mercoledì 16 novembre 2016

Le Langhe di Johnny e della Malora


Barbaresco - Tre Stelle - Treiso - San Donato - Rocchetta Belbo - Pavaglione - Manera - Borgomale - Bosia - Cravanzana - Arguello - Rodello - Alba - Tre Stelle - Barbaresco (Km 78)


Paesaggi da fiaba, colori indescrivibili, strade e borghi persi nel tempo, salite mozzafiato, paradisi del buon mangiare e dell'ottimo bere, suggestioni letterarie, curiosità artistiche: è la sintesi dell'ultimo atto della stagione, un giro nelle Langhe fenogliane studiato nei minimi dettagli perché nulla sfuggisse di quanto sanno offrire, in particolare nel mese di ottobre, le somme colline dove ieri si combatteva per la libertà e la mera sopravvivenza e oggi - per fortuna - semplicemente ci si svaga, sentendo com'è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana.

Il percorso, peraltro piuttosto lungo e impegnativo, prende il via dalla piazza principale di Barbaresco, e per circa 11 chilometri segue il percorso di quella che un paio d'anni fa fu la Cronometro dei Vini al Giro d'Italia. I primi sei chilometri fino a Treiso si snodano in moderata salita in un tripudio di vigneti multicolore: lo sforzo necessario è molto modesto, e anzi contribuisce a riscaldarmi, visto che la mattinata è freddina; non mi resta che procedere in piena tranquillità godendomi le incomparabili sfumature di giallo, rosso, verde e marrone in contrasto col grigio del cielo e degli ultimi residui di nebbia che ancora incombono tra i bricchi più elevati. Uno spettacolo unico, degno di uno dei settori di Langa più ricchi e turistici in assoluto, "core zone" del sito Unesco dei paesaggi vitivinicoli piemontesi.
Una volta uscito da Treiso, la strada spiana per circa quattro chilometri fino a Mompiano, dove si ricomincia a salire verso le colline più alte a ridosso della valle Belbo. Qui i noccioleti sostituiscono gradualmente le viti, e il sole sta ancora faticando ad averla vinta sulla foschia della notte, creando in compenso affascinanti giochi di luce. Dopo un paio di chilometri di salita comunque pedalabile raggiungo la rotonda in cresta, dove svolto a sinistra in direzione di Mango. Per circa quattro chilometri seguo i saliscendi della panoramica (ma fredda) provinciale che si snoda lungo il crinale delle colline, poi devio a destra verso San Donato, che raggiungo un chilometro più tardi.
A questo punto, abbandono la strada principale per Cossano e imbocco una secondaria che mi porterà a Rocchetta al termine di circa cinque chilometri in ripida discesa: è l'unico tratto di percorso completamente inedito, e valuto che potrebbe essere interessante anche in salita. Sceso a fondovalle al termine di un passaggio piuttosto tecnico nel bosco, la notizia migliore è che nel frattempo il sole l'ha parzialmente spuntata sulle nuvole, e da qui in avanti non dovrò quasi più fare i conti con le basse temperature.
Dopo un paio di chilometri a risalire il corso del Belbo, arriva poi il momento di lasciare la fondovalle per attaccare la salita di San Bovo, pomposamente intitolata a Charly Gaul, il fuoriclasse lussemburghese degli anni Cinquanta. Per non farmi mancare niente, ho infatti deciso di infarcire il giro anche di un paio di salite brevi quanto micidiali, e la prima è proprio quella che culminerà sopra la località Pavaglione, luogo fenogliano di primaria importanza. Senza scomodare inappropriati confronti con le sofferenze raccontate nella Malora, la salita richiede in più di un passagggio una certa dose di fachirismo, soprattutto nei primi tre chilometri, dove non sono infrequenti le rampe con pendenze prossime al 15%.
Si tratta di picchi di difficoltà di breve durata, ma che si ripetono in rapida successione e richiedono un'amministrazione accorta delle energie per evitare probabili fuori giri, in particolare all'altezza della fine del secondo chilometro, dove prima di un tornante si incontra un tremenda serpentina che richiede il massimo sforzo. Superato il punto di massima difficoltà, la salita prosegue su pendenze più umane ma sempre impegnative ancora per un buon chilometro, poi spiana decisamente e per tutta la seconda metà si mantiene su pendenze irrilevanti che permettono finalmente di godersi il paesaggio delle Langhe autunnali. E' in questo settore che si raggiungono le quattro case del Pavaglione, dove si trova la vecchia cascina del mezzadro Tobia Rabino, oggi convertita in Centro Studi Fenogliani, che vale una breve sosta prima di ripartire alla volta di Manera e della statale Alba - Savona.
Una manciata di chilometri di discesa filante attraverso Borgomale mi riportano al Belbo all'altezza di Campetto, dove svolto a destra per risalire nuovamente un breve tratto di valle Belbo fino a Cravanzana. Sono a circa metà giro e sto per affrontare la terza salita del giorno, poco più di quattro chilometri al 5%, niente di paragonabile a quella precedente, ma è proprio dalle parti di Bosia che sento affiorare i primi leggeri segnali di stanchezza, e sapendo cosa mi aspetta da qui a poco, decido di non forzare, buttando di tanto in tanto un'occhiata alle rocche di Arguello, dove dovrò scendere prima di affrontare la massima asperità del giro.
Nel frattempo, pedalo tranquillamente tra i noccioleti e in breve raggiungo l'ingresso in Cravanzana, dove lascio la strada principale per deviare a destra in direzione di Cerretto. Poco più di due chilometri di discesa abbastanza ripida nel tratto centrale, ed eccomi a riattraversare il Belbo e, subito dopo, a imboccare a destra la terrificante salita di Arguello. Già testata alcuni anni fa, i suoi due chilometri e 200 metri all'11% medio non rendono a sufficienza l'idea della sua durezza: i primi 350 metri fino al tornante sono qualcosa di più di un muro, sono una specie di scala a pioli incidentalmente asfaltata che risalgono senza pietà la parte più ripida del versante su pendenze che immediatamente si impennano ben sopra il 15%. L'impegno richiesto è tale da rischiare il ribaltamento, e l'agognato tornante sembra sempre più irraggiungibile via via che lo avvicino a 100, 50, 20 metri; alla fine, la curva a sinistra e la successiva rampetta all'8% concedono quel minimo di respiro che permette di proseguire, ma subito dopo si riprende a salire su pendenze ancora superiori al 10%.
Il primo chilometro di salita si chiude con una pendenza media del 13% che non necessita di alcun commento e che fa apparire il secondo (9%) poco più di una semplice formalità, almeno fino alla rampa finale nuovamente al 12%. Nel complesso, ritengo la salita di Arguello tra le più dure che si possano trovare in Langhe e dintorni, in buona compagnia di Albaretto, Bricco del Gallo o Cimaferle, per spostarsi nell'Alto Monferrato; se solo fosse un po' più lunga, credo che non temerebbe rivali, ma è assolutamente consigliabile agli amanti delle pendenze estreme.
Il motivo per cui l'ho inserita nel mio giro è tuttavia un altro, vale a dire la presenza all'ingresso del paese di una delle Panchine Giganti che da qualche anno, su iniziativa del designer statunitense Chris Bangle, punteggiano parecchi paesi langaroli e non solo: un modo curioso e divertente per tornare a sentirsi bambini davanti alla bellezza della natura, opportunità che in questo caso concedo anche alla mia fedele compagna a due ruote.
Terminata la breve sosta e lasciate alle spalle le principali difficoltà altimetriche, rimangono tuttavia una trentina di chilometri da percorrere. Il primo obiettivo è Rodello, dove ho pianificato una pausa-pranzo, e per cominciare mi aspettano circa otto chilometri in quota, su strade arcinote ma sempre altamente spettacolari. L'andamento è in leggera salita fino allo spartiacque di Tre Cunei e in altrettanto leggera discesa nella seconda metà fino al bivio per Alba, da dove si raggiunge velocemente Rodello in paio di chilometri più tardi. La pausa nella piazzetta centrale del paese non dura molto, ma permette al sole di alzare la temperatura di un grado o due, peccato che nel frattempo siano stati i miei muscoli a raffreddarsi, e così la bella discesa a Ricca diventa il momento in cui patisco maggiormente il clima autunnale. E' quindi con piacere che saluto il ritorno a fondovalle e i successivi cinque chilometri in piano che mi portano ad Alba, dove già impazza la febbre da tartufo.
Rimangono da percorrere gli ultimi dieci chilometri, ma neppure questi saranno di puro relax, seppure il contesto sia quanto di più distensivo si possa immaginare.
Per tornare a Barbaresco bisogna infatti superare un'ultima asperità, intervallata da una discreta contropendenza, che frutterà altri 200 metri circa di dislivello. Per quanto agevole sia quest'ultima salitella, di forze a questo punto ne restano davvero poche: le tremende percentuali delle salite precedenti hanno lasciato il segno e adesso bastano le modeste rampette che risalgono a Tre Stelle per infarcire le gambe di acido lattico. Stavolta sono però gli ultimi minuti di fatica dell'anno, e questo pensiero mi aiuta a superarli con leggerezza e una punta di malinconia, perché il giorno dopo già ne sentirò la mancanza. L'ingresso finale in una Barbaresco piena di turisti enogastronomici è poi in perfetto clima da rompete le righe di una stagione che tra uscite non sempre all'altezza delle aspettative mi ha comunque riservato alcuni picchi elevatissimi (Sarenne, Gorges du Cians, Gavia) in mezzo ai quali non sfigurano tuttavia i più classici e accessibili giri nelle Langhe.

il meglio del giro

Percorso intenso e completo con tantissimi spunti e tante sensazioni da portare a casa. Forse non il migliore dell'anno, sicuramente quello che meglio riassume il senso del mio andare in bici da oltre un quarto di secolo.

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