le gambe, almeno in pianura, hanno ricominciato a girare discretamente.

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