venerdì 14 giugno 2013

Tra rocche e castelli


Arquata Scrivia - Isola del Cantone - Ronco Scrivia - Santuario di Bastia - Camarza - Crocefieschi - Vobbia - Isola del Cantone - Colle della Serra - Montessoro - Roccaforte Ligure - Grondona - Arquata Scrivia (Km 73,3)


Giro interessante e impegnativo sulle alture a cavallo di Piemonte e Liguria, tra le valli Scrivia, Vobbia e Spinti. Più che la bellezza complessiva del territorio attraversato, caratterizzato in larga parte da basse montagne argillose ricoperte da una fitta boscaglia, quello che mi resterà di questa giornata è lo spuntare di tanto in tanto dal nulla di scorci sorprendenti, naturalistici o architettonici, e talvolta le due cose insieme, come nel caso dei castelli di Vobbia e di Roccaforte.
Parto di mattina abbastanza presto per evitare la pioggia prevista dal primo pomeriggio, e da questo punto di vista le cose andranno più che bene, dato che godrò di un po' di sole fino a metà giro, mentre le nuvole renderanno più fresca l'ultima parte, nella quale per lo meno non dovrò patire il caldo.
I primi sedici chilometri risalgono blandamente la valle Scrivia lungo una statale dei Giovi insolitamente deserta da Arquata a Ronco passando Isola del Cantone, il comune più settentrionale della Liguria. Il disivello guadagnato in questo tratto è di soli 100 metri, ma sebbene non ci siano mai passaggi impegnativi, di vera pianura ce n'è ben poca nell'alternarsi di brevi salitelle, lunghi rettilinei in falsopiano e qualche sporadica contropendenza: tutto sommato, quel che ci vuole per rodare la gamba in vista delle difficoltà che non tarderanno ad arrivare. Giunto a Ronco, infatti, è il momento di abbandonare la statale per svoltare a sinistra in direzione di Pietrafraccia e Bastia. Supero il fiume e l'autostrada che fino a quel momento mi han tenuto compagnia sulla mia sinistra, e imbocco una valletta laterale attraverso una stradina che per un chilometro abbondante continua a salire su pendenze modeste tra il 3 e il 4%, per poi incattivirsi quando manca circa un chilometro e mezzo alla frazioncina: adesso si sale al 7-8% con qualche breve rampetta intorno al 10%.
Procedo con cadenza regolare fino a lasciarmi alle spalle l'abitato e proseguire nella seconda e più difficile parte dell'ascesa verso il santuario: la pendenza si attesta tra l'8 e il 10% e a rendere più complicato l'incedere ci sono alcuni brevi tratti sterrati, eredità di qualche frana mai del tutto risistemata: anche in questi passaggi, non corro comunque mai il rischio di dovermi fermare per proseguire a piedi. È solo la prima e più breve salita del giorno, ma in alcuni tratti, complici la strada strettissima e il contesto boscoso, si respira davvero aria di montagna ed è con una certa sorpresa che, in uscita dall'ennesimo ripido tornantino, esco improvvisamente dal bosco per affrontare l'ultima rampa prima dello scollinamento, con alla mia destra il santuario di Bastia e alla mia sinistra un enorme sperone di roccia che incombe proprio al margine della strada.
Raggiunta la vetta, segue un paio di chilometri di discesa ripida e tecnica verso Camarza e la valletta del Seminella. Il panorama ora è molto aperto su tutta la fascia appenninica che separa l'alto entroterra genovese dal mare, uno scenario molto bello che prosegue anche quando la strada ricomincia a salire in direzione di Crocefieschi, secondo GPM della giornata. La scalata misura circa sei chilometri e, sebbene non presenti mai pendenze troppo accentuate, è resa ingannevole dall'ampiezza della sede stradale che maschera alcuni passaggi all'8-9%. Nel complesso, si tratta comunque di una salita abbastanza pedalabile che supero senza particolari difficoltà. A Crocefieschi, strategico crocevia tra la costa ligure e la pianura piemontese, abbandono per un momento la strada principale per addentrarmi nei suggestivi carrugi del paese, poi è il momento di lanciarsi nella veloce discesa verso Vobbia, centro di fondovalle che raggiungo cinque chilometri più in giù. Alla mia destra intravedo l'Alpe di Vobbia e l'alta zona di Appennino che spero di attraversare in una delle prossime uscite, ma per questa volta svolto a sinistra in direzione di Isola del Cantone, distante una decina di chilometri, seguendo il corso del torrente Vobbia lungo una stretta gola dominata, a circa metà strada, dalla spettacolare mole del Castello della Pietra, monumentale fortificazione incastonata tra due imponenti torrioni di roccia, vero capolavoro di architettura militare.
Tornato a Isola del Cantone, con ormai 40 chilometri abbandanti alle spalle, inverto la rotta per dirigermi verso Montessoro e Roccaforte attraverso il breve ma duro colle della Serra. Dopo un breve tratto piuttosto agevole, iniziano infatti i tre chilometri più difficili del giro, con pendenza media prossima al 10% e punte al 12-13%. Le tossine delle salite precedenti cominciano a farsi sentire ma per fortuna l'ascesa è abbastanza continua e una volta impostato il ritmo giusto riesco infine a uscire dalla boscaglia e guadagnare il quadrivio posto proprio all'altezza dello scollinamento. Il successivo chilometro in discesa non significa tuttavia che le fatiche sono finite: al contrario, la strada ricomincia presto a salire, seppure su pendenze modeste, verso Montessoro e il confine col Piemonte, quattro chilometri più in là. Il paesaggio è ora caratterizzato da ampi e rilassanti pascoli che permettono di localizzare con largo anticipo i ruderi del castello di Montessoro.
Oltrepassato l'abitato, la strada prosegue per qualche chilometro in falsopiano, percorrendo il quale mi rendo improvvisamente conto di essere entrato in riserva, e a poco vale per risollevarmi il morale l'incontro ravvicinatissimo con un bellissima famiglia di cervi, a quanto pare perfettamente a loro agio alla vista di un solitario ciclista sbuffante. Quando infine rientro in Piemonte, mancano una ventina di chilometri alla chiusura del giro, che per quanto in prevalente discesa non mancheranno di presentare qualche insidiosa contropendenza prima e dopo Roccaforte, altro paese dominato da un'ardita fortificazione ben mimetizzata nella roccia sulla cui sommità è edificata.
Prima della discesa vera e propria su Grondona lungo la verdissima valle Spinti, un ultimo paio di dossi prosciugano le residue energie a mia disposizione, tanto da rendere gli ultimi sette chilometri pianeggianti i più faticosi del giorno, pesante scotto da pagare a una condizione mal supportata da un allenamento discontinuo, ma necessario presupposto per affrontare fin dalla prossima settimana percorsi più impegnativi e - si spera - ancora più appaganti di questo.

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