venerdì 29 settembre 2017

Il passo dello Spluga


Gallivaggio - Campodolcino - Pianazzo - Montespluga - Passo dello Spluga - Montespluga - Isola - Campodolcino - Gallivaggio (Km 53)


Una strada mi può affascinare per la bellezza del territorio che attraversa, per i suoi connotati storici e geografici, per la sua epica ciclistica, per l'audacia e l'ingegnosità del suo tracciato, per la sua difficoltà tecnica, per la varietà dei panorami che offre; il passo dello Spluga, ultima grande impresa montana dell'anno, racchiude in sé buona parte di questi aspetti, e dunque vale la pena dedicargli una giornata di ferie. Storica via di comunicazione tra l'Italia e l'Europa centrale, col tempo lo Spluga ha seguito la sorte della maggior parte dei passi alpini, trasformandosi in attrazione turistica; geograficamente, il valico divide le Alpi Occidentali da quelle Orientali e si trova nel territorio di Madesimo, il comune italiano più distante dal mare; dal punto di vista tecnico, lo Spluga non è una salita difficilissima, ma è lunga e nella parte centrale piuttosto impegnativa, soprattutto nei 5/6 chilometri che scalano la parete rocciosa tra Campodolcino e Pianazzo in uno spettacolare susseguirsi di tornanti e brevi gallerie.

Il lunghissimo trasferimento in auto mi spinge comunque a non strafare e, come già accaduto un paio di mesi sul Rombo, decido prudentemente di tagliare i primi sette chilometri di salita dopo Chiavenna, in ogni caso i meno significativi, spostando la linea di partenza agli 800 metri del santuario di Gallaveggio, a 23 chilometri dal colle. Quando comincio a pedalare fa ancora abbastanza freddino, ma la salita inizia subito vivace con una prima serie di otto tornartini nei primi due chilometri e alcuni passaggi vicini al 10% dalle parti di Cimaganda e prima di raggiungere il livello del laghetto di Prestone, poi per un paio di chilometri la strada spiana fino a Campodolcino, dove una rampa impegnativa è seguita da un breve ma sensibile tratto in discesa, per poi incrociare la deviazione per Isola che segue il fondovalle del torrente fino al lago omonimo e che percorrerò al ritorno.
Per ora, proseguo lungo la statale dello Spluga che da qui in avanti si restringe e propone il suo settore più interessante, caratteristico e insieme difficoltoso. Subito dopo l'uscita dal paese, la strada si inserisce nella stretta gola scavata dal torrente Liro: la pendenza si attesta immediatamente intorno all'8-9% e tale resterà per una decina di chilometri, e dopo un buon chilometro dall'andamento ancora rettilineo, si incontra una bella serie di dieci tornanti che scalano arditamente la parete in un'alternanza con una successione di gallerie brevi ma molto strette che se da un lato rendono questo tratto di salita ancora più avventuroso, dall'altro non sono il massimo per la sicurezza del ciclista, immagino soprattutto nei weekend estivi. Faticando non poco, supero comunque un ostacolo dopo l'altro fino a raggiungere Pianazzo, da cui si apre il settore dell'alta valle con splendide viste sulle vette di confine già parzialmente innevate, uno scenario aperto e molto panoramico, all'opposto di quello vagamente claustrofobico appena lasciato alle spalle.
Quella che invece non cambia affatto è la durezza della salita, che ancora per sei chilometri buoni fino all'abitato di Boffalora prosegue su pendenze di tutto rispetto. La regolarità dell'ascesa mi aiuta a procedere con pazienza senza strappi, ma qualche segnale di fatica nell'ultima parte di questo settore è la conferma che il picco di forma di cui ho goduto nel mese di agosto è ormai alle spalle, e da qui in avanti mi toccherà soffrire per portare a termine giri di elevato grado di difficoltà, ma almeno in quest'occasione è la natura incostante della salita a venirmi incontro: superata un'ennesima coppia di tornantini all'altezza del rifugio Stuetta, arrivo infatti alla diga del lago di Montespluga, e per i successivi tre chilometri si procede dunque in piano per aggirare il lago e raggiungere all'altro capo l'ultimo centro abitato italiano, ormai a quota 1900.
Mancano tre chilometri e poco più di 200 metri di dislivello all'ultima grande impresa dell'anno, la giornata tra sveglia, trasferimento in macchina e 20 chilometri di salita già sulle gambe è stata faticosa, ma sono consapevole che ormai è fatta e mi basta pedalare a ritmo costante, adesso sospinto anche da un forte vento alle spalle, per guadagnare quota e arrivare infine ai 2118 metri del passo, dove un bel sole non riesce tuttavia a riscaldare più di tanto.
La missione è dunque compiuta con piena soddisfazione anche stavolta e ce ne sarebbe più che abbastanza per tornare indietro, ma ho fatto molta attenzione a tenere qualche scorta di energia, perché una delle ragioni che mi ha spinto fin quassù è che un paio di chilometri più in basso, nel versante svizzero, si trova una serie di dieci tornanti tra i più scenografici di tutto l'arco alpino e l'idea era, qualora mi fossi sentito ancora sufficientemente in forze, di scendere fin là a vederli dal vivo. So che anche quest'ultimo paio di chilometri presenta una pendenza media vicina al 9% e che col vento che spirerà in senso inverso i rettilinei finali saranno molto faticosi, ma sono qui e dubito che mi ricapiterà un'occasione del genere, quindi gambe in spalle e giù per il pendio prativo che caratterizza la discesa verso Spluegen. Una prima serie di ampi tornanti a cavallo del primo chilometro e poi, dopo una veloce serpentina, eccomi a contemplare dall'alto questo celebre tratto di strada che pare la stilizzazione di un intestino nell'etichetta di certi medicinali, un effetto magnetico che mi tiene incollato a bordo strada per alcuni minuti.
Quando riparto, la risalita al passo richiede come previsto un notevole sforzo, ma è forse l'ultima grande fatica dell'anno e in ogni caso non avrei modo di evitarla. Tornato infine al colle, ho il tempo per due chiacchiere con un paio di ciclisti tedeschi prima di gettarmi in una discesa lunga e scorrevole, nella quale l'unico accorgimento è quello di optare per la variante di Isola, che evita il tratto più tecnico e mi riporta a Campodolcino in tutta tranquillità. Un buon pasto in quel di Chiavenna è poi il congedo definitivo con i 2000 metri per la stagione in corso.

il meglio del giro

Da cultore delle strade a tornanti, non mi era mai capitato di fermarmi ad ammirare un pezzo di strada per un tempo così prolungato: per chi ama il genere, da non perdere.

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