Torino - Superga - Pino T.se - Tetti Rosero - Colle della Maddalena - Torino (Km 32,7)
Dal cappello di un giugno problematico esce il coniglio di un breve quanto intenso allenamento mattutino sulla collina torinese, da dove mancavo da tre anni. Per l'occasione, sveglia alle 6h30 e pedalata surreale a Superga e colle della Maddalena, con traffico paragonabile alle uscite lungo le strade più lontane dal mondo.
Quando muovo le prime pedalate in piazza Vittorio, la città è deserta e il cielo ancora gonfio di nuvole che si diraderanno solo un paio d'ora più tardi. L'umidità è quasi tangibile ma non fastidiosa, perché la temperatura è intorno ai 15° e la qualità dell'aria insolitamente buona per essere in centro città.
L'attraversamento di corso Casale, tra semafori e traffico moderato mi ricorda dove mi trovo, ma tutto cambia non appena arrivo ai Sassi e infilo a destra la salita per Superga. In passato ho raggiunto la basilica da altri versanti e ho percorso questo in discesa, ma stranamente questa è la prima volta che affronto la salita più classica e rinomata di tutta la collina torinese. Sono poco meno di cinque chilometri al 9,4% di media con picchi oltre il 15%, dunque si tratta di una salita da prendere con le molle facendo particolare attenzione a non finire fuori soglia, perché margini di recupero ce ne saranno pochi.
Prima rampa a fianco della stazione della cremagliera pedalabile, poi curva a sinistra e immediato attacco dei primi muri: mezzo chilometro abbondante con pendenza superiore al 10% con la strada che si addentra nel bosco fiancheggiando le mura delle ville, mentre il traffico diventa nullo e a mezz'aria galleggia una spessa nebbiolina. Nei rari tratti panoramici, la città è già lontana e coperta da un fitto strato di foschia.
Superato il primo scoglio, la salita diventa tranquilla per un altro mezzo chilometro, prima di iniziare il temutissimo tratto centrale, il più duro di tutta la salita con la sua pendenza media al 12-13%. Riduco progressivamente la velocità ma riesco a salire abbastanza regolarmente fino a quando incontro il tratto più impegnativo, una curva a destra ben oltre il 15% che mi obbliga ad alzarmi sui pedali e a profondere il massimo sforzo per circa cento metri. Riesco a stento a non andare fuori giri e a recuperare nel successivo tornante a destra, superando poi senza grandi problemi anche il rettilineo e la curva a sinistra, ancora all'11%, che immettono all'agognato Pian Gambino, all'incirca a metà salita, ultimo punto buono per rifiatare: è un semplice rettilineo in piano di 2-300 metri da cui si scorge la Basilica in alto sulla sinistra, ma dopo il chilometro appena lasciato alle spalle è manna dal cielo.
Il sollievo dura tuttavia il tempo di un sospiro, perché subito dopo il piano comincia il terzo muro, meno duro dei precedenti ma pur sempre con punte al 12-13%, e soprattutto da scalare con le fatiche precedenti già sulle gambe. Guadagno con costanza un metro dopo l'altro confortato dal traguardo ormai vicino, e quando alla fine arrivo al bivio nei pressi del bar, ne ho ancora abbastanza per affrontare senza affanni anche le ultime rampe al 9% che precedono l'ingresso sul piazzale della Basilica completamente deserto, uno spettacolo unico che conto di ripetere anche nel prossimo futuro.
Il tempo di una foto e ripercorro all'ingiù l'ultimo tratto di salita prima di svoltare a sinistra e imboccare quasi subito la panoramica. Anche in questo caso, i primi 500 metri verso il monte Aman sono in buona salita, ma nel frattempo ho recuperato bene e li supero in scioltezza, per poi godermi i successivi chilometri che mi separano da Pino su una strada in leggera discesa nella quale incrocio qualche sparuto ciclista e qualche amante del jogging di prima mattina.
A Pino, scendo in strada S.Felice percorrendola per un paio di chilometri prima di girare a destra su strada Rosero, una di quelle minuscole strisce d'asfalto che solcano la collina tra boschi e prati. Devo dire che avevo molte aspettative su questa strada, invece è piuttosto anonima, nella prima parte immersa nella boscaglia, poi snodata lungo i prati sopra Pecetto, ma mai in posizione particolarmente panoramica. Tecnicamente sono da ricordare una rampa durissima prima della borgata e una seconda subito prima di immettersi sulla strada per l'Eremo.
Riguadagnata la strada principale, le fatiche sono tutt'altro che terminate. I 600 metri che mi separano dalla rotondona del col d'Arsete sono un curvone a destra e un lungo rettilineo molto impegnativi, direi ancora intorno al 10%. Dalla rotonda al colle dell'Eremo si sale ancora moderatamente, per poi riprendere con decisione dopo la svolta a sinistra per il colle della Maddalena, che si raggiunge dopo circa un chilometro e mezzo su pendenze dal 7 al 9%.
A questo punto, non resta che gettarsi nella veloce discesa che dopo i passaggi al parco della Rimembranza e la val Salice mi riporta in una città ancora semi-addormentata attraverso via Fiume, ponte Umberto I e corso Cairoli.
Un bell'esperimento, in definitiva, e anche un breve ma significativo test in vista dell'uscita valdostana in programma (se il meteo finalmente permette) per sabato, su un percorso completamente diverso da quello a suo tempo studiato per il passaggio del Giro sul Joux.
Ciao, io sono di Torino e conosco tante strade della collina torinese e chierese.
RispondiEliminaDa Superga (ah, complimenti per la salitazza di Sassi, recentemente l'ho fatta 2 volte e sempre d'estate ed è terribile) hai fatto bene a prendere la "panoramica" (via dei Colli), nel caso non l'avessi mai percorsa, perchè comunque è la più famosa, altrimenti avresti potuto optare per la strada che scende a Valle Ceppi (certo, avresti allungato il kilometraggio e il dislivello positivo per la risalita a Pino T.se). E' quella che transita per Tetti Chiapasso e Barbasso e, a parte qualche curvetta e curvona, è praticamente un rettilineo godurioso con zero traffico.
Grazie per i complimenti ;-)
RispondiEliminaLa strada di Valle Ceppi non la conosco, terrò conto del tuo suggerimento quando mi ricapiterà di girare per la collina torinese.