venerdì 30 marzo 2018

Equinozio al Pian dei Corsi


Pietra L.re - Tovo San Giacomo - Bardino Vecchio - Bardino Nuovo - Magliolo - Melogno - Pian dei Corsi - Carbuta - Calice L.re - Finale L.re - Pietra L.re (Km 46)


Primavera d'intorno. Brilla nell'aria e per li campi esulta.
Un anno fa di questi tempi mi arrampicavo in maniche corte a Vetan, in Valle d'Aosta, a oltre 1600 metri di altitudine, con la neve confinata alle altissime quote dei ghiacciai; un'anomalia senza dubbio, ma quest'anno siamo all'opposto meteorologico. Immagino che da quelle parti a quest'ora ci sia almeno un metro di neve, se è vero che burian continua a infuriare e che l'ultima perturbazione è transitata nella notte del trapasso dall'inverno alla primavera. Così, per disegnare un percorso degno di questo periodo dell'anno, bisogna guardare verso sud alla ricerca di qualche grado in più sulla colonnina del termometro: scartata l'ipotesi delle Langhe, non resta che la Liguria, e anche qui c'è da scegliere tra qualche saliscendi a bassa quota o puntare alla montagna, con la speranza che la gamba regga uno sforzo prolungato e soprattutto che il sole e l'aria del mare mitighino gli effetti della corrente settentrionale che da settimane sferza il Piemonte. In partenza mi tengo pronti due percorsi alternativi, in corso d'opera deciderò quale dei due portare a termine.

Dopo il trasferimento in macchina e una bella colazione a Finalborgo, raggiungo infine Pietra Ligure, dove decine di posti auto liberi mi danno un insolito benvenuto in Liguria; purtroppo, lo stesso non posso dire per il clima: al mare c'è il sole e la temperatura sarebbe anche gradevole, non fosse che il lungomare è battuto da violente folate di vento provenienti da nord, antipasto di quello che sarà il fastidioso leitmotiv della giornata.
Dopo un chilometro di Aurelia tra le case del paese, svolto subito a destra per inoltrarmi nell'entroterra lungo il corso del torrente Maremola. I tre chilometri che separano Pietra da Tovo San Giacomo sono in leggerissimo falsopiano, ma la corrente che arriva dale montagne in questo punto non trova ostacoli e viene incanalata verso il mare con una forza in senso contrario che raramente avevo subito in passato, al punto che risulta a più riprese problematico anche mantenere l'equilibrio in sella. La conseguenza è che il breve tratto di riscaldamento che avrebbe dovuto precedere l'inizio della salita si trasforma in un passaggio molto faticoso che non vedo l'ora di lasciarmi alle spalle: una volta che avrò cominciato a salire, la velocità ridotta diminuirà l'effetto e del vento, e soprattutto conto sul fatto che buona parte del tragitto sarà riparato dai pendii a bordo strada.
In effetti, salvo qualche passaggio completamente esposto, una volta superato Tovo San Giacomo, riesco a pedalare meglio e a trovare un buon ritmo di marcia. La salita che ho iniziato è tutto sommato regolare e nel giro di dieci chilometri supererà gli abitati di Bardino Vecchio, Bardino Nuovo e Magliolo, fino a congiungersi con la provinciale che porta da Finale al colle del Melogno, una strada notevolmente panoramica che deciderò se percorrere nel tratto in salita o in discesa a seconda delle sensazioni che proverò nel momento in cui raggiungerò il bivio.
Tra una condizione fisica molto approssimativa e una situazione climatica non troppo promettente, la tentazione di mantenermi a quote più basse esiste, ma tutto sommato questa prima parte di giro non è andata male, e come al solito alla fine prevale la voglia di spingermi più in là, in questo caso a toccare per la prima volta nell'anno i 1000 metri; nella fattispecie, non arriverò comunque ai 1028 metri del colle, perché circa un chilometro prima svolterò a destra in direzione del Pian dei Corsi.
Per il momento, devo comunque affrontare altri sei chilometri di salita lungo la provinciale tutt'altro che banali. Le pendenze non sono mai proibitive, ma difficilmente si staccano dal 7-8%, una percentuale che a lungo andare si fa sentire sulle gambe, nel momento in cui la temperatura si abbassa chilometro dopo chilometro, il vento contrario si fa più freddo e la neve compare a bordo strada. Con fatica crescente supero una curva dopo l'altra, fino a raggiungere la località Melogno e il bivio dove abbandono la strada per il colle.
Dopo 15 chilometri, la salita finisce di fatto qui, intorno a quota 950, ma anche una volta imboccata la strada a destra, si prosegue in falsopiano, per fortuna stavolta col conforto del vento a favore fino a raggiungere una lunga cresta in saliscendi che culmina ai 1000 metri del Pian dei Corsi. Sulla strada, adesso esposta a est, sono ancora presenti tracce della leggera nevicata della notte, ma quello che più impressiona è l'effetto sonoro del forte vento sulla lunga teoria di pale eoliche poste sulo crinale della montagna, appena a sinistra della sede stradale: per qualche chilometro sembra di pedalare sulla pista di un aeroporto, una sensazione poco rassicurante acuita dal freddo, adesso davvero pungente.
Credo che ci siano non più di due o tre gradi, il sole nel frattempo si è nascosto e mi aspetta una discesa lunga e tecnica verso Calice; ho già dalla partenza l'equipaggiamento invernale con berretto, gambali e giacca pesante, ma per precauzione mi sono portato un paio di guanti e di calze aggiuntive che non esito a indossare e che tuttavia non impediranno un certo patimento nei primi 7-8 chilometri, fino a quando ridiscendo intorno a quota 400 e la temperatura torna sopportabile se non proprio gradevole.
Arrivato a Calice, la manciata di chilometri che mi riportano a Finale e al mare scorrono velocissimi, col vento finalmente alle spalle, mentre gli ultimi tre lungo l'Aurelia sono nuovamente controvento e richiedono un piccolo supplemento di fatica prima di chiudere il primo vero giro impegnativo dell'anno, in paziente attesa che la primavera arrivi non soltanto nel calendario.

il meglio del giro

Da ricordare il passaggio in quota al Pian dei Corsi in veste invernale, con neve e vento polare a conferirgli una certa connotazione di impresa eroica (o insensata).

Nessun commento:

Posta un commento