
Torino - Colle della Maddalena - Revigliasco - Pecetto - Pino Torinese - Superga - Rivodora - S. Mauro - Torino (Km 50,3)

Raggiunta piazza Hermada, prendo a sinistra la strada di val S. Martino Superiore, che propone immediatamente pendenze importanti: tre tornanti secchi e poi un lungo rettilineo oltre il 10% da affrontare a freddo, ma conosco bene la strada e non mi faccio sorprendere. Ritmo regolare e il muro finisce senza particolari patemi prima di creare problemi, poi la salita continua più regolare per circa un chilometro, buono soprattutto per rodare la gamba e gustarsi ampie panoramiche sulla città, annotando il contrasto tra le ville che si affacciano sulla strada e i prati verdissimi circostanti. È davvero una sensazione strana quella che si prova nel giro di un paio di chilometri e una manciata di minuti nei quali si passa dal traffico di corso Casale al silenzio e l'aria pulita di questa parte di collina.
C'è ancora qualche tratto di una certa durezza intervallato da altri più pedalabili, poi arriva il primo pezzo in contropendenza che da un lato permette di rifiatare, dall'altro introduce al secondo muro della salita, più lungo e impegnativo del primo, con gli ultimi 100 metri intorno al 15%. Stavolta c'è da stringere i denti e mettercela tutta per guadagnare la fine dello strappo, che coincide anche con l'ingresso in un bel falsopiano e poi una nuova discesa, piuttosto ripida, che porta a immettersi nella stada principale. Restano circa quattro chilometri di salita per 300 metri di dislivello prima del colle, con un paio di strappi duri prima del bivio dell'eremo. Gli ultimi due chilometri di ascesa sono abbastanza regolari, e arrivo al faro in discrete condizioni, dove mi concedo una sosta panoramica. La luce è buona e si distingue tutto l'arco alpino innevato dal Monviso al Monte Rosa.

Svoltato per S. Felice, la strada torna tranquilla e da lì fino all'ingresso in Pino si sale in leggero e continuo falsopiano: sono circa 5 chilometri che - complice l'ora di pranzo che si avvicina - prosciugano quasi senza preavviso le evidentemente poche energie che rimanevano. La luce della riserva si accende all'improvviso sulla dura rampetta che dalla parte bassa del paese porta a quella alta: mi pianto clamorosamente e raggiungo con difficoltà la rotonda per Superga. Sono però solo le prime avvisaglie della bambola che sto per prendere lungo la panoramica. Anche qui, dopo un primo tratto in leggera discesa, inizia un lungo falsopiano che normalmente si pedala col rapportone. Stavolta non c'è santo che tenga, per quanto rallenti ogni curva sembra più lontana, la gamba si fa sempre più pesante e addirittura arriva un crampetto alla coscia destra. Mi fermo a bere a una fontanella a bordo strada e poi riesco finalmente a scollinare: un delirio di fatica che speravo di risparmiarmi.

Quando risalgo in sella, c'è solo da scendere in città. Opto per la strada di Rivodora che scende tra Castiglione e S. Mauro. La prima parte è abbastanza ripida con una bella serie di tornanti su strada abbastanza sporca, dopo Rivodora la discesa diventa facile e filante fino a raggiungere la statale lungo il Po. Manca una decina di chilometri di pianura in cui l'aria inquinata sembra ancora più pesante in confronto a quella respirata fino a pochi minuti prima. La buona notizia è che le gambe, almeno in pianura, hanno ricominciato a girare discretamente.
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