mercoledì 28 agosto 2013

L'Appennino ligure


Cantalupo L.re - Albera L.re - Cabella L.re - Gordena - Passo di San Fermo - Vobbia - Alpe di Vobbia - Passo dell'Incisa - Crocefieschi - Vobbia - Costa Salata - Mongiardino L.re - Rocchetta L.re - Cantalupo L.re (Km 69)



Se il mese di luglio si era chiuso con un po' di anticipo tra i monti valdostani, agosto comincia dopo trenta lunghi giorni di sosta tra quelli più modesti, ma non per questo meno interessanti e impegnativi, dell'Appennino ligure. La pausa prolungata suggerirebbe forse un percorso più tranquillo (e infatti fino all'ultimo sono stato indeciso se inserire o tagliare il passo dell'Incisa), ma se voglio sparare le ultime cartucce importanti da qui all'inizio di settembre, vale la pena fare uno sforzo in più, pur sapendo quanto mi costerà in termini di fatica. Ne esce alla fine un giro di buon contenuto cicloturistico e di grande applicazione fisica e mentale, portato a casa senza troppi danni grazie a un sapiente uso della testa più che alla forza delle gambe, in ogni caso tutt'altro che imballate nella prima metà del percorso.
La partenza da Cantalupo in piena val Borbera comporta un discreto spostamento in macchina, ma garantisce un chilometraggio intorno ai 70 chilometri adeguato alla situazione, equamente suddiviso tra salita e discesa, con tratti in piano quasi completamente assenti. I primi sette chilometri fino a Cabella sono in falsopiano e ho il piacere di percorrerli con un paio di ciclisti della zona che mi danno qualche informazione sui luoghi e sulle tre salite che dovrò superare, per me del tutto sconosciute: in particolre, mi assicurano che dai passi nelle giornate più limpide si può godere di eccezionali panorami che spaziano dalle vette delle Alpi al mare e perfino alla Corsica. Non sarà purtroppo il mio caso, dato che la giornata è serena ma troppo umida, e il mare si può soltanto indovinarlo; per rifarsi gli occhi, sarà tuttavia più che sufficiente l'ampia vista sulle vette e le vallate della zona del parco dell'Antola, un'isola verde e inabitata a pochi chilometri dagli ingorghi di Genova.
Raggiunta nel frattempo e lasciata alle spalle Cabella, la strada comincia a salire moderatamente per circa un chilometro fino al bivio a destra per il passo di San Fermo, peraltro mai indicato esplicitamente. Attraverso in fretta il ponte sul Borbera e in successione gli abitati di Rosano e Dovanelli, poi, giunto al bivio per Dova, proseguo diritto per la frazione di Gordena, distante poco più di tre chilometri. Il primo tratto risale molto gradualmente il corso di un rio, poi man mano che ci si avvicina alle abitazioni la pendenza aumenta fino a presentare la prima rampa cattiva giusto prima di raggiungere la frazioncina e imboccare sulla sinistra la strada per Casalbusone e Dova Superiore: saranno questi i tre chilometri più impegnativi del giro, quelli che in sostanza manderanno all'aria il mio piano di superare il primo passo di giornata senza spendere troppe energie. Di fatto, da questo momento dovrò produrre il massimo sforzo per superare uno dopo l'altro una serie di scaloni a doppia cifra, seppur alternati a tratti abbastanza agevoli. Appena dopo Casalbusone, poi, una terrificante semicurva quasi mi butta giù di sella e il chilometro successivo ancora su pendenza prossime al 10% mi impedisce un adeguato recupero; quando infine mi ricongiungo alla strada principale poco sopra Dova, sento già una certa pesantezza nelle gambe, e a poco vale la vista in lontananza della chiesetta di San Fermo in cima al cucuzzolo per rendere più gradevole l'incedere nei tre chilometri tutto sommato pedalabili che mancano allo scollinamento. Dopo un tratto nel bosco piuttosto faticoso, la strada esce infine allo scoperto tagliando un bel pascolo fino ai 1150 metri del passo, Cima Coppi del giorno posto giusto al di sotto della chiesetta che raggiungo a piedi per godermi un po' di riposo e le spettacolari visuali su questo selvaggio settore appenninico.
Risalito in sella dopo qualche foto di rito, mi butto nella bella discesa verso Vobbia lungo il versante ligure del San Fermo: a differenza del versante piemontese in cui il fondo stradale era in condizioni pessime, ora il manto d'asfalto è quasi perfetto e la carreggiata larga quanto basta per scendere in piena tranquillità anche lungo i tornanti e i tratti immersi nella vegetazione. Supero in fretta gli abitati di Vallenzona e Vigogna e in breve raggiungo la provinciale per Vobbia, da dove partirà un piccolo anello di una ventina di chilometri che culminerà ai 1070 metri del passo dell'Incisa. La salita, lunga dieci chilometri, può essere suddivisa in tre parti: i primi due chilometri e mezzo fino a Noceto salgono regolari al 6-7% con bella vista sul versante di Crocefieschi da cui ridiscenderò, e li supero in buona agilità; i tre chilometri e mezzo successivi, con un dislivello complessivo di 300 metri, sono molto duri e complice il caldo ora intenso vi consumerò tutte le mie forze residue; i quattro chilometri finali, con passaggio all'Alpe di Vobbia, sarebbero una bella e panoramica passeggiata in altopiano se non fosse che a questo punto fatico a pedalare anche su pendenze irrisorie, e guadagnare lo scollinamento mi costa uno spropositato dispendio di sudore.
A ripagarmi dallo fatica, c'è però nel versante sud un buon chilometro in ambiente meravigliosamente montano che mi accompagna fino al bivio per Crocefieschi, dove la strada si reimmerge nella boscaglia per circa cinque chilometri. Uno dei ciclisti incontrati a inizio giro mi aveva diffidato dal prendere questa strada, a causa dell'indecoroso stato del fondo, ma evitarla avrebbe comportato scendere giù fino a Valbrevenna e aggiungere un'ulteriore salita fino a Crocefieschi, per cui non se ne parla nemmeno e punto direttamente il paese già attraversato un pao di mesi fa. La strada è in effetti in condizioni pietose, franata in molti punti e priva di manutenzione da chissà quanti anni, ma tutto sommato ho visto di peggio e scendendo con la dovuta cautela raggiungo senza problemi Crocefieschi, da dove la discesa prosegue fino a tornare a Vobbia lungo una strada adesso ampia e filante.
Rientrato a Vobbia, ho alle spalle 50 chilometri e il grosso delle asperità, ma da qui alla chiusura dell'anello c'è ancora l'ostacolo dei 790 metri del valico di Costa Salata, una salita di quattro chilometri piuttosto continua su pendenze dal 5 all'8%: non sarebbe certo un grosso problema, se non fosse che ormai le gambe non ne vogliono più sapere di girare e mi tocca superarla ad andatura lentissima. È tuttavia l'ultimissima difficoltà di un giro che come previsto mi ha spremuto fino all'ultima goccia di sudore, e una volta raggiunto il terzo e ultimo scollinamento, ho la soddisfazione di chiudere in una lunga e facile discesa un giro che ricorderò probabilmente come il più dispendioso dell'anno. I passaggi a Mongiardino e Rocchetta lungo la valle Sisola precedono di qualche minuto il rientro in valle Borbera, regalandomi la certezza che la fatica spesa oggi si rivelerà preziosa nelle prossime settimane.

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