lunedì 19 settembre 2011

L'alta valle Maira



Stroppo - Canosio - Colle del Preit - Canosio - Marmora - Colle d'Esischie - Marmora - Stroppo (Km 67,9)



Me ne sono accorto per caso. Il colle del Preit, asfaltato da qualche anno, era l'unico over 2000 in provincia di Cuneo che mi mancasse, e dunque ecco la meta per l'ultima escursione in montagna dell'anno, ancora una volta baciata da un meteo perfetto. Quando si pedala in valle Maira, i punti di partenza classici sono Dronero o S. Damiano Macra, ma stavolta decido di partire da Bassura di Stroppo, a ridosso della salita, perché non ho voglia di spendere energie in una fondovalle che conosco a memoria (e di cui odio l'immancabile forte vento contrario in discesa), e soprattutto perché da giorni sto covando l'insana idea di doppiare il Preit con una seconda salita in zona, se le gambe risponderanno bene allo sforzo. Le uscite precedenti al colle delle Salse e al Gran S. Bernardo dovrebbero garantirmi un buon fondo, poi come sempre saranno le sensazioni del momento a dirmi quanto sarà il caso di insistere.
Mi muovo da casa per tempo e dopo un lungo trasferimento in macchina sono pronto a iniziare l'avventura intorno alle otto e trenta. L'aria è più che frizzante, ma confido di riscaldarmi in fretta non appena la strada comincerà a salire dopo Ponte Marmora. Il brevissimo tratto di riscaldamento, quattro chilometri in tutto, è comunque utile per scartare l'opzione di Elva come eventuale seconda salita di giornata, perché un cartello indica strada chiusa per lavori, e aggirare un eventuale blocco lungo il vallone sarebbe ovviamente impossibile.
Arrivo velocemente al bivio di Ponte Marmora, dove abbandono la fondovalle e attacco la salita con l'imperativo di tenere integra la gamba in vista degli ultimi tre chilometri che si preannunciano durissimi. I primi quattro chilometri fino al bivio per Canosio sono mediamente pedalabili, anche se non manca qualche impennata al 7-8%, buona se non altro per testare la pedalata con i muscoli ancora freddi per i pochi chilometri alle spalle e per la temperatura che si mantiene ancora piuttosto bassa, visto che il sole proprio non ne vuole sapere di salire a riscaldare anche questa valletta. Mi basta comunque tenere un'andatura regolare e scalare prudentemente il 25 anche in qualche punto che non lo richiederebbe per spezzare il fiato e trovare la giusta cadenza, in attesa che siano le rampe del Preit a impormi continui e spesso indigesti cambi di ritmo.
Subito dopo la svolta a destra, inizia la salita vera e propria al colle del Preit, circa 11 chilometri per 900 metri di dislivello: una media rispettabile ma non impossibile, si direbbe, se non fosse che soprattutto fino all'abitato di Preit ci sono lunghi tratti pedalabili al limite del falsopiano, fatalmente compensati nella seconda parte da un finale terribile.
Il passaggio a Canosio e il chilometro successivo sono il tratto più facile di tutta la salita, con pendenza che credo non arrivi al 5%. La strada è immersa all'ombra del bosco e si procede che è una meraviglia finché improvvisamente ci si imbatte nel primo biglietto da visita della salita: una rampa assassina di circa 100 metri con pendenza vicina al 15%, seguita da un curvone ancora al 10%. C'è di positivo che sono ancora nel pieno delle forze per superare il balzo all'insù senza troppe difficoltà, e in questa fase l'ascesa è molto discontinua, e subito dopo la pendenza si assesta per un discreto tratto tra il 6 e l'8%. Mancano ancora un paio di chilometri a Preit, con la strada che replica altre due o tre volte lo stesso leit-motif: strappi violenti di qualche centinaio di metri alternati a tratti più lunghi in cui la strada spiana e si riesce a recuperare bene. Anche nei punti più impegnativi, comunque, l'impressione è di salire abbastanza bene, lento ma regolare e senza mai sforare la soglia.
Superato Preit e una brevissima contropendenza, il vallone finalmente si apre mostrando uno splendido scenario roccioso mentre, proprio di fronte a me, si distinguono nitidamente le ultime diagonali che si arrampicano al colle. Per un paio di chilometri abbondanti, la salita continua dura ma a strappi, con parecchi passaggi in cui rifiatare; poi, ai meno tre dalla vetta, arriva la prima lunga impennata con un buon chilometro oltre il 10% di media. Sono stato molto attento a dosare le forze, e senza strafare supero il duro ostacolo con discreta disinvoltura, riuscendo anzi a sfruttare il successivo tratto più leggero per recuperare il ritmo e prepararmi anche mentalmente all'ultimo tremendo pedaggio da pagare al Preit.
Uscito da un tornante a sinistra, ecco infatti iniziare un interminabile drittone con pendenza costantemente al di sopra del 12-13%, in alcuni punti direi anche superiore al 15%. Basta guardare il vallone alla mia sinistra per rendermi conto che ad ogni centinaio di metri faticosamente conquistato corrisponde un significativo aumento dell'altitudine, e quel tratto di strada su cui stavo sgobbando solo pochi minuti prima, ora è laggiù, lontanissimo.
Non so dire se è il chilometro di alta montagna più duro che abbia mai percorso, forse il Fedaia o il Fauniera hanno qualcosa di simile, e sicuramente il Mortirolo e lo Zoncolan sono ancora peggio, sta di fatto che qui non è più ora di calcoli, si tratta di spingere sui pedali con tutta la forza possibile, mentre la bicicletta sembra non volerne sapere di assecondare il mio sforzo. Anche nei momenti più duri tuttavia non ho mai la sensazione di stare per cedere, rinfrancato soprattutto dalla consapevolezza che la sofferenza durerà ancora poche centinaia di metri, il tempo di prendere larghissimo un tornante a destra e impegnarmi in un'ultima breve e durissima rampetta prima che la strada svolti nuovamente a sinistra e la pendenza si attesti finalmente su valori più umani, intorno all'8%.
Manca ancora mezzo chilometro circa alla fine dell'asfalto, ma ormai il peggio è alle spalle e mi sembra di volare fino all'agognato cartello. Al colle, il panorama è stupendo con Rocca la Meja che svetta a sinistra, ma come già mi era capitato sul Granon un anno fa, mi resta senza risposta l'interrogativo sul reale significato di una strada come questa, che di fatto termina senza portare da nessuna parte. L'asfalto potrebbe terminare un chilometro prima o uno dopo, ma non cambierebbe la sostanza: il colle del Preit è a mio avviso un durissimo esercizio di stile situato in un sontuoso contesto montano, ma mi pare più adatto a un percorso in MTB che in bici da corsa, ed è questo in fondo il motivo per cui finora era sfuggito al mio radar.
Resta comunque grande la soddisfazione di aver domato anche questo gigante alpino, e una volta ripreso fiato posso constatare che i chilometri finali sono stati duri ma non letali: mi sento abbastanza bene da tentare l'azzardo di una seconda arrampicata.
La discesa a Canosio è tutto sommato abbastanza agevole per il fondo più che accettabile lungo tutto il percorso, e non ci metto molto a tornare ai 1200 di quota, dove mi ricongiungo alla strada del vallone di Marmora, e da qui decido di svoltare a destra per attaccare anche l'Esischie e - chissà - il Fauniera solo un chilometro e mezzo più in su.
Non ho particolari ambizioni, ormai l'obiettivo di giornata è stato centrato e tutto quel che verrà sarà un ottimo 'di più' per chiudere degnamente l'estate e le escursioni in alta quota.
Raggiunta in breve anche Marmora, la salita per un paio di chilometri si assesta su un impegnativo 8% di media, che senza possibilità di errore mi testimonia che le gambe non girano più come prima: salgo ancora con un ritmo accettabile, ma senza la fluidità che avevo fino all'ultimo chilometro del Preit. Mi rendo conto che il Fauniera sarà irraggiungibile, e decido di proseguire fino a che gambe e fiato non mi diranno 'basta', fissandomi di volta in volta obiettivi a breve.
Il primo traguardo intermedio è la borgata di Tolosano, distante ancora un paio di chilometri si pendenza regolare tra il 6 e il 7%, che riesco a superare anche grazie allo stimolo di un paio di ciclisti che mi stanno avanti di circa un minuto. Sono in un tratto abbastanza pedalabile e poco dopo l'abitato riesco a raggiungerli con l'intento di fare almeno un pezzo di strada con loro, almeno fino a quando il tratto centrale della salita non presenterà i tremendi strappetti per cui è famoso questo versante del Fauniera.
Per un paio di chilometri mi godo la compagnia dei due - un uomo e una donna che arrivano da Cuneo - lasciando che siano loro a scandire il ritmo, ma mi rendo conto che chilometro dopo chilometro le energie stanno diminuendo.
Quando infine arriva la prima rampa assassina, la gamba cede di schianto e sono costretto a sperarla a piedi, mentre i due compagni di avventura prendono rapidamente il largo. potrebbe essere il momento di girare la bici e tornare indietro, ma sento che - a parte l'evidenza di non riuscire a forzare al massimo per superare certe pendenze - ne ho ancora abbastanza per proseguire col mio passo per un po', e fisso il successivo traguardo al lago Resile, posto a circa 1900 metri di altezza. Via via che procedo, la strada comincia a uscire dal bosco dispiegando panorami spettacolari e una prima bellissima vista sul Monviso.
Dal canto mio, stringo i denti e proseguo con le gambe adesso appesantite dall'acido lattico, fino a raggiungere il cartello che indica il lago, ma ancora una volta decido di non fermarmi, convinto dalla bellezza della conca in cui la strada è nel frattempo arrivata. Mi concedo un paio di minuti di riposo e riparto alla volta dell'ultima malga, all'incirca ai 2100 metri di altezza. Questo tratto di strada è abbastanza pedalabile e senza troppe difficoltà raggiungo un ponticello da cui è possibile distinguere il tracciato degli ultimi tre chilometri prima del colle. Da quanto ricordo dall'ultima volta che sono stato da queste parti, la pendenza è abbastanza regolare, e vale la pena fare anche l'ultimo sforzo, sebbene sia chiaro che le forze siano ridotte al lumicino.
Mi rimetto in marcia con pazienza, senza più badare all'aspetto tecnico della salita, ma cercando piuttosto di compensare la fatica godendomi la selvaggia bellezza del luogo. Rallento l'andatura per quanto possibile e mi concedo un altro paio di brevi ma necessarie soste per rifiatare, ma dopo l'ulitmo tornante e l'ultimo drittone, una svolta a sinistra mi immette nei cento metri finali del colle d'Esischie, anticamera diretta di quel Fauniera che almeno in questa occasione non raggiungerò.
Il tempo di un paio di foto e mi butto in una discesa tecnica e resa abbastanza pericolosa da un fondo stradale in pessime condizioni, tra buche, ghiaia e smottamenti. Il ricordo della splendida discesa del S. bernardo sembra lontanissimo, qui si tratta di tenere gli occhi aperti a ogni curva per evitare di ritrovarsi per terra, ma alla fine raggiungo la fondovalle senza inconvenienti.
Dulcis in fundo, come prevedevo con l'aumento della temperatura si è levato un forte vento ascensionale che per i quattro chilometri finali mi soffia in faccia aggiungendo un'ultima fatica a un giro tanto bello quanto difficile.

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