martedì 15 luglio 2014

I tornanti del monte Avic


Donnas - Bard - Hône - Echallod - Issogne - Champdepraz - Monte Avic (La Veulla) - Champdepraz - Verrès - Arnad - Hône - Bard - Donnas (Km 48)


Chi va in salita in bicicletta non può fare a meno di amare le serie di tornanti. Perché i tornanti sono sinuosi e belli da vedere, perché danno precisi punti di riferimento visivi che aiutano a scandire i tempi della salita e perché anche i più duri, se presi larghi, regalano almeno qualche metro per respirare. Una salita priva di tornanti difficilmente gode di buona fama: le serie di semicurve sono monotone e i rettilinei sono in genere il peggior nemico dello scalatore (uno per tutti, il terribile 'drittone' del Fedaia); per contro, esiste un'ampio ventaglio di tornanti: ce ne sono di mitici (Stelvio, Alpe d'Huez), di sublimi (Nivolet, Gottardo), di imponenti (Scale del Moncenisio, Grimsel-Furka), di sorprendenti (Chaussy, Tenda), e ce ne sono di nascosti, sconosciuti anche alla maggior parte dei cicloturisti. Da ieri, in questa ristretta categoria, mi sento di inserire i 31 tornanti valdostani che da Champdepraz portano nel giro di una decina di chilometri alla frazione La Veulla, ai margini del parco del Monte Avic, un aguzzo sperone di 3000 metri che spicca tra le vette vicine e fa da sfondo a tutta la seconda metà della salita.
Scovata abbastanza casualmente pochi mesi fa, questa strada è subito balzata nella main-list dei miei obiettivi stagionali, e la relativa vicinanza l'ha resa collocabile anche in un tardo pomeriggio post-lavorativo. Partenza dunque da Donnas, secondo paese della Vallée dopo Pont-St.-Martin, e subito 13 chilometri pianeggianti lungo la Dora, i primi quattro su statale fino a Hône, poi su bella e tranquilla strada secondaria attraversando Echallod e Issogne. In questo tratto di riscaldamento godo di un forte vento a favore e filo che è un piacere sebbene l'andamento sia in leggerisismo falsopiano, e per una volta mi diverto a spingere un rapportone per me piuttosto inusuale; il problema è che una volta imboccata la valletta laterale del torrente Chalamy che in un paio di chilometri mi porta sotto Champdepraz, basta che la strada cominci a salire al 5-6% per farmi ritrovare improvvisamente imballato e costretto a scalare un rapporto molto leggero per spezzare il fiato e rimodulare la pedalata su una cadenza del tutto diversa. Nel giro di poche centinaia metri, mi riassetto comunque su di un ritmo tranquillo e raggiungo il bivio per Champdepraz da cui inizia la salita pronto per affrontare al meglio (relativamente, un giovedì pomeriggio non è certo il momento migliore per pianificare un'uscita) l'impegnativa scalata alle pendici dell'Avic.
La salita si presenta subito con una bella rampa impegnativa, poi inizia la lunga serie dei tornanti coi primi due, abbastanza leggeri, che portano al capoluogo di Champdepraz che si attraversa nel giro di poche centinaia di metri.
Il chilometro che segue vede una successione di sette tornanti consecutivi piuttosto agevoli, con bella vista sul fondovalle, un momento di relativo relax presto interrotto dall'inizio di una seconda serie di sedici tornanti tanto spettacolari quanto ripidi. Le rampe adesso sono molto dure, si sale su pendenza media del 10% e frequenti passaggi all'11-12%, con gli unici brevissimi tratti in cui prender fiato concentrati nelle curve che prendo il più largo possibile per diminuire lo sforzo e rilanciare - si fa dire - l'andatura in vista della rampa seguente; quello che aiuta a procedere per una volta non è tanto il panorama circostante, abbastanza ordinario, quanto la conformazione della strada, una serpentina che si avvita continuamente su sé stessa, davvero memorabile; e infatti, non appena la serie di tornanti si interrompe, la fatica sembra aumentare nonostante nel frattempo sia comparsa sullo sfondo l'inconfondibile sagoma appuntita del monte Avic.
Un ulteriore inasprimento della salita all'11% conduce poi a una zona calanchiva attraversata in parte da una galleria lunga poco più di 300 metri all'interno della quale la strada spiana sensibilmente: peccato che i 100 metri centrali siano privi di illuminazione e tocchi percorrerli nel buio pesto, affidandosi più all'istinto che agli occhi.
In uscita dal tunnel, altri due tornanti molto duri introducono alla parte finale della salita, dove le pendenze diminuiscono al 7-8% e la vallata si apre su verdissimi prati. Gli ultimi quattro tornanti che portano alla borgata di Barbustel richiedono l'ultimo vero sforzo del giorno, seguito da un settore pedalabile di quasi un chilometro fino a Covarey, un'altra minuscola frazioncina perfettamente recuperata e dominata in alto dall'Avic. Per raggiungere la fine dell'asfalto ai piedi della frazione di La Veulla manca però un'ultimissima e velenosa rampetta al 10%, poi è davvero finita e non resta che rivestirsi e godersi per qualche momento l'impresa.
La discesa, grazie a un manto stradale in perfetto standard valdostano, è molto divertente e decisamente sicura malgrado le forti pendenze, e i tornanti scorrono via veloci uno dopo l'altro regalando scorci che in salita ero riuscito ad apprezzare solo in parte. Sceso in fretta a Champdepraz, per il ritorno scelgo di passare per Verrès lungo la più scorrevole strada statale che all'altezza di Bard offre comunque un'ultima suggestiva cartolina sul forte, illuminato dal sole del tramonto in arrivo.

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