giovedì 27 agosto 2015

La colla d'Oggia e il passo di Teglia


Cesio - Colle San Bartolomeo - San Bernardo di Conio - Colla d'Oggia - Carpasio - Montalto L.re - Molini di Triora - Andagna - Passo di Teglia - San Bernardo di Conio - Colle San Bartolomeo - Cesio(Km 71)


Ritorno in bici dopo tre settimane di sosta con un bel giro nell'alto entroterra imperiese a cavallo della colla d'Oggia e del passo di Teglia, guastato purtroppo in parte da una giornata nebbiosa che ha molto limitato l'ampiezza delle visuali soprattutto nella parte finale del Teglia, in teoria la più spettacolare in assoluto; resta comunque un ottimo e probante allenamento su strade tranquille, immerse in un ambiente naturale praticamente intatto. Il percorso più logico quando si affrontano i due valichi in questione prevederebbe la partenza da Pieve di Teco con rientro da Rezzo, ma visto il lungo periodo di inattività la prudenza mi consiglia di tagliare qualche chilometro e qualche centinaio di metri di dislivello, e così decido di partire da Cesio, a metà strada tra Chiusavecchia e il colle San Bartolomeo, con l'intento di non guastare la gamba prima del tempo, dal momento che i problemi veri arriveranno dopo il quarantesimo chilometro.

Il versante del San Bartolomeo è in effetti di gran lunga il più agevole dei tanti che conducono all'Oggia, una sorta di lunghissimo falsopiano al 3-4% con rare punte al 5 fino alla frazioncina di S. Bernardo di Conio, seguito da due chilometri di salita vera, comunque troppo poco per rappresentare un'autentica difficoltà. Anche dal punto di vista turistico, questo versante non dice molto: avevo scalato l'Oggia anni fa da Imperia via Pantasina e ne ero rimasto colpito per la grande varietà dei paesaggi attraversati nel percorso dal mare alla montagna, mentre la lunga traversa che porta dal San Bartolomeo a San Bernardo è alquanto monocorde; discorso diverso per i due chilometri finali, dove oltre a incontrare pendenze di tutto rispetto dall'8 al 10%, la visuale si apre su ampi panorami montani fino a raggiungere il valico inciso nella roccia, da cui la vista si estende verso la valle Argentina e le Alpi marittime. Il cielo è coperto, ma le nuvole non ancora abbastanza basse da offuscare il panorama, come purtroppo capiterà sul Teglia.
Dopo una brevissima sosta in vetta, indosso la giacca a vento e comincio la discesa di tredici chilometri che attraverso Carpasio e Montalto Ligure mi porterà fino ai 240 metri della fondovalle Argentina, punto più basso del giro, da cui di fatto si ricomincia a salire verso la Cima Coppi di giornata. La decina di chilometri che mi separano dai Molini di Triora, in leggera e costante salita, potrebbero nascondere qualche insidia se percorsi a un ritmo troppo elevato, ma non ho nessuna intenzione di disperdere energie inutilmente e pertanto rinuncio ad accodarmi a un paio di ciclisti che precedono a un'andatura un po' più spedita di quella che ho in mente. Questo settore del percorso è abbastanza anonimo come tutti i fondovalle, ma per fortuna è meno trafficata di quanto mi aspettassi.
Arrivato senza problemi a Molini di Triora, mi addentro nel centro alla ricerca di un locale dove fermarmi per mangiare un panino e prepararmi ad affrontare il temuto passo di Teglia, vero obiettivo del giorno. I chilometri sulle gambe sono già una quarantina e i metri di dislivello circa 800, ma mi sento ancora abbastanza bene e raggiungo il bivio per il colle con un certo ottimismo. Con i suoi dodici chilometri al 7,5% di pendenza media e punte oltre il 10, il Teglia è una salita vera, con pochissimi punti per recuperare e in più la scalerò dal versante ovest col sole a picco. I primi tre chilometri che portano ad Andagna attraverso sei tornanti sono subito belli tosti, con pendenza costante tra l'8 e il 9%, ma li supero con calma ben sapendo che il peggio arriverà in seguito. Uscito dall'abitato lungo una ripida rampa rettilinea, raggiungo uno slargo con una chiesetta a destra e un piccolo campo giochi a sinistra, superato il quale cominciano i tre chilometri più duri del giro: la strada si addentra nel bosco puntando a nord senza più concedere un metro di respiro per due chilometri abbondanti. Alla pendenza che non si schioda mai dal 10% e al sole che ora picchia forte sulla schiena, si aggiunge un fondo stradale in condizioni più che precarie nel quale si aprono profonde buche che talvolta coprono tutta la sede stradale: è il momento di massimo sforzo, mi concentro sulla pedalata cercando i rari punti d'ombra offerti dalla pur folta vegetazione e diminuendo via via l'andatura raggiungo un paio di tornanti in cui la strada spiana decisamente consentendomi di rifiatare. Sono più o meno a metà salita e ho raggiunto i 1000 metri di quota; la seconda metà, con soli 400 metri ancora da superare, rappresenta un ostacolo meno duro, ma a questo punto non si può non tener conto della fatica già accumulata.
Dopo il momento di tregua, la strada riprende a salire per circa mezzo chilometro con durezza, fino a uscire dal bosco entrando nella parte aperta della salita. È il momento più temuto (per il caldo) e insieme più atteso (per la panoramicità) del giro, ma sia il timore che l'attesa si riveleranno vane, perché nel volgere di pochi minuti le nuvole che finora incombevano sul versante opposto raggiungono e inglobano anche quello che sto percorrendo. Ho appena il tempo di raggiungere e immortalare il passaggio accanto alla monumentale Rocca di Drego, poi in pochi istanti la visibilità si riduce a poche decine di metri e la temperatura precipita di una buona decina di gradi. Mancano ancora quattro chilometri di salita impegnativa all'8% e non mi resta che concentrarmi sulla strada: non ci sono più le pendenze a doppia cifra incontrate in precedenza, ma le forze comnciano a scarseggiare e devo dosarle con grande prudenza, perché al termine di ogni rampa se ne presenta sempre un'altra uguale e non avere una visione d'insieme è piuttosto sconfortante. Tengo d'occhio il contachilometri, ma non ho una percezione chiara di quanto mi resti da percorrere e sudare, e così, superato un ultimo tornante a sinistra, l'arrivo al colle è tanto inaspettato quanto gradito, perché significa la fine delle fatiche del giorno, anche se le nuvole mi negano una vista che dovrebbe essere magnifica.
Non mi resta che coprirmi un'altra volta e affrontare con cautela i primi ripidi chilometri di discesa. Il versante orientale del Teglia è completamente diverso da quello occidentale, immerso com'è in una fitta faggeta. La strada è stretta e umida per qualche scroscio di pioggia che deve essere caduto da non molto, ma scendendo con cautela arrivo in fretta al bivio per San Bernardo, che raggiungo dopo quattro chilometri semipianeggianti. da qui, non mi resta che percorrere a ritroso i tredici chilometri iniziali, con la sorpresa di qualche innocua goccia di pioggia negli ultimi due chilometri prima di tornare alla macchina e chiudere un giro interessante ma un po' sotto le aspettative a causa di un meteo poco fortunato.

il meglio del giro

Il passo di Teglia, tra i più alti della Liguria, è duro e potenzialmente molto spettacolare, ma andrebbe affrontato tra settembre e metà ottobre per evitare nebbia e temporali; rimane in ogni caso un ottimo traguardo da raggiungere per chi si avventura nel cuore del Ponente ligure.

1 commento:

  1. E' la prima volta che scrivo su questo blog che trovo molto bello. Anch'io sono appassionato di bici e mi diverto a trovare giri in cui il traffico ed il frastuono neanche si sentono. Nell'entroterra ligure, che ormai frequento da qualche anno trovo il paesaggio stupendo, l'assenza di traffico e lascio al mare i turisti mentre io mi godo la montagna con la mia due ruote. Tra gli altri ho fatto anche il Teglia molto bello ma sono salito da Pieve di Teco via Rezzo: bella salita mai pentente nel bosco fino a 2 km da S. Bernardo di Conio poi 5 km di salita vera fino al colle. Lo salirò anche da Molini, questione di tempo, la Liguria, nell'entroterra, dovrebbe diventare patrimonio UNESCO.
    Marcello

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