mercoledì 4 luglio 2018

Il santuario di Oropa e la galleria di Rosazza


Biella - Favaro - Santuario di Oropa - Galleria di Rosazza - Santuario di San Giovanni - Rosazza - Campiglia Cervo - Andorno Micca - Biella (Km 45)


Storia d'altri tempi e altri uomini. Il costruttore biellese Federico Rosazza, mazziniano e massone, pervaso da una certa vena mistica, decide di unire i santuari di Oropa e di San Giovanni attraverso una strada in alta quota che culmina a 1486 metri con una galleria di circa 350 metri, scavata a mano nella roccia dagli scalpellini locali, che unisce i due valloni di Oropa e Cervo. Il tutto rigorosamente a sue spese, terminato dopo soli tre anni di lavoro nel 1898, col lieto fine per il Rosazza di una nomina regia a senatore, e per i biellesi di uno splendido itinerario spirituale e turistico, completato nel tempo dalla Panoramica Zegna a est e dalla strada del Tracciolino a ovest. Non occorre eccedere in qualunquismo per immaginare che questa storia, trasposta ai giorni nostri, finirebbe tra piazzate di comitati No Galleria o gran tintinnii di manette per giri di tangenti e spese pubbliche gonfiate.

Premessa necessaria per un giro che all'ultimo momento rispolvero dal lungo elenco degli itinerari buoni per ogni evenienza, in questo caso per rimpiazzare una trasferta in Francia resa impossibile dalle circostanze. La partenza direttamente da Biella, poi, toglie al percorso qualunque fronzolo di contorno, riducendo ancora una volta all'osso il chilometraggio, ma mantenendo un contenuto tecnico e turistico di tutto rispetto. Dopo un paio di chilometri lungo i corsi cittadini, una svolta a destra in direzione della parte alta di Biella segna di fatto l'inizio della salita verso il santuario di Oropa, resa celebre dalla storica vittoria di Pantani nel disgraziato Giro del 99, col Pirata capace in quell'occasione di rimontare tutto il gruppo dopo un incidente meccanico alla catena.
I 13 chilometri della scalata hanno in realtà ben poco di epico, soprattutto nei primi otto, molto agevoli fino al quarto chilometro e comunque regolari tra il 6 e l'8% dal quinto all'ottavo. Le cose cambiano quando si incrocia la strada in uscita da Favaro, da dove spuntano un paio di componente di un folto gruppo che avevo incontrato ai piedi della salita: il primo sale con un passo decisamente superiore al mio, ma il secondo, poche decine di metri davanti a me, va più o meno alla mia andatura e da quel momento diventa un ottimo punto di riferimento. I tre chilometri che seguono, a parte un intermezzo pedalabile, sono molto duri, con percentuali tra il 9 e il 10% e la parte finale all'11, e riuscire a farli in compagnia di un collega, scambiando quattro chiacchiere nei momenti in cui lo sforzo lo permette, è un bel supporto psicologico, e anche i punti più duri finiscono alle spalle senza aver fatto troppi danni.
Quando poi le pendenze a un chilometro e mezzo dal santuario si decidono a calare, la mia maggiore leggerezza che mi aveva permesso di fare l'andatura nei passaggi più impegnativi, diventa un handicap, e piano piano perdo la sua ruota, completando in solitaria quella che per me è però solo la prima parte della salita. Dopo i saluti reciproci sul piazzale del grande santuario, la mia fatica ricomincia con obiettivo la galleria di Rosazza, situata cinque chilometri e circa 350 metri più in su. I primi 500 metri per raggiungere il retro del complesso di edifici che formano a diversi livelli la monumentale struttura sono costituiti da un drittone tremendo, probabilmente il passaggio peggiore del percorso, in compenso quel che rimane non presenta più difficoltà di sorta, e anzi la strada diventa a misura di bici, stretta e sinuosa nel bosco, priva di traffico e nel tratto finale molto panoramica, per quanto la giornata grigia lo consenta.
L'ultimo mezzo chilometro molto agevole mi consente infine di arrivare all'imbocco del tunnel in scioltezza, ma una volta sul posto basta un'occhiata all'interno per sentire un certo brivido. Ho dimenticato di caricare il fanalino, e dunque mi toccherà inoltrarmi senza luci all'interno del budello stretto e nero come la pece di cui a malapena si scorge il fondo in lontananza. Il fondo umido e lastricato in pietra mi convince dopo poche pedalate a scendere dalla bici e proseguire a piedi, ma questo non impedisce intorno a metà galleria, immerso nel buio assoluto, di provare un senso di smarrimento e di claustrofobia che diminuisce poco alla volta, man mano che mi avvicino all'uscita: a conti fatti, direi che se la gioca con quella del Gavia, con la non piccola differenza che questa è in piano e rettilinea, ma decisamente più stretta e bassa.
Tornato finalmente alla luce del giorno, ecco sulla sinistra la più gradita delle apparizioni: il Rosazza aveva pensato bene di allestire per i suoi operai un bell'alberghetto in stile liberty che ancora oggi funge da locanda, con tanto di tavolini disposti a bordo strada, ed è qui che decido di conmsumare un ottimo pasto accompagnato da una bella bottiglia di birra, non esattamente l'ideale prima di affrontare una discesa ripida e tecnica come quella che mi aspetta. Come spesso accade, la realtà sulla strada si rivela poi meno brutta di quanto immaginassi e dopo cinque chilometri arrivo senza problemi al santuario di San Giovanni, certamente meno pretenzioso del suo corrispettivo, ma tutto sommato forse più autentico e raccolto. Da qui al paese di Rosazza, da cui partirebbe la salita a Bielmonte, e giù fino a Biella la discesa diventa ampia e filante per chiudere senza patemi un giro interessante, il meglio che possa permettermi di questi tempi.

il meglio del giro

Belli e suggestivi i dieci chilometri che uniscono i due santuari, galleria affascinante ma da affrontare muniti di fanale.

2 commenti:

  1. Leggo con tanto interesse le tue avventure, perchè di questo si tratta. Leggendo i tuoi articoli ho fatto poi personalmente il colle
    di Isasco e Valmala ( mamcato per un pelo ).

    Dividendo il mio tempo tra Diano e Provincia di Cuneo, per luglio /agosto mi ero prepararo a fare Colle d'Oggia, Caprauna, Mnte Bajardo etc. Una caduta ahimè, con frattura del,femore me lo impedirà. Non mi resta che leggere le tue nuove e vecchie avventure.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Antonio, mi fa piacere trasmettere un po' della mia passione per le due ruote e dare qualche spunto per i percorsi. in bocca al lupo per il tuo femore, spero che ritorni presto in sella e chissà che una volta non ci si trovi a pedalare insieme, visto che battiamo più o meno le stesse zone

      Elimina